È L’EVENTö spazioNtotempora “È l’EVENTö”nell'ontostoria senzaPerché la radura””»nulla si fonda Raduranziché:rapsodikx anziché Già“È’Evento Già Là”L’ è senzaperché nell’’essereventux”paradox’EVENTö” fenoumenL’EVENTö senzaPerché KataL’EVENTöNtopologic’’EVENTöntostoria. MetaL’EVENTöntostoria eventuxremotontostoria in sé crea là senzaPerché là oltre La mEtafisicabixalex. L’EVENTö d’essere nella ontostoria del mondO interL’EVENTö seNzaperché’ultimo già ontostoria dell’«’L’EVENTö». Inter’evento d’Essersi già «’L’EVENTö» di esserci»Kat’«’EVENTö» Kata«’EVENTö»»c’è là Kata’EVENTö È Kata’EVENTöntoStorico di essern’EVENTö al di là dellla metafisicAbixalex paradigm’EVENTö”rapsody. Katarapsodyx giacché già essere rapsodyx ontotemporapsodyx Metarapsody ontostoria Katarapsody oltre la metafisica è «ontotempoRaPSodyx Katarapsodyx senzaperché«Meta’EVENTö»«L’ EVENTö è c’è senzaperché c’è Kata’EVENTö»’ultimo«’EVENTö». Al di Là «Crea»C’è ontopologiabixalex già per nullabixalex senzaperché l’esser’EVENTö«rapsodiabixalex risonanzabixalex»oltre la metafisicabixalex o della metafisicabixalex della ragione pura ontoteologiabixalex’Aldilà della metafisicabixalex della Ragione della storia Fenoumenologicabixalex. D’’EVENTö la Fenoumenologia è ontostoria dello Spaziontotempora esser’EVENTö in sé per sé da sé al di là di sé in sé dell’essere Al di Là nell’’EVENTö senzaperché ontotempora sublim’EVENTö della ontostoria dell’esser’EVENTö«senzaPercHé». Perché d’essere ontotempora Già’ “EVENTö” in sé vi è da sé già “EVENTö”«senzaperché» In sé È fenoumenontostorica dell’essere da sé Dà “EVENTöntostoria». È in Sé esserci d’“EVENTö”FenoumenaKata“EVENTö” nullità è già È dà ontopologicità nulla È in sé”essere-in-sé-“EVENTö”essere-nulla»Kata“EVENTö”»«spaziontotempora vuoto». Vuoto“EVENTö”È esserci-vuoto spaziontotempora vuotonulla nulla in sé dà spaziontotempora poiesix sublim“EVENTöntostoria«È in sé»dà da sé«sublim“EVENTö”»oltre la«metafisica»«senzapercHé»Dà essercì “EVENTöntopologia della ontostoria dell’essere. Perché l’essere’è “EVENTöntologia l’esserne è sublim“EVENTö” ontoevento dell’Essere Già esserne in sé spaziontotempora distruzione della ragione metafisicA Kata“EVENTö” Meta“EVENTö”’inter“EVENTö”al di là della “Metafisica” Al di là è l'“EVENTö”che dà spazioNtotemporA Nulla“Nulla senzaperché già ontostoria oLtre la metafisica nihil“EVENTö” dopo la morte di Dio– «Dio è morto…o ucciso» –ucciso o creato. È ontoStoria sublime dell’«“EVENTö”» È Meta“EVENTö”creator“EVENTö” “““è creatric“EVENTö”anziché NullA”NiHil“EVENTö”senzaperché ontostoria. Crea NIhil’“EVENTö”Al di là della ragione “EVENTö”d’essere In sé già pensant«“EVENTö”» d’“EVENTö”è già in sé’eccedenza esser“EVENTö””che dà“ontostoria”seNzaPerché è in sé««eventità»»: –c’è eventoRadurapsody«“EVENTö”»»»»nella ontostoria senzaPerché ontotempoRaduRa È senzaPerChé è fenoumenà«“EVENTö”»»»oltre«la»fenoumETafisica». L’“EVENTö”gettanza»»Meta“EVENTö” Là nella ontostoria dell’“EVENTö”spaziontoteMpora già Radurapsodyx già in sé È già“EVENTö”Creativontotempora Kata“EVENTö”esservi d’“EVENTö”della ontostoria dell’“EVENTö”tranxsonanza della ontostoria dell’essere l’esser“EVENTö” dell’essere Già di per sé nella ontostoria dell’“EVENTöntotempora ontopologicontotempora-essere dell’“EVENTöntostorico Meta“EVENTö” senzaperCHé’ultim“EVENTö”Perché L’’essere è“EVENTö”Dea senza«Perché della creatività In sé È là–«in sé». Là creatività È “EVENTö”–crear“EVENTö”è perché senzaperché’al di là Nulla Radura nella ontostoria È Da ultim“EVENTö”essere