RECE- Sangue e Viscere di Maja Bartok, di Luca Negri

Cari, ipocriti, lettori di questo post, miei doppi, miei fratelli, benvenuti nella prima recensione ospitata su questo blog. Potrebbe anche essere l’ultima. Avrebbe dovuto essere la quinta. All’inizio dell’anno (duemilaventiquattro) mi ero ripromesso di scrivere una recensione ogni mese. Ogni mese avrei recensito un’avventura per giochi di ruolo scritta in italiano per italiani. Mi ero lanciato questa sfida. Ovviamente come tutti possono constatare dal fatto che è fine maggio, ho perso alla grande, ma si è sempre in tempo per perdere meglio. Nei prossimi mesi proverò a tenere il ritmo e magari a mettermi in pari. Se avete consigli su avventure interessanti da recensire, li accetto volentieri (ma non prometto niente).

Chi mi conosce sa dove trovarmi, gli altri possono chiamarmi Dada Dan Akiko e passare a salutare nel gruppo Telegram t.me/osritalia o nei miei DM t.me/Moldvay82. Da una dozzina d’anni bazzico il mondo OSR, prima anglofono e poi, da quando esiste, italiano. Anni fa andavo predicando che alla scena OSR italiana servivano più eventi di gioco, più fanzine e più recensione. Se cercate eventi di gioco OSR vi basta mettervi in contatto con Alleanza OSR Pizza. Sulle fanzine si può fare molto; nel mio piccolo do una mano a Fallimento Assicurato, che è una fanza bellissima, da cui recentemente è pure uscito un gioco Cyberpunk come non se ne sono mai visti. Per quanto riguarda le rece… eccoci qua.

Ho deciso di iniziare questa serie con Sangue e Viscere di Maja Bartok, di Luka Negri. L'avventura è stata creata dal suo autore nell’ambito del Vecchio Carnevale Blogghereccio di Gennaio 2023. (Se non sapete cos’è il Vecchio Carnevale Blogghereccio informatevi, è una cosa proprio figa). La cornice del VCB è importante, perché impone ai partecipanti un ritmo creativo piuttosto serrato: di solito c’è poco tempo per lavorare sui dettagli o per playtestare un’avventura. Da qui in avanti parlerò dell'avventura nei dettagli, quindi se non volete spoiler fermatevi e andate a farvi un té.

Sangue e Viscere di Maja Bartok è un’avventura investigativa, almeno nello spunto iniziale, che si svolge in un villaggio di confine lontano dei centri della civiltà. In appena quattro pagine, per di più sottoutilizzate, l’autore presenta un “caso” che domanda di essere risolto, un abbozzo di setting, una manciata di png che possono alimentare un discreto faction play, un covo di mostri e uno zic di terre selvagge. Si tratta di un prodotto più complesso di quanto appaia, emotivamente molto carico, che spinge in direzioni insospettabili. Dare ordine all’apparente caos del testo è già una forma di prep. Non si tratta di un testo semplice, o rapido da usare. Il mistero che ne costituisce il cuore spingerà il lettore avvertito a tornare più volte su questa avventura (come un cane sul proprio vomito). La stragrande maggioranza di noi la troverà insipida, inconcludente o prona allo schock fine a sé. L’autore è prolifico, di certo troverete qualcosa di suo che vi garba.

La prima cosa che si nota approcciando S&VdMB è che è un’avventura corta. Si tratta di quattro pagine a fondo bianco, impaginate su due colonne e illustrate dallo stesso autore (che è capacino in queste cose). La prima pagina presenta il villaggio e 4 png (la prima, Maja BArtok, è scomparsa). Nella seconda pagina vengono descritti alcuni luoghi appena fuori dal villaggio, tutti più o meno scopertamente legati alla morte e ai morti; qui viene presentato anche un png particolare, un mago che in realtà è l’arcidemone Orcus sotto mentite spoglie (!!!). La Terza pagina e parte della quarta sono occupate dalla descrizione di un dungeon di 8 stanze occupato da orchi antropofagi. In quel che resta dell’ultima pagina c’è un accenno a un’altra location e un piccola tabella dei mostri erranti. La distribuzione dei contenuti sembra orrendamente sbilanciata. I png ricevono una descrizione sommaria, ma molto densa e efficace. Agli orchi è riservato il trattamento opposto: uno spazio ampio, una caratterizzazione meno netta e più diluita. Il dungeon oltretutto non è niente di memorabile, otto stanze malamente jaquaysate, immagini disturbanti ma nulla di trascendente. Insomma, la sensazione che ci sia qualcosa che non va pervade tutta l’avventura. Chiunque abbia provato a scrivere un One Page Dungeon sa che la sintesi non è facile, e che quando si hanno poche pagine ogni riga conta. Leggendo S&VdMB si ha la sensazione che larghe parti dell’avventura non contino, o contino poco. Quando la si rilegge si nota quanto sia front-loaded: Nella prima pagina si trova quasi tutto ciò che serve per portare al tavolo questa avventura. Il resto è molto importante per impostare l’atmosfere. E si tratta di un’atmosfera parecchio lugubre. Scrivere avventure brevi non è facile. Luca Negri è forse il più prolifico e il migliore autore di brevi che abbiamo in italia in questo momento. E qui si vede: invece che descrivere al lettore come si dovrebbe comportare o sentire al tavolo, la forma grafica poetica dell’avventura aiuta a impostare un certo mood. Un mood nervoso, sfiduciato, malinconico, panicoso. Roba da death metal e grunge.

