Le donne anziane, vittime dimenticate dei femminicidi

Articolo di Cécile Andrzejewski apparso su Mediapart il 7 dicembre 2020, tradotto da me.

Le donne con più di 70 anni rappresentano la seconda fascia d'età più colpita da questo tipo di omicidi. Ma i processi sono rari per questi atti ancora spesso qualificati, a torto, come "suicidi altruisti".


Skype è diventato grigio. La piccola luce che mostra se si è connessi è diventata grigia. E quella dell'account di mia mamma era sempre verde, sempre. L'estate è appena cominciata, siamo nel giugno del 2019 e Nadia, che vive negli Stati Uniti, comincia a preoccuparsi. Sua madre, Chantal, non risponde più alle sue chiamate. Certo, le due donne si sono parlate il giorno prima ma, di solito, si parlano tutti i giorni. Anche io avevo parlato con la mamma, sabato. Ma domenica, nessuna notizia. Il lunedì, nessuna notizia, racconta Amina, la sorella di Nadia. All'epoca quest'ultima viveva in Francia, nella regione parigina. Come sua sorella, anche lei ha l'abitudine di chiaccherare con la madre. La nostra vita era così.

È a questo punto della storia che questo telefono che suona a vuoto comincia ad inquietarla. C'è forse un problema di connessione nel villaggio dei Paesi Baschi dove abitano Chantal, 72 anni, e suo marito Jean, 90? Amina dà come missione a sua figlia, che vive nella regione di Bordeaux, di contattare il comune, per sicurezza. Nello stesso momento, la donna delle pulizie di Chantal et Jean trova la casa completamente chiusa. Anche lei preoccupata, decide di chiamare i pompieri. È stato allora che abbiamo saputo che era finita.

Nella casa bianca dagli scuri rossi - una fattoria che la mamma aveva trasformato in un castello - giacciono i corpi di Chantal e Jean. Lei sul divano e lui sul pavimento, un fucile da caccia al suo fianco, l'arma di cui si è servito per uccidere la moglie, prima di suicidarsi. Amina apprende la notizia della morte di sua madre dalla figlia. Come per negare l'evidenza, il sindaco della città avrebbe dichiarato alla ragazza che sua nonna "si era tolta la vita". Al volante su una strada americana, Nadia riceve una telefonata dalla sorella. Accosta. Spegni la macchina. Togli le chiavi, le dirà Amina.

Jean ha ucciso Chantal montre dormiva, sparandole a distanza ravvicinata, la carabina puntata sulla mascella. Quando il suo corpo è stato ritrovato, un lenzuolo le era stato appoggiato sul viso. Non ha voluto guardare il suo atto in faccia, dice Nadia. Un atto premeditato, secondo le due sorelle. Il primo elemento che salta all'occhio è una lettera lunga diverse pagine che il novantenne, sposato con Chantal dal 2006, ha lasciato come testamento. Nella lettera l'uomo parla della sorella, del sindaco del villaggio, dei preti dei dintorni e di avvenimenti vecchi di diversi decenni. Non menzionerà mai sua moglie. Una lettera così lunga e così ben scritta che non ha potuto scriverla il giorno stesso, affermano le due figlie di Chantal.

E, soprattutto, c'è il fucile. La carabina faceva la ruggine da molto tempo nel granaio, come i bossoli utilizzati per commettere il crimine. Ma verso le 19 di domenica, i vicini hanno visto Jean scendere nel campo, per poi sentire una detonazione, come se avesse voluto verificare che il fucile funzionasse ancora. Ha voluto provare l'arma in quel momento. Abbiamo cercato il bossolo nel campo, sospira Amina.

Dopo l'omicidio, le due sorelle sono restate qualche giorno sul luogo del crimine. Per occuparsi dei gatti, dei cani e degli asini della madre - la prova, secondo loro, che Chantal non avrebbe acconsentito alla morte: Non avrebbe mai lasciato gli animali così. Una volta entrate nella casa, le due quarantenni hanno cercato di ricostruire i fatti delle ultime ore della madre, prestando attenzione ai dettagli più piccoli ed ordinari.