L’“EVENTö”meta“EVENTö”Già«Dà crea»spazial“EVENTö”spaziontotempora RaduRa oltre la metafisica È già “EVENTö”dell’Essere dell’Esserne è ontostoria dell’EssereDall’eventontotempora è’“EVENTöntologia Essereontotempora’esserci pensiero dell’esserevento«si dà». L’Essere è Kata“EVENTö” È Dasein l’esserci EssereontoTempora l’esserci è l’“EVENTö”dell’esserci “EVENTö” dell’esserci essere dell’essere-per-la-fine? Dell’esserci? Dell’esserci gettanza? È’esserci ontostoricità ontostoria dell’Essere ontostoria dell’Essernè La storia dell’Essere è l’evento dell’Essere che si dà ontostoria dell’esser“EVENTöntologia è la fondazione’ontologica è la distruzione della metafisica. L’“EVENTö” dell’Essere dell’Esserne la catastrofe della metafisica’oblio dell’Essere lì l’Essere si ritrae è nihilx della fine ultima della metafisica. È “EVENTö”dell’Essere è «nulla–dell’Essere»lì inter“EVENTö”Dall’evento Crea Lì aleggia Lì oltre la metafisicaonteologica. Già “EVENTöntotemporapSodyx C’è è C’è senzaperché al di là è “EVENTö”dell’essereLì al di là Lì In Sé Radurapsodìx Là è “EVENTöntopologico dell’essere là oltre la metafisicà è già C’è Rapsodyx È già“là” creatric“EVENTö”Lì della radurità senza–perché In sé “EVENTö”dell’essere dall’esserne è destinaza“Rapsodyx”«là» È nel vuoto lì Al di là della metafisica mondana. ONtoSToRiA là dell’Essere già in “EVENTöntotEmpora Crea l’esser“EVENTö” è oltre la metafisica ’essercilà oltre l’ente l’esserci è senzaperché “EVENTö”dell’essere oltre la metafisica filosofica da Platone a Nietzsche è metafisica“oltre”è l’esser“EVENTöntologicontostoria dell’Essere è oltre la storia della metafisica. Nell’esserne “EVENTöntologico dell’Essere’abissal“EVENTöntotempora ontopologicontostoria dell’Essere è già’Essere dal nulla già in sé. La metafisica è la razionalità vuotabixalex del pensiero calcolante è la metafisica quel pensiero calcolante lì vi si è insediata metafisica ultimità dell’ente. L’abissal“EVENTö”dell’’Essere È ontostoria dell’Essere Rapsodyx senzaperché dal nulla l’Esser“EVENTö”»dell’Essere radurabissal“EVENTö”dall’Esser“EVENTö”della physix dall’Essere ontostoria che mondeggia ontostoria dell’Esser“EVENTö” della ontostoria dell’Essere Già la fine della metafisica. L’“EVENTö”ontostoria mondeggia abissal“EVENTö” nel nulla del nihilx dell’Essere là’esserci È iN sé ontostoria dell’esser“EVENTö” l’oltremetafisica Senzaperché della ontostoria che mondeggia ontotempora–metastabilità dell’Essere lì c’è spaziontopolOgia ontostoricità dell’esser“EVENTö”dell’essere Katà“EVENTö”Già esserci ontostoria dell’essere già “EVENTö”dall’Essere ontostoricità è l’Esserne della ontostoria dell’Essere Là ontologica è l’Esserci dello spaziontotempora dell’Essere In sé è l’EssernE paradigma dell’esser“EVENTö””c’è nulla senzaPerché ««Già dell’Essere già“EVENTö”». Già ontostoria-ontologica della RadurApsody––è esserci L’ontostoricoNtOtempora pensa l’Essere al di là quale ontostorico “EVENTö” senzaPErCHé già ontomodern-dell’essere già L’“EVENTö”della creatività In“Sé»»eventontosofiax senzaperché”Nullaratiousiax già dall’“EVENTö”»là ontotempora dell’essere––là pensant“EVENTö” dall’esserne»abissal“EVENTö”dell’esserci’“EVENTö”dell’essere–«vuoto in Sé»tramonto della metafisica. Meta“EVENTö”Perché«pensiero»tramonto dalla metafisica È pensiero dall’esser“EVENTö”«pensierontotempora» Senzaperché è l’’«essereontostorico»là: è là RadurApsodyx spaziontoteporadell’essere––– «ontostorico»già“Essere”nihilx Radurapsodyx dell’essere già«là»l’evento d’exstasyx Al di