Scrivere avventure brevi è un’esperienza necessaria nel curriculum di un autore. In un certo senso le avventure brevi sono la forma di avventura più candida e perfetta. Tutte le avventure hanno le caratteristiche di quelle brevi, solo che alcune sono abbastanza lunghe da nasconderlo. Quali sono le caratteristiche tipiche delle avventure brevi? A mio parere due. La prima è che sono (devono essere) comunicativamente sature. La seconda è che sono (devono essere) tematicamente insature. Le avventure brevi sono rovine (e spesso parlano di rovine). Lo sguardo che dovrebbero attirare è quello rivolto da Piranesi ai ruderi romani: resti resi più significativi dalla loro stessa incompletezza. Dunque, un autore capace e padrone del suo mezzo, può sfruttare i limiti imposti dalla brevità del suo testo e creare un prodotto sbilanciato, il cui sbilanciamento sia però comunicativo e fecondo per chi dovrà portare l’avventura al tavolo.

S&VdMB si colloca alla perfezione nel canone OSR del “creare situazioni e non storie”. Non viene proposto nessuno sviluppo di eventi. Non c’è nemmeno un invito esplicito a investigare sulla morte di Maja. Nessuno chiede ai giocatori di porsi in un modo specifico nei confronti del materiale di questa avventura. Il principio di “situazioni non storie” è applicato in maniera così radicale da risultare quasi snervante. Sempre che in questo fottuto villaggio nessuno voglia fare niente, in realtà. I PG possono arrivare, accorgersi di essere circondati da pezzenti, e andarsene, e nessuno batterebbe ciglio. Possono arrivare, sgominare gli orchi (perché siamo avventurieri dopo tutto, no?) e andarsene a fare in cuo nel prossimo esagono, lamentandosi del tesoro scarso e del Luca Negri che non scrive più le avventure di una volta e da quando è diventato famoso sembra no abbia più voglia di lavorare. Non c’è nulla, nulla, che spinga i giocatori a interagire in maniera più che superficiale con questo posto dimenticato dagli dei. Se lo fanno, è perchè l’hanno voluto loro. Punto. Ci sono dei segreti, certo. Per lo più miserabili. I PG possono scoprirli, ma non si tratta di chissà quali rivelazioni. Orcus stesso è qui perché non ha niente di meglio da fare. Sembra un po’ Ken Park senza sesso, o Mystic River senza mafia.

Ad ogni buon conto qui c’è una ragazza scomparsa, e in qualche modo la situazione invita all’investigazione. Ok, l’invito non viene dal testo, ma il bisogno di trovare un senso a ogni abuso e un colpevole per ogni crimine è connaturato a ogni lettore. Nei gialli non c’è sempre un colpevole, l’importante è l’investigazione. Però quando manca il colpevole manca qualcosa di importante. Finché non c’è il colpevole, di solito c’è energia (come dimostra il successo dei podcast cold case). In realtà poi questo non vale per S&VdMB, perché l’avventura ha un’impostazione così anticlimatica da far dimenticare presto la poveretta. Anche il ritrovamento di un corpo che corrisponde alla descrizione, adombrato nell’ultima riga dell’avventura, non costituisce una grande rivelazione. Un esempio di giallo senza colpevole è la serie classica di Twin Peaks. Lì però c’era un rispetto vivo, e persino dell’affetto, per la povera Laura Palmer. Di Mja si può dire solo che era figlia di uno ricco, che era gentile e che è scomparsa.

Il vuoto lasciato da questa poveretta sventurata potrebbe tornare ad affacciarsi al tavolo da gioco in momenti improbabili. “Davvero stiamo qui a esplorare rovine per raccogliere una manciata di monete d’argento, mentre in giro c'è qualcuno che rapisce le ragazzine?” Questa domanda potrebbe sorprendere i giocatori per la sua brutale onestà e per la sua struttura ricorsiva. Nel nulla che è Maja c’è qualcosa che penetra la quarta parete e lascia disturbati e un po’ nauseati. All’improvviso gli orchi cannibali non sono più roba da copertina di album metal. E se fosse Maja quella che stanno mangiando? Hai lo stomaco di controllare?

Strutturalmente l’avventura è anti-jaquaysata. Si costituisce come una serie di vicoli ciechi che si irraggiano dal suo centro tematico, alcuni più lunghi altri più brevi. In comune hanno il fatto che non si va da nessuna parte. Giocare una struttura simile può essere complesso, perché il giocatore medio, nella situazione media, può sentirsi preso in giro. Luca Negri ha la fama di un master sornione, ma questa è l’unica sua avventura che non mi pare si adatti a uno stile sornione, a meno che non se ne voglia fare la parodia: il sardonico.

Un altro problema che si può incontrare leggendola è che è disperatamente povera di dettagli. I pochi png sono descritti a pennellate fulminanti. Se ciò è assolutamente perfetto per il villaggio in generale, può risultare un po’ ostico per i singoli personaggi. Inoltre i png sono proprio pochi, e il faction play potrebbe non innescarsi. Senza una dotazione sufficiente di dettagli (che a mio parere qui manca) si corre il rischio di non imbeccare a sufficienza la creatività del master. Il vocabolario del master rischia di essere un po’ povero, e se le cose vanno male questa povertà rischia di indirizzare la storia più di qualunque rairoad. Serve un poco più di carne, e un master con un minimo di esperienza si accorge subito di dovercela mettere (ancora, questa avventura chiama più prep di quanto non sembri. Certo non è facile mantenere il giusto equilibrio tra desaturazione tematica e comunicazione chiara, e forse sbagliare per difetto è meglio che sbagliare per eccesso. Di certo l’autore avrebbe potuto rosicchiare un po’ di spazio dalle descrizioni del dungeon e dare qualche altro esempio della sua prosa essenziale e potente.

In definitiva un’avventura ricca, non facile. Un'avventura molto triste. La trovate in pay what you want sull’Itch dell’autore: https://luca-negri.itch.io/sangue-e-viscere-di-maja-bartok