Gödel eventy schema spazio-tempora schema spazio-tempo dell’essere in sé K. GÖDEL ontology dell’essere è al di là al di là evento di eventi; formalmente un evento è una quaterna di numeri (x,y,z,t) tre dei quali (x,y,z) rappresentano le coordinate spaziali dell’evento, mentre il quarto (t) indica l’istante di tempo in cui l’evento si è verificato. Un evento è uno spazio 3+1 dimensionale, detto appunto “spazio di Minkowski”19. Nella esposizione della teoria della relatività generale è possibile seguire questo sviluppo e affermare con una certa chiarezza che «i fenomeni fisici sono espressioni della metrica 3+1 e nello stesso tempo che il sogno cartesiano di una fisica puramente geometrica sembra realizzarsi in un modo così stupendo che lo stesso Descartes non avrebbe assolutamente saputo prevedere»20. Con ciò sembra risolta per via fisica una questione che ha occupato molto vivacemente la gnoseologia degli inizi del Novecento e per la quale si sono tentate le soluzioni più diverse. Ora la fisica dimostra non solo la possibilità, ma anche la realtà effettuale della geometria non-euclidea: mostra che

17 E. CASSIRER, Sulla teoria della relatività, La Nuova Italia, Firenze 1973, p. 594. 18 V. BARONE, Relatività, Bollati Boringhieri, Torino 2009, p.27. 19 Ibidem, p.34. 20 H. WEYL, Raum, Zeit, Materie, in E. CASSIRER, Sulla teoria della relatività, op. cit., p. 529. «Aretè», Vol. 2, 2017 – ISSN 2531-6249 279 possiamo intendere ed esporre teoreticamente i rapporti vigenti nello spazio reale effettivo soltanto se li traduciamo nel linguaggio di un molteplice a quattro dimensioni21 . Pensare queste quattro dimensioni in un sistema gnoseologico è il passo successivo; per quanto sia da sottolineare che – ben prima della teoria della relatività: ristretta e generale – a collegare in un modo così stretto l’ambito fisico a quello gnoseologico, è stata la rivoluzione attuata da Copernico. A chiarire tale connessione fu lo stesso Kant quando scrisse: «Quando Galilei fece rotolare le sue sfere su di un piano inclinato, con un peso scelto da lui stesso, e Torricelli fece sopportare all’aria un peso, che egli stesso sapeva di già uguale a quello di una colonna d’acqua conosciuta e più tardi Stahl trasformò i metalli in calce, e questa di nuovo in metallo, togliendovi o aggiungendo qualche cosa, fu una rivelazione luminosa per tutti gli investigatori della natura. Essi compresero che la ragione vede solo ciò che lei stessa produce secondo il proprio disegno, e che, con principi dei suoi giudizi secondo leggi immutabili, deve essa entrare innanzi e costringere la natura a rispondere alle sue domande; e non lasciarsi guidare da lei, per così dire, colle redini; perché altrimenti le nostre osservazioni, fatte a caso e senza un disegno prestabilito, non metterebbero capo a una legge necessaria, che pure la ragione cerca e di cui ha bisogno. È necessario dunque che la ragione si presenti alla natura avendo in mano i principi, secondo i quali soltanto è possibile che i fenomeni concordanti abbiano valore di legge, e nell’altra l’esperimento, che essa ha immaginato secondo questi principi: per venire, bensì, istruita da lei, ma non in qualità di scolaro che stia a sentire tutto ciò che piaccia al maestro, sebbene di giudice, che costringa i testimoni a rispondere alle domande che egli loro rivolge. La fisica pertanto è debitrice di così felice rivoluzione compiutasi nel suo metodo solo a questa idea, che la ragione deve cercare nella natura, conformemente a quello che essa stessa vi pone, ciò che deve apprenderne, e di cui nulla potrebbe da se stessa sapere. Così la fisica ha potuto per la prima volta esser posta sulla via sicura della scienza, laddove da tanti secoli essa non era stato altro che un semplice brancolamento»22 . Con tale passo, ormai divenuto celebre, Kant paragona il lavoro astronomico a quello gnoseologico puntualizzandone i parallelismi. Come Copernico aveva messo il Sole, e non la Terra, al centro dell'universo, così Kant intende ora collocare il soggetto umano al centro del processo conoscitivo. Contrariamente al senso comune – secondo cui l'uomo doveva adattare i propri schemi mentali agli oggetti da conoscere –, Kant si propone di dimostrare che il nostro intelletto gioca un ruolo fortemente attivo nel metodo conoscitivo. Se fino ad allora si era tentato di spiegare la conoscenza supponendo che fosse il soggetto a dover ruotare intorno all’oggetto, con Kant si invertono i ruoli. Fuor di metafora, Kant ritiene che non sia il soggetto conoscente a scoprire le leggi dell’oggetto, ma viceversa che sia l’oggetto ad adattarsi alle leggi del soggetto che lo riceve conoscitivamente; quindi che non sia la nostra intuizione sensibile a regolarsi sulla natura degli oggetti, ma che siano gli oggetti a regolarsi sulla natura

