poiemaphxyx….metaphxyx pathemathemaphxyx….dell’eccentricità, della singolarità-matemicaphxyx matemica-patematemica matema-patematema singolarità-matema patemathema, per i grafi, le lettere, gli schemi, le formulazioni algebrico-matematiche, le figure topologiche, non deve però mai far dimenticare che tutti questi restano strumenti finalizzati a esprimere ciò che residua come irriducibile a tutti questi strumenti; l’osso della singolarità, quell’oggetto piccolo (a) che non a caso Lacan situa come inassimilabile al sapere universale; elemento di permanente de-totalizzazione; luogo concentrato del pathos, della passione più particolare del soggetto.

Trasformare il pathema dell’esperienza soggettiva in mathema universale resta pertanto la direttrice più essenziale che orienta il discorso del Lacan-matemico. Il suo sforzo è quello di impedire una colonizzazione mistico-sapienziale dell’analisi. Alle prolisse e includenti circumnavigazioni intimistiche del vissuto, egli oppone l’esigenza apparentemente arida, asciutta e riduttiva del mathema. Correndo il rischio di un logicismo talvolta irritante, scommette sulla possibilità di una trasmissione della psicoanalisi – del suo effettivo insegnamento – capace di sovvertire la massima che conclude il Tractatus di Wittgenstein: “ciò di cui non si può parlare, non si deve affatto tacere, ma si deve provare a dire”. In questo senso per il Lacan-matemico il sapere dell’analisi non preserva l’ineffabile, ma invoca il rigore del concetto. La sfida più alta della psicoanalisi resta quella di trasformare l’indicibile in un mathema, dichiara esplicitamente.[8]

L’analisi è un’esperienza singolare che però esige di essere trasmessa universalmente, pena il suo sprofondamento nel campo irrazionalistico del puro mistero. Il Lacan-matemico è in questo senso, come Lacan amava dire in generale della sua opera, un frutto maturo dell’illuminismo. È un tema centrale del suo insegnamento: il soggetto dell’inconscio non è il contrario della ragione, non è il suo opposto irriducibile, ma una sua espressione fondamentale. Egli contrasta teoricamente con tutte le sue forze quell’oscurantismo antropologico che tende a pensare romanticamente l’inconscio come frangia in ombra della coscienza, come sottosuolo, come pura irrazionalità del sentimento. Il suo sforzo insistente per giungere a una matematizzazione della psicoanalisi si spiega solo a partire da questa esigenza di fondo: sottrarre l’inconscio freudiano da ogni sua versione irrazionalista. Per questo motivo la dialettica tra esperienza (singolare) e struttura (universale) occupa un posto nevralgico e centralissimo in tutto il suo insegnamento. Il sapere non produce né trasforma l’essere, ma perché vi sia trasformazione dell’essere è necessario che si produca del sapere nuovo proprio a partire dall’essere. È quello che accade in un’analisi: perché vi sia esperienza effettiva dell’analisi è necessario che l’essere del soggetto venga fi ltrato dal sapere, che un soggetto possa trovare il mathema del proprio pathema. È il nucleo forte del discorso dell’analista teorizzato nel Seminario XVII: il sapere (S2) viene al posto della verità. Ma di quale sapere e di quale verità si tratta? Di quale sapere e di quale verità si occupa il Lacan-matemico? È la verità che riguarda la passione più singolare del soggetto. Se un’analisi è il modo di trasformare i patemi in matemi, è un modo di condurre il sapere nel luogo della verità singolare che concerne il desiderio inconscio del soggetto, questa operazione di trasformazione non è senza scarti. Condurre il sapere nel luogo della verità non annulla e non richiude affatto – come avveniva nella dialettica hegeliana dove il reale e il razionale trovavano un loro punto di coincidenza finale nello Spirito assoluto – il buco del reale.

Piuttosto è un modo per circoscrivere questo buco, per mostrare come un soggetto trovi la sua soluzione singolare per rendere questo rapporto – il rapporto con il buco del reale – fecondo e non distruttivo. Se il Lacan-matemico è il Lacan strutturalista, è il Lacan che celebra il potere disantropico e anonimo della struttura, questa celebrazione, anche quando è stata espressa con maggiore enfasi, non ha mai avanzato la pretesa di ridurre il soggetto a un semplice epifenomeno della struttura. Il soggetto – il pensiero del soggetto – resta il cuore etico al quale è subordinato anche il Lacan-matemico. Il mathema di Lacan non è, infatti, l’effetto di una speculazione che pretende di sopravanzare la singolarità irriducibile del soggetto, ma appare – come la nozione stessa di struttura – sempre bucato, perché esso non vuole affatto ricoprire il reale, ma mostrarlo, isolarlo, renderlo visibile, se si può dire così. In questo senso la pratica della psicoanalisi resta più prossima a quella dell’arte che al sapere specialisticoscientista del discorso universitario. Non bisogna infatti mai confondere la tendenza formalizzante e il rigore ascetico del mathema con l’aridità burocratica del sapere universitario.

Mentre quel sapere punta a escludere la problematica dell’essere (esso, precisa bene Lacan nel Seminario XVII, sorge dal decadimento del sapere del Maestro che ambiva a essere un sapere sull’essere), il sapere analitico produce un sapere che ha senso solo se in relazione all’essere del soggetto.

Lacan-etico

Il terzo volto di Lacan è quello etico. È il volto che si manifesta nella centralità che assumono nella sua opera le figure del desiderio e del godimento. La figura del desiderio permette a Lacan di gettare un ponte fondamentale tra l’esperienza freudiana del soggetto dell’inconscio e la filosofi a esistenzialista che egli fa risalire alla lettura kojèviana di Hegel.

In questa prospettiva Lacan pensa il più radicalmente possibile il carattere strutturalmente leso dell’esistenza che aveva catalizzato in particolare il pensiero heideggeriano di Essere e tempo L’essere il nulla’“al di là-matemicontologica (È metaphxyx-matemagià-ontology-È-matemiK