là L’“È”–EreigniStory tramontanza-della-metafisica È eventramontanza della metafisica’ultima. Già Esserontotempora del tramonto metafisico È’esserci già “EVENTö”dell’essereventramontanza della metafisica-ontoteologiCa–già«al di là»della«metafisica» crea dal nulla«rapsodyx» È senzaperché là già aleggia radura dell’essere dal nulla dell’esser“EVENTöntoTempora “EVENTraMontanza della metafisica vi è sènzaperché dal nulla TraMontanza dellla metafisica è phýsix“EVENTraMontanza poíesix“EVENTraMontanza nel «pensiero della creazione». L’“EVENTraMontanza crea crea-“EVENTraMontanza della metafisica crea il crear’Esser“EVENTraMontanza della Metafisica ontophýsix è “EVENTraMontanza della metafisica Esser“EVENTraMontanza Della metafisica si dà dal nulla è senzaperché là è senza fondamento senzaperché l’Esser“EVENTraMontanza della Metafisica è “EVENTraMontanza della metafisica della makinaouxiax è ontostoria ““EVENTO”dell’Essere–– è L’““EVENTO”dell’Essere È là vuoto senzaperché ““EVENTOntologicontostoria dell’Essere già è «già abissaL““EVENTO”creativo dell’Essere senzaPerché “EVENTO”dell’Essere«là»ontostorico l’evento dell’al di là«è in sé»là è abissal“EVENTO”vuotonullo spaziontotempora dell’essere là già È si dà senzaPerché dall’evento dell’Essere RadUrapsoDyx È Radura già Là Radurapsodia dell’essere’ontoStoria“Senzaperché tramontanza della metafisica del nulla. Là è nulla«Dall’“EVENTO”Là dall’’esser“EVENTO”della ontostoria al di là della Metafisica” già Là’Essere Oltresser“EVENTO”–senzaperché già Senza la verità–MeTafiSica crea«ontostoria–dal nulla senzaPerché RadURa dell’Esser“EVENTramOntanza della metafisica». RaduRabissale dell’essere È “EVENTO Radurapsodiabissale nella ontostoria mondeggia” È “EVENTramOntanza della metafisicabixalex. «“RadurapsodiabiSsal“EVENTramOntanzabixalex della metafisicAbixalex è già Radurabissale”. L’“EVENTO In sé tramontanzabixalex metafisicabixalex”è Physixabixalessersi Dà evento“RaduRabissal’“EVENTO”dell’essere dà là»» in sé senzaperché D’’esser“EVENTO creatrix tramoNtanzabixalex della metafisicabixalex»là»»”già»là«“EVENTOdell’esserci»«gettanzabixalex»Esser“EVENTO è’esserci ontostorico»l’esserci è gettanzabissalontostorica è gettanzabiSsale essere«già’’esserci»in sé che fonda Kata“EVENTÜX»ontologico»dell’essere tramontanzabixalex della Metafisicabissale”. È già””––”””» crea”»””D’ESserKata“EVENTÜX»È–CrEaTrix “EVENTÜXdell’essere””senzaperché» Là”nullabixalE là “EVENTÜX dell’essere”dell’esserne abixalex”–»È»«gettanzabixalex»essersi ad esser“EVENTÜXdell’essere”è Già’aldilà”È tranxsonazabixalex:là dell’essere ««RaDuRabixalexdell’essere esserne»’oltremetàfisiCabissale». Filogosofiabixalex«oltre la Metafisicabissale è “EVENTÜXdell’essere” Al di là«Del nullabiSsale nullabissal’“EVENTÜX dell’essere Deabixalex già interevento È“Essere ontotemporabissale–––“fenoumenologiabixalex”–creatrixabixalex creerà L’“EVENTÜX dell’essere Esserne Radurabissale’è tramontanzabixalex della metafisicabissale al di là già––l’esserci epifenoumenalità DeAbixal’“EVENTÜX dell’essere esserci dell’essere Crea “EVENTÜXdell’essere è senzaperché l’essere in sé’già ontologiabixalex è alétheiabixalex svelatezzabixalex dell’essere tramontanzabixalex della metafisicabiSsale. Radur“EVENTÜX«in sé’»già là PletonRapsodyX È già “EVENTÜXdell’essere kata“EVENTÜX”–dell’essere oltre la metafisicabissale quale fondazione della verità dell’Essere. “EVENTÜX”–della tramontanzabixalex della metafisicabissale in sé si dà l’Esser“EVENTÜX”senza la metafisica consente la fondazione della verità dell’Esser“EVENTÜX”d’al di là È l’essere oltre il pensare metafisico È senzaperché dell’EsserEVENTÜX”ontopologiabiSsale già nihil’EVENTÜX”dell’essere»»»’EVENTÜX”»’abissale ontopologico»’’EVENTÜX”»»»» «tranxsonanzabixalex dell’ “’EVENTÜX””senzaPerché Ontopologià–«dell’essere lì là»»»».