21 E. CASSIRER, Sulla teoria della relatività, op. cit., p.575. 22 I. KANT, Critica della ragion pura, Laterza, Roma-Bari 2000, prefazione alla seconda edizione, pp.15-16. «Aretè», Vol. 2, 2017 – ISSN 2531-6249 280 della nostra facoltà intuitiva. Analogamente egli suppone che non sia l’intelletto a regolarsi sugli oggetti per trarre i concetti, ma viceversa che siano gli oggetti a regolarsi sui concetti dell’intelletto e ad accordarsi con essi. Tuttavia, sulla base di prospettive gnoseologiche, la rivoluzione copernicana genera due interpretazioni che dovrebbero essere lette in modo complementare. Da un lato, abbiamo la prospettiva di Kant che interpretando questo ribaltamento in modo metaforico esige ritrovare nel soggetto pensante quel punto archimedeo – stando alla metafora, proprio della terra – che faccia da fondamento ai giudizi sintetici a priori e grazie ai quali metafisica e scienza coinciderebbero. Il fondamento a cui Kant tende è il soggetto stesso che sente e che pensa: è il soggetto con le leggi della sua sensibilità e del suo intelletto. L’esigenza di questo punto fondante nell’impianto trascendentale si spiega con la necessità kantiana di un sapere che fosse universale e necessario. Dall’altro lato, abbiamo un’interpretazione, a questa complementare, che negli ultimi tempi sta divenendo sempre più plausibile: quando Copernico ribaltò le posizioni del sole e della terra, intese in un sistema statico e simmetrico dove il punto archimedeo (quello proprio della terra) aveva il compito di sorreggere il tutto, aveva l’obiettivo di rivoluzionare il sistema tolemaico. Tuttavia il suo sistema astronomico ha conservato – almeno nell’immaginario comune – una certa staticità originaria, tanto che si è dovuto attendere Einstein perché venissero scardinati definitivamente i vecchi fissi punti di fuga. Dunque si potrebbe pensare la rivoluzione di Einstein assolutamente in linea con quella copernicana tanto da essere intesa come il prosieguo di questa stessa. Ad avallare tale idea vi sarebbe la rivoluzione copernicana attuata nell’ambito semantico da Peirce. Secondo accurate interpretazioni23 , la rivoluzione peirceana è quella che porta al centro del sistema – al posto dapprima dell’oggetto e poi del soggetto – l’enunciato semantico. Quest’ultimo non si riferisce però direttamente ad uno stato di cose “reale”, quanto alla cosiddetta ‘dissoluzione del dato’ in base alla quale si dissolve quella convinzione secondo la quale il nostro sapere sarebbe qualcosa di oggettivo. La rivoluzione peirceana pone il problema della coerenza semantica ormai non più garantita da un mondo esterno che si presumeva essere reale ed oggettivo. Ciò che ci si auspica è la coerenza semantica di rappresentazioni valide intersoggettivamente nelle quali gli oggetti diventino, a seconda degli interpretanti, oggetti designanti. L’esito di questi ulteriori cambi di prospettiva è l’affermarsi di una prospettiva costruttivista a proposito della costituzione della realtà nella conoscenza. E dal momento che non esiste una unica modalità di costituzione corretta, da questa prospettiva trae origine una ulteriore concezione: la conoscenza del mondo non ha connotati universali e necessari, sostanzialistici

