Giacomo Mariani

Big Data for Little Humans

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Non sono un cultore di documentari: quando ero davvero appassionato di cinema non mi sono mai soffermato sulla possibilità di raccontare storie reali, preso com'ero a leggere manuali di sceneggiatura e cercare, con una mia logica personalissima, di studiarmi i classici seguendo un ordine di complessità. La mia idea di cinema è sempre stata quella dell'emanazione della coscienza creativa di un certo numero di persone, che partendo da un'idea costruiscono un lavoro che è l'incastro perfetto di un milione di altri lavori. È lo stesso fascino per i sistemi interconnessi che mi porta a provare un brivido di eccitatzione ogni volta che vedo un diagramma di architettura a microservizi. Per The Choice invece quello che mi si è formato in testa è stato tutto un altro genere di pensiero: ho sentito dentro di me lo sforzo degli autori di raccontare una storia attuale, non completamente dipanata, tenendo lontana la trappola del film a tesi. Ho avvertito questa sensazione come fosse mia, l'ho apprezzata, e arrivato in fondo alla visione ho sentito che quello sforzo aveva prodotto il miglior risultato che ci si potesse aspettare. Ma mettiamo una cosa davanti all'altra.

The Choice, prodotto da Unozerozerouno, racconta la storia del Movimento Cinque Stelle, e nello specifico della Piattaforma Rousseau, attraverso le parole dei programmatori che ci hanno lavorato e di una delle persone che l'hanno violata, ma non solo. Figure a metà tra il tecnico e il creativo, come David Puente, oggi uno dei più stimati debunker d'Italia, e Marco Canestrari, ex braccio destro di Casaleggio, che dopo il trasferimento a Londra è diventato blogger e scrittore, grande biografo e cacciatore di retroscena del Movimento. Ma anche la grande razionalità di Luigi Gubello, aka evariste.gal0is, studente di matematica che scovando una falla da prima lezione di penetration testing si è ritrovato in una situazione molto più grave di quello che si potesse immaginare di gestire.

David Puente

È un film, The Choice, che racconta la storia del leader carismatico di un avanguardistico laboratorio di democrazia diretta, il quale però si rivela essere un piano di controllo sistematico dell'opinione pubblica attraverso campagne marketing gestite e studiate in modo certosino da professionisti del settore. Tutto questo nel tempo di un episodio medio di un serie TV (dura 46 minuti) e postato gratuitamente su Vimeo. Un film che mantiene per tutta la sua durata una tensione costante, gestendo l'intensità del racconto con grande precisione. Asciugando quanto possibile tutti gli elementi esterni per concentrare l'attenzione su chi sta parlando, curando con maestria la fotografia in modo che ricordi il Fincher metropolitano di The Social Network ma anche l'Oliver Stone di Snowden, concedendosi durante i titoli di testa delle inquadrature su schede madri e componenti varie che ricordano Blackhat di Michael Mann.

Tutto questo, abbiamo detto, evitando di esporre una tesi e poi cercando solo di validarla con i fatti. Il documentario si tiene sul vago, lascia parlare chi ha accettato di farlo davanti ad una videocamera ed espone diversi punti di vista senza interrompere, senza tagliare. Pulito, puntuale, preciso come un articolo di giornale di quelli che in Italia non se ne fanno più. L'immagine che ne viene fuori è quella di una scatola grande e vuota, che poteva essere riempita da molteplici punti di vista. E la mancata partecipazione delle alte sfere dei Cinque Stelle ha sì svuotato di una parte sostanziosa che poteva essere raccontata, ma ha anche fornito un messaggio chiaro e puntuale, molto più dei fiumi di parole che potevano essere spesi.

Se non si fosse ancora capito: guardate The Choice, tutti voi. Parlatene, dategli risonanza. I ragazzi di Unozerozerouno meritano di fare altro, di fare meglio, di fare di più.

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