Sacchi Rossi al governo

Fan-art di Ultros, da Final Fantasy VI Fonte dell'immagine

Benvenuti o ben tornati su “Sacchi Rossi”, il blog delle lagne contro la burocrazia dell'universo.

L'argomento di oggi eccolo qua: “Accertato che il ministero dell'Istruzione indossa un grosso Sacco Rosso.”

Eh sì. Se ne è messo uno in testa e gli piace tanto tanto, così temo non se lo toglierà più. Qualcuno potrà obiettarmi che ce lo aveva pure prima e – ohimè – non gli si potrebbe dire di no. In fondo le cartacce (reali o virtuali) a chi governa piacciono da morire (e ogni tanto infatti qualcuno ne muore): se poi si parla di “istruzione” allora ci va a nozze! Solo che non ce lo dice, perché quello che il suddetto ministero si vanta di fare, invece, è di star trasformando la scuola in una fabbrica di “competenze per la vita”. Benone. Come lo fa? Ovviamente attraverso un bel set di griglie da crocettare, piene di parole in libertà, dove i poveri avverbi vengono tirati per i capelli per dare apparenza di varietà alle stronzate che scriviamo. Proprio così. Perché io – ri-ohimè – nella scuola ci insegno. (Si badi, stare coi ragazzi è stupendo, peccato che questa parte del mestiere consista sì e no nel trenta per cento del mio tempo-lavoro, e che il resto sia dedicato a tanta fuffa e muffa). Dall'alto della mia esperienza (=_=), dunque, vi sottopongo un simpatico esempio di come viene scritta una griglia di valutazione. L'ho inventata adesso, ma la dicitura definitiva vi giuro che è vera, viene dai “Traguardi per le competenze” dettati dal ministero nel 2012. E andiamo. – Livello basso (per carità, basso non si può dire: si dice “in via di acquisizione”): “L’allievo interagisce, guidato dall'adulto, in diverse situazioni comunicative.” Leggere: l'allievo si esprime, ma bisogna dargli una mano perché riesca a farsi capire. – Livello medio-basso (no, dai...facciamo “base”, che suona meglio!): “L’allievo interagisce in diverse situazioni comunicative, attraverso modalità dialogiche abbastanza rispettose delle idee degli altri”. Leggere: comunica, ma non sta a sentire o parla addosso ai compagni. – Livello medio: “L’allievo interagisce in diverse situazioni comunicative, attraverso modalità dialogiche quasi sempre rispettose delle idee degli altri.” Ok, questo ragazzino sa dire la sua e sta imparando a rispettare i turni di parola. – Livello medio-alto: “L’allievo interagisce in diverse situazioni comunicative, attraverso modalità dialogiche sempre rispettose delle idee degli altri.” Ovvero: è un buon conversatore/ascoltatore. – Livello alto: “L’allievo interagisce in modo efficace in diverse situazioni comunicative, attraverso modalità dialogiche sempre rispettose delle idee degli altri.” Cioè, non solo è un buon conversatore/ascoltatore ma è pure particolarmente persuasivo e brillante (e qui ci sarebbe da aprire una parentesi su chi esprime questo giudizio e con che criteri).

Ed ora, giochetto: trovate dove stanno le differenze tra le varie diciture! ... Lo avete fatto? Bene. Pensate a quanta fatica quei piccoli dettagli sono costati a un disgraziato di docente, che si è spremuto per ore insieme ai suoi colleghi su quei “quasi” e su quegli “abbastanza”, o sull'abusato “guidato dall'adulto”. Il tutto per rispecchiare il fatto che un ragazzino può saper dialogare in maniere diverse e deve crescere in questo...insomma, una roba normale che vogliamo però far suonare “alta”, “importante”, “figa” e soprattutto difficile, perché quanto più le parole son difficili tanto più son fighe, no? E in tutto ciò, poveri avverbi. Non vi immaginate le violenze quotidiane che subiscono gli innumerevoli “a volte”, “spesso”, “sempre”...per non parlare dei “generalmente”, tanto amati dal linguaggio scolastico.