«È “’EVENTÜX””»là Lì è«creatività»–gettanzabixalex–dell’essere già KataEVENTÜX””. Già catastrof’EVENTÜX””senzaperché caosmox’abixal’essere senza metafisica è l’essere la verità dell’essere“oltre”È nihil“’EVENTÜX””«Oltre»nihil’EVENTÜX”al di là della Metafisica là oNtotemporabixalex«oltre»al di là nihilEVENTÜX è già«oltre»la metafisica’oblio dell’essere là dell’esserne dell’esserci. RadÜra nella ontostoria dell’essere È’EVENTopologiabixalex––ontostoria dell’Essere ontopologiabiSSale Al di là già già Là’EVENTÜX”dell’essere già” è senzaperché””Essere’per la morte» in sé è’EVENTÜX”–Già In sé ontopologiabisSale dell’essere: PletonRapsoD’EVENTÜX–senzaperché Deabixalex senza metafisica–«essere-per-la-morte’ è esser’EVENTÜX per la morte. EVENTÜXdell’essere ontostoria È’EVENTÜXesseregià d’EssernÈ’EVENTÜX”È’oltre in sé là AL«di»Là»dellaMeTafiSica. Oltresser’EVENTÜX”è indicibilesserci senzaperché al di là del–perché d’esserEVENTÜX”–d’esserneGià nihil’EVENTÜX in sé Katà’EVENTÜX”In Sé è già dell’essere Già Oltre LA MeTafisiCA.“RadurabiSSAlEdell’essere SEnza metafisicA In Sé”Oltressere senzaperché RadurApsodiAbissal«esserne»’essere-nel-mondontostorico esserci. L’’«essere ontostorica là D’’EVENTÜX”senzaperché tramotanza della metafisica È Già soggiornabixalexontostorico oltresserne dà soggiorna impensatabissale esserci c’è’arché È senzaPerché crea dà luogo al soggiornare è il luogo dell’Ereignis, dell’evento in cui si dà la ontostoria ““’EVENTÜX””’ultimo, il suo carattere totalitario, che non dipende, «come credono animi ingenui, dal casuale arbitrio di dittatori» – e l’allusione a Schmitt non è neppure troppo velata – ma è «fondata sull’essenza della metafisica».373 Mettere in questione l’originaria dicotomia amiconemico non vuol dire tuttavia negare il pólemos, che Heidegger traduce spesso con Kampf, lotta, né vuol dire contestare l’esistenza del nemico.374 Sebbene Feind non sia un termine chiave del vocabolario filosofico di Heidegger, e non ricorra che di rado nella sua opera, tuttavia si presenta in alcuni passaggi strategici degli scritti risalenti agli anni trenta, in particolare nei Quaderni neri. Chi è allora il “nemico” per Heidegger? Forse bisognerebbe chiedere che cos’è il nemico? Oppure sarebbe più corretto riprendere la domanda del seminario su Hegel: «su che base qualcuno diventa ed è nemico»? La risposta di Heidegger è ambivalente, muta nel corso degli anni, dal 1933 al 1941, e si sviluppa in un rapporto la questione dell’essere e la questione ebraica 181 non esplicito, eppure evidente, con Schmitt, di cui si avverte l’influsso all’inizio e che, in seguito, viene preso di mira. Altrettanto chiaro è che il nemico, inteso come hostis, il nemico pubblico, è l’ebreo, sebbene Heidegger, a differenza di Schmitt, si guardi dal porre accanto a Feind l’identificativo Jude. Nelle lezioni del 1933, che sono state pubblicate con il titolo Sein und Wahrheit (Essere e verità), Heidegger sostiene che il nemico è colui dal quale proviene una «minaccia essenziale» all’esistenza del popolo. «Non occorre che il nemico sia esterno, e non sempre quello esterno è il più pericoloso».375 Proprio quando sembra non essercene alcuno, è indispensabile «trovare il