23 Mi riferisco in modo particolare a quella data dal Prof. H.J. SANDKÜHLER in: Repräsentation – Die Fragwürdigkeit unserer Bilder von der Welt der Dinge, in La rappresentazione – ovvero cosa significa “rappresentare” la realtà nella conoscenza. Dagli atti di una conferenza svoltasi presso il dipartimento di Bioetica dell’Ateneo di Bari nel 2005; H.J. SANDKÜHLER, Pluralismus und die Erkenntniswelten der Kultur, in Naturalismo nella filosofia della mente? Per una critica e un’alternativa filosofica. Dagli atti di una conferenza svoltasi presso il dipartimento di Bioetica dell’Ateneo di Bari nel 2006. «Aretè», Vol. 2, 2017 – ISSN 2531-6249 281 ed ontologici. Ma per meglio comprendere ciò, è opportuno fare un piccolo passo indietro e ritornare sulla teoria della relatività: generale e ristretta. Con la teoria della relatività non è più necessario far ricorso allo spazio assoluto di Newton – il quale essendo per sua natura senza relazione ad alcunché di esterno, rimane sempre uguale e immobile – per garantire il fondamento della dinamica. Oltre allo spazio viene meno anche un altro caposaldo della meccanica newtoniana e cardine indiscusso della fisica ottocentesca: l’idea di tempo assoluto. Il merito di Einstein consiste nell’aver compreso che per eliminare l’asimmetria tra le descrizioni occorreva formulare una nuova dinamica, e che per far ciò bisognava partire da un ripensamento dei procedimenti di misura del tempo. Il salto dall’elettromagnetismo alla definizione operativa di tempo è un vero colpo di genio di Einstein e non può che lasciare sconcertati e ammirati, oggi come ieri, i lettori del suo articolo del 190524. L’audacia e l’alta portata filosofica del pensiero einsteiniano – ci ricorda Cassirer – sta precisamente nel suo fare tabula rasa del pregiudizio tradizionale di un tempo valido per tutti i sistemi25 . Misurare il tempo – sottolinea Einstein – vuol dire stabilire la simultaneità di due eventi 26 . Considerando che il secondo postulato della relatività speciale stabilisce l’indipendenza della velocità della luce dallo stato di moto della sorgente, tra le conseguenze più immediate di questo postulato ce ne sarà una di particolare importanza: la simultaneità tra due eventi non è assoluta. In altri termini, se due eventi sono simultanei in un dato sistema di riferimento, non lo sono più, in generale, in un altro sistema27. La relatività della simultaneità28, conseguenza immediata delle trasformazioni di Lorentz, fu uno degli aspetti più sorprendenti e più difficili da accettare della teoria di Einstein nei primi anni di diffusione di questa teoria29. L’aspetto formale della relatività, con i suoi due postulati e le conseguenze che da essi vengono dedotte, non deve infatti farci dimenticare che le leggi del moto si fondano sull’esperimento. Il principio di relatività è dunque una legge che per quanto vincoli fortemente la forma delle leggi dinamiche, non le determina30. Lo spazio in sé e il tempo in sé sono destinati a svanire come pure ombre, poiché solo un genere di unione tra i due conserverà una realtà indipendente31 . Minkowski ha compreso le profonde implicazioni della teoria einsteiniana e la rivoluzione che essa segnava nella concezione fisica dello spazio e del tempo. Non più di spazio e di tempo come entità

24 V. BARONE, Relatività, op. cit., p.5. 25 E. CASSIRER, Sulla teoria della relatività, op. cit., p.550. 26 «Noi dobbiamo considerare che tutti i nostri giudizi nei quali il tempo ha un ruolo sono sempre giudizi su eventi simultanei. Se io per esempio dico: Quel treno arriva qui alle ore 7, voglio dire questo: il passaggio della lancetta del mio orologio sul 7 e l’arrivo del treno sono eventi simultanei». Cfr. V. BARONE, Relatività, op. cit., p.28. 27 Ibidem, p. 31. 28 Cioè il fatto che se due eventi sono simultaneamente in un certo sistema di riferimento inerziale, in generale non sono più tali in un altro sistema inerziale in moto rispetto al primo. 29 Ibidem, p. 44. 30 Ibidem, p. 112. 31 H. MINKOWSKI, trad. ingl. in H. LORENTZ, A. EINSTEIN, The Principle of relativity, a cura di A. Sommerfeld, Dover, New York 1952, pp.75-91. «Aretè», Vol. 2, 2017 – ISSN 2531-6249 282 separate si sarebbe dovuto parlare, bensì di qualcosa che unisce in maniera inscindibile lo spazio e il tempo. Il trattino che separa spazio e tempo indica dunque non un binomio ma un’unità. A rigore esso dovrebbe essere eliminato: specie se si considera che in tedesco i due termini sono fusi in un’unica parola, che meglio rappresenta la complessità del concetto 32 nonché l’elemento di novità nella concezione della fisica novecentesca. Le equazioni che permettono di calcolare la metrica dello spazio-tempo33 – le cosiddette equazioni di Einstein – allo stesso tempo