Per carità, ho colleghi a cui questo sistema piace. Magari ci si orientano bene, gli rende più facile valutare. Ma vale la pena investirci tanto tempo? E le famiglie lo capiscono? Non mi ci soffermerò perché vorrei tornarci un'altra volta. Restiamo invece sui Sacchi Rossi. Anzi, sul Sacco Rosso di oggi: l'esame di terza media. Torno fresca fresca da una riunione (che doveva durare un'ora e ne è durate tre, ma di che ti lamenti, razza di sfaccendato di un impiegato pubblico? Sei in smart working, in fondo sei seduto sul tuo divano, no? Quindi zitto e sgobba). Ci siamo incontrati per discutere della “nuova modalità d'esame”. Ops. Nuova? Sì. Cazzo. Perché? Perché con il pretesto di “semplificare” l'esame a causa di questi anni difficili e per venire incontro alle “esigenze di sanificazione” (in sostanza, studenti e docenti non possono passarsi di mano in mano fogli pericolosamente infetti) sono state eliminate le prove scritte. E ok. Ce ne faremo una ragione. Con cosa vengono sostituite? Con un elaborato che (cito) “consente l’impiego di conoscenze, abilità e competenze acquisite sia nell’ambito del percorso di studi, sia in contesti di vita personale, in una logica di integrazione tra gli apprendimenti. L’elaborato consiste in un prodotto originale, coerente con la tematica assegnata dal consiglio di classe, e può essere realizzato sotto forma di testo scritto, presentazione anche multimediale, mappa o insieme di mappe, filmato, produzione artistica o tecnico-pratica”. Benissimo. Peccato che questi ragazzi, in tre anni di scuola media, non avevano mai sentito parlare di una modalità d'esame di questo tipo, ed erano arrivati ad oggi con un'altra idea. Vabbé, dai – ti autoconsoli – la costruzione dell'elaborato può essere un'esperienza stimolante, e poi non hanno gli scritti, piangeranno con un occhio solo! E invece no. Perché l'esame non si limita a questo. L'esame pretende di accertare le competenze linguistiche, civiche, logico matematiche, di risoluzione dei problemi, di padronanza delle lingue straniere eccetera eccetera attraverso un colloquio, che non riguarda solo l'elaborato. In sostanza, bisogna far parlare i ragazzi facendogli domande che attestino quelle competenze (dio, che parola di moda...la più taggata del mondo capitalista), senza – attenzione attenzione – ricadere nel “disciplinare”. Cosa significa? Che gli alunni, semplicemente, non vengono a sedersi davanti alla commissione con degli argomenti che avevano precedentemente preparato. Tremenda notizia per i timidi e gli insicuri. Ma ammettiamo pure che possa esser giusto. Che renda l'esame più “reale”, più autentico. Che possa esser persino auspicabile. Che possa diventare uno spunto per uscire dalla settorialità delle “materie” e tante altre belle cose, come ritiene il mio dirigente. ... Però questi ragazzi, che hanno vissuto due anni in cui le loro piccole certezze sono andate in frantumi e il mondo gli è cambiato sotto gli occhi, non avevano bisogno di cambiamenti ORA. Ora, proprio ora avevano bisogno di consuetudine e noia. Avevano bisogno di fare questo esame come lo avevano fatto i loro fratelli maggiori ed i loro genitori. Ne avevano bisogno, perché stanno vivendo questi orribili anni. E invece il nostro ministero dell'istruzione – nel mezzo di una pandemia globale, mentre ci sembra normale chiudere la gente in casa e impedirgli di stare vicino persino ad un malato grave in ospedale – trova normale divertirsi a fare innovazioni. A dicembre ha persino imposto ai docenti delle scuole primarie di cambiare completamente il modo di mettere i voti (a dicembre, già... per le pagelle di gennaio!). Altro che banchi a rotelle. Lo trova divertente? Io no.