nemico, metterlo in luce». Oltre all’esigenza esistenziale – evitare, cioè, che l’esserci si intorpidisca – emerge la necessità politica. E dunque Heidegger afferma: Il nemico può essersi insediato nella radice più intima dell’esserci di un popolo, contrastarne e pregiudicarne l’essenza propria. Tanto più accanita, dura e difficile è la lotta, perché solo in minima parte consiste nel combattimento aperto; spesso è ben più impegnativo e faticoso tener d’occhio il nemico, far sì che si sfoghi, non farsi avanti, tenersi pronti all’attacco, curare e rafforzare la continua prontezza e disporre l’attacco a lungo termine con il fine del completo annientamento. 376 L’immagine del nemico interno, che intacca l’essenza del popolo, non può non ricordare Schmitt.377 Si dovrebbe dunque pensare che Heidegger lo segua in modo pedissequo nell’identificazione di quel nemico ontologico e politico che è evidentemente l’Ebreo. Qualche anno più tardi, però, nei Quaderni neri, il nemico diventa il tema di una domanda che riprende quella formulata nel seminario su Hegel e, anzi, la corregge. «Dove sta il nemico e come viene creato? Dov’è diretto l’attacco? Con quali armi?».378 Heidegger si interroga sulla linea del fronte.379 Sebbene metta l’accento sul Kampf für das Wesen, la «lotta per l’essenza», che i tede- 182 capitolo terzo schi devono combattere, contesta chi, oltre a indicare nell’avversario immediatamente un nemico, fa del nemico il «diavolo», lo demonizza, e in tal modo elimina non solo il carattere creativo della conflittualità, ma rende impossibile la stessa lotta per l’essenza.380 Non è difficile indovinare contro chi sia rivolta la critica di Heidegger che sottolinea due pericoli: quello di «assolutizzare il “politico”» oppure di «installarlo in un cristianesimo apparentemente nuovo».381 Ma la critica è ancora più netta quando viene preso di mira il «cattolicesimo politico» a cui è subentrata la «politica “cattolica”», cioè – riconducendo etimologicamente “cattolico” a kathólou, in tutto – quella politica che, per la sua velleità di dominare, può dirsi «totale». Come Schmitt aveva usato un aggettivo, il “politico”, così Heidegger parla sarcasticamente del “cattolico”, la cui essenza non sta nel cristianesimo; ha assunto per la prima volta forma nel «gesuitismo» e si è andato costituendo nel «contro…», a cominciare dalla Controriforma. Il «cattolico» è «romano – spagnolo; completamente non-nordico, del tutto non-tedesco».382 Se Schmitt gli rimprovererà una escatologia ateologica e deteologizzata, Heidegger a sua volta ne denuncia la dogmatica cattolica del nemico. Ogni dogmatismo, politico-clericale o politico-statale, intende necessariamente qualsiasi pensare e agire che sia, in apparenza o in realtà, divergente, come un consenso a ciò che ad esso, al dogmatismo, è nemico – pagani e senzadio, ebrei e comunisti. In questo modo di pensare è insita una forza peculiare – non del pensiero – ma dell’imporsi di quel che è proclamato.383 E mentre la guerra diventa totale, Heidegger guarda sempre più al pólemos. Qual è allora la differenza tra guerra e lotta, tra Krieg e Kampf, e quale distanza si profila rispetto a Schmitt? Come aveva inaugurato il loro confronto, così il pólemos lo chiude. Heidegger rovescia il rapporto: è il pólemos il presupposto del nemico, non viceversa.384 Per Schmitt, a partire dal nemico si apre l’ola questione dell’essere e la questione ebraica 183 stilità, che permea e permette il “politico”, un’ostilità di cui la guerra è