ci permettono di dedurre quanto il campo gravitazionale sia generato non solo dalla materia, ma da qualunque distribuzione di energia e momento: la massa è soltanto una delle possibili forme di energia. Secondo la teoria einsteiniana una distribuzione di materia ed energia incurverebbe lo spazio-tempo, generando così un campo gravitazionale spiegabile con altre leggi rappresentato essenzialmente dalla metrica dello spazio-tempo 34 . Ad esempio, il campo elettromagnetico, che trasporta energia e momento ma non massa, incurva lo spazio-tempo ed è quindi sorgente di gravità. Anche il campo gravitazionale possiede energia e momento ed è perciò sorgente di se stesso35. Solo densità molto elevate di energia producono un’apprezzabile curvatura dello spaziotempo. Con Einstein vengono meno spazio e tempo assoluti, e allo stesso modo viene meno l’assolutezza dell’unicità del “punto fisso” intorno al quale far ruotare il tutto: che si tratti del sole o della terra, del soggetto o dell’oggetto. Nello scritto Sulla teoria della relatività, Cassirer affronta questa problematica al fine di mostrare come il punto archimedeo, al quale Newton ancora credeva di poter pensare, si fosse dissolto attraverso la nascita di una pluralità di sistemi geometrici. Cassirer ritiene che la teoria della relatività propria della fisica contemporanea sia contraddistinta da una “svolta” gnoseologica dalla teoria della ‘conoscenza come riproduzione’ alla teoria della ‘conoscenza come funzione’. Nell’analisi epistemologica della fisica moderna Cassirer offre la prova del fatto che quelle concezioni realistiche della conoscenza quale rappresentazione riproduttiva, un tempo legata alle scienze della natura, sono ormai divenute dubbie. Se “materia” e “forma” della conoscenza adesso non sono più pensabili come assolute “potenze dell’essere” e se in quanto “posizioni e costruzioni teoriche” esse servono piuttosto a caratterizzare un nuovo ordine di significati, allora acquista un rinnovato interesse il problema della costruzione e dell’articolazione della immagine teoretica del mondo. Ciò che Cassirer mostra è che conoscere scientificamente non vuol dire riprodurre una sostanza ma operare con simboli. Segni e simboli sono esentati da quell’obbligo ontologico-epistemologico di “corrispondenza con il reale” che

32 V. BARONE, Relatività, op. cit., p. 112. 33 L’equazione delle geodetiche, utile per identificare il campo gravitazionale, ha in sé un primo termine inerziale ed un secondo gravitazionale. Il fatto che questi termini non abbiano carattere tensoriale, e che cambiando sistema di coordinate si trasformino l’uno nell’altro, è un ulteriore manifestazione del principio di equivalenza: inerzia e gravitazione sono localmente indistinguibili. Cfr. ibidem, p. 486. 34 Ibidem, pp. 471-472. 35 Ibidem, p. 490. «Aretè», Vol. 2, 2017 – ISSN 2531-6249 283 invece potrebbero accollarsi i naturalisti. Da ciò segue che le “traduzioni simboliche” potranno essere molteplici36 . Per Cassirer la teoria della relatività segna il passaggio della fisica ad un piano chiaramente ametafisico e non-ontologico, ad un piano di più rarefatto simbolismo matematico. Il processo di allontanamento dall’intuizione e di trasferimento nel regno del simbolo – quindi di successiva formalizzazione-astrazione, di passaggio dal concetto-genere al concetto-funzione – si compie nelle due teorie della relatività. Anzi, secondo Cassirer, è questo il significato filosofico della rivoluzione einsteiniana. Ben lungi dal rappresentare una nuova intuizione della natura, la teoria della relatività segna un ulteriore distacco da ogni intuizione, e in concreto un superamento dei residui intuitivi che rimanevano nel meccanismo della fisica classica moderna. Soprattutto si tratta delle intuizioni di spazio e tempo – ancora intesi come res, come oggetti intuitivi – e dei rapporti metrici, metrico-spaziali e metrico-temporali – ancora intuizioni di rapporti reali fra parti o zone di enti reali. La critica einsteiniana alla nozione di simultaneità e con essa alle nozioni classiche di spazio e tempo assoluti come due entità funzionalmente collegate dalle formule del moto, ma ontologica cronotop-ontologia“spazio in sé” in sé”, è ’ontology Kaluza-Klein -spazio-tempora in sé