la realizzazione estrema. Se Clausewitz aveva detto che «la guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi», Schmitt sostiene che è la guerra «il presupposto della politica».385 In tal modo si delinea una continuità tra nemico-lotta-guerra che costituisce l’asse politico del suo pensiero. Per Heidegger sussiste, al contrario, discontinuità tra lotta e guerra. E, anzi, dove si impone la guerra, e l’avversario sul fronte si erge a nemico, il pólemos si irrigidisce e perde la sua profondità ontostorica. Perciò Heidegger non condivide il modo in cui Schmitt vede la guerra. E come Feind, nemico, non è un termine chiave del suo vocabolario, così non lo è neppure Krieg, guerra. Questo non gli impedisce di riflettere sulla forma ultima assunta dalla guerra mentre, alla fine degli anni trenta, la Germania già avanza a tappe forzate verso la catastrofe. La guerra non è, come Clausewitz pensa ancora, la continuazione della politica con altri mezzi; se “guerra” si riferisce alla “guerra totale”, cioè a quella che, come tale, scaturisce dalla svincolata macchinazione dell’ente, allora la guerra diviene trasformazione della politica […]. Tale guerra non prosegue qualcosa che già sussiste, bensì lo costringe a eseguire decisioni essenziali che, a sua volta, non padroneggia. Perciò questa guerra non ammette più «vincitori» e «vinti»; tutti diventano schiavi della storia dell’Essere.386 La guerra rivela la sottomissione della politica al potere, ne fa affiorare l’uso strumentale. Il carattere «totale» deriva dall’abbandono dell’essere. Non c’è più differenza tra guerra e pace – a meno di non confondere quest’ultima con un armistizio temporaneo. Da quando la guerra è divenuta mondo, e il mondo è divenuto guerra, non c’è più posto per la pace.387Ma non c’è più spazio neppure per il nemico – e forse per l’amico – e per tutte quelle distinzioni pure che Schmitt si intestardisce a conservare.388 Se non c’è più opposizione tra guerra e pace, resta allora una opposizione, rimane una via d’uscita e di 184 capitolo terzo scampo dalla «totalità» della guerra? In uno schema che Heidegger propone nei Quaderni neri, mentre la guerra e la pace scivolano nel mezzo, agli estremi si collocano il pólemos e la decisione.389 Più volte Heidegger, già a partire da Essere e tempo, è tornato sul pólemos che traduce in genere con Kampf, lotta, ma anche con Streit, contrasto, e con Auseinandersetzung, confronto. Per comprendere il significato di Kampf, questo termine chiave del suo vocabolario filosofico, occorre considerare il frammento 53 di Eraclito, la cornice entro cui Heidegger lo pensa: «pólemos è padre di tutte le cose, di tutte re; gli uni disvela come dei e gli altri come uomini, gli uni rende schiavi, gli altri liberi». Il dissenso non dissocia, il conflitto mantiene e raccoglie – è raccoglimento. Di qui il nesso tra pólemos e lógos.390 Se nella riflessione di Schmitt è un concetto torbido, in Heidegger è chiaro che il pólemos non è armato. Attiene all’interrogazione e perciò all’erotico contendere dei filosofi. Ma il suo significato è ampio e pervade la comunità. «Ogni comunità porta con sé, nel suo orecchio, la voce dell’avversario una sorta di resistenza interna».391 Il nemico ridiventa avversario, e l’avversario si ritrae quasi nel richiamo della coscienza, la voce dell’altro che parla nel sé. Lo scarto rispetto a Schmitt è «irriducibile» – sottolinea Derrida.392 Perché in effetti Schmitt rivendica il pólemos al discorso sulla guerra. Non così Heidegger, che non dimentica le parole di Eraclito: pólemos è patèr, padre, generatore, ed è pânton basileús, il «sovrano di ogni ente»; ma basileús, che non significa semplicemente «re», è il waltender Bewahrer, il custode che dominando lascia essere nella Aus-ein-ander-setzung, in quel confronto che è un dispiegarsi l’uno grazie all’altro. Il pólemos è il custode che regna e regnando custodisce l’Essere. Nella «lotta “spirituale”» non ne va del Sieg, della vittoria. 393 Ci sono combattenti, Kämpfer, che hanno sempre bisogno di un avversario, anzi di un nemico; «se manca, la questione dell’essere e la questione ebraica 185 lo inventano», perché altrimenti non sembrano avere più scopo. Così combattono sempre per il nemico, rendendosene dipendenti. Ci sono invece combattenti che lottano per il loro fine e la cui somma battaglia, quella per le decisioni essenziali, non è volta al «possesso e al successo, al potere e al piacere», bensì all’«inizio della storia dell’essere ».394 Essere-vincitori – non significa solo uscire vittoriosi da una battaglia; il vincitore potrebbe essere anche chi ha avuto la peggio perché si è votato esclusivamente all’obiettivo e alla tattica del nemico, e ancor più lo farà nel futuro. Essere vincitori vuol dire imprimere alla lotta il fine proprio e più elevato.395 Non sono le parole di un pacifista. Heidegger non lo è mai stato. Quando le scrive, nel 1940, sulla guerra planetaria non si fa più illusioni. Pensa a distinguere il Kampf dal Krieg, ad essere custode del custode, a custodire non il sovrano che aveva deciso l’eccezione, ma il sovrano che lascia essere ogni cosa e regna custodendo l’Essere. 20. «Weltjudentum». Il complotto mondiale ebraico Nell’immagine totalizzante del nemico, che i nazisti si contrappongono, l’ebreo, nei momenti di maggiore intensità, diventa Juda e, in una laida iperbole, Alljuda. La «maledizione del superlativo» caratterizza la Lingua Tertii Imperii e trova espressione in particolare nei composti in cui compare il prefisso Welt, mondo.396 Come ogni discorso di Hitler è preceduto dal titolo «Il mondo ascolta il Führer», così ogni evento che riguardi il Reich ha rilevanza mondiale, si inscrive, anzi, nella storia del mondo, decidendone il corso: è weltgeschichtlich. In questo senso ebrei e bolscevichi sono i nemici mondiali di una guerra planetaria. Nell’ultima parte dei Quaderni neri – nelle Riflessioni XIII e XIV – in pagine che risentono del clima bellico e 186 capitolo terzo risalgono al 1940 e al 1941, Heidegger parla in modo esplicito di internationales Judentum, «ebraismo internazionale », e soprattutto di Weltjudentum, «ebraismo mondiale ».397 Come emerge anche dal contesto, questi termini non sono per nulla neutrali; al contrario, sono connotati negativamente e lanciano un’accusa. Per un filosofo come Heidegger, attento a evitare ogni uso strumentale del linguaggio, la ricorrenza di Weltjudentum non può essere casuale. Che cosa significa allora parlare di «ebraismo mondiale»? A che cosa rinvia il termine? Parlare di Weltjudentum vuol dire condividere, assecondare e diffondere il mito del complotto mondiale ebraico. Ciò risponde a una testimonianza di Jaspers che finora era parsa alquanto sorprendente. Ricordando un colloquio con Heidegger, avvenuto a Heidelberg nel maggio 1933, Jaspers annota: «parlai della questione ebraica, della malvagia assurdità intorno agli anziani di Sion, al che lui replicò: “ma c’è una pericolosa connessione internazionale degli ebrei”».È Già catastrofi