Quella domenica sera, Chantal ha preparato la cena per Jean ma non ha mangiato, cosa che succedeva, a volte. Il piatto sporco attendeva ancora nel lavandino di essere lavato. Nel bagno restano ancora i vestiti sporchi che il novantenne aveva lasciato dopo aver fatto la doccia, come era sua abitudine.

Davanti alla scrivania, però, manca qualcosa: il foglio sul quale Chantal aveva annotato i numeri di telefono delle figlie. Di solito appeso al muro, il foglio era scomparso. Nadia e Amina lo ritroveranno nell'hangar, là dove Jean aveva l'abitudine di bruciare i piccoli rifiuti. Ha avuto la presenza di spirito di strappare questo foglio e di gettarlo nel cumulo delle cose da bruciare, dice indignata Amina.

Sulla scrivania, le due sorelle ritrovano la domanda di rilascio del passaporto preparata dalla madre. Avevano previsto di passare l'estate in Marocco, tra donne. Jean non si allontanava mai dal villaggio, mentre Chantal aveva viaggiato spesso prima di conoscerlo attraverso un annuncio del giornale Chasseur français. Aveva l'abitudine di muoversi, viaggiare, e ha lasciato tutto per stare con lui. Quell'estate, avremmo dovuto trovarci. È da lì che è cominciato il dramma. Secondo le figlie di Chantal, il novantenne non avrebbe semplicemente sopportato l'idea che la moglie l'avrebbe lasciato solo durante questa vacanza.

Dopo l'omicidio, nel villaggio girava la storia di un "patto suicidario", un'altra versione del "suicidio altruista", un concetto a cui fanno eco a volte i media e le autorità quando una donna anziana è uccisa dal compagno. Basta dare un'occhiata ai calcoli fatti, nel 2020, dal collettivo Féminicides par compagnon ou ex per rendersi conto della diffusione di questo dramma.

Sugli 87 femminicidi attualmente contati nel 2020, 14 hanno a che fare con donne di più di 70 anni. In 9 di questi casi, il marito si è poi suicidato. 2 di questi hanno cercato di togliersi la vita. Spesso viene ritrovata una lettera dove l'omicida tenta di giustificare il suo gesto.

Ci si legge, con tragica regolarità, della malattia della moglie, della sua pesante patologia, del suo indebolimento e del suo stato di salute degradato. Spesso anche di vecchiaia e d'isolamento. Arrivati ad una certa età, si parla di "suicidio altruista". Quando l'anziana è malata, quando non può più rispondere del suo ruolo di donna della casa, di domestica, il marito/compagno decide di sbarazzarsene infuria Sandrine Bouchait, presidente dell'Union nationale des familles de féminicide (UNFF). Queste donne non scappano dal marito attraverso la separazione, ma in altra maniera, attraverso la malattia, la vecchiaia.

Ritornando ai Paesi Baschi, Chantal non era malata, era riuscita anche a guarire da un cancro. Con questo passaporto e questo viaggio programmato per il Marocco, però, le figlie credono che Jean abbia pensato che se ne sarebbe andata per sempre.

È un dato ancora poco conosciuto, ma le donne di 70 anni e più, rappresentano la seconda fascia d'età più toccata dai femminicidi, secondo lo studio nazionale sulle morti violente all'interno della coppia, uno studio pubblicato lo scorso agosto. Dal 2006, la Délégation aux victimes (DAV), struttura comune alla police nationale e alla gendarmerie nationale, conduce tutti gli anni quest'inchiesta analizzando individualmente ogni decesso, "al di là della commissione dei fatti e della loro qualifica penale".

Nel 2019, sulle 146 vittime recensite da questo studio, trenta avevano più di 70 anni. Per ciò che riguarda gli autori, la fascia dei 70 anni e più è la più rappresentata. Nel 2020, la prima vittima recensita dal collettivo Féminicides par compagnon ou ex, Raymonde, era una donna ottantenne, malata. Quando le vittime hanno più di 70 anni, la metà di queste sono state uccise a causa della loro malattia, della loro vecchiaia e/o quella dell'autore (15 donne su 30), dice l'inchiesta della DAV.

Quando una donna è malata, quando non adempie più al suo ruolo domestico, si mette in atto una separazione. I mariti/compagni dovranno occuparsi delle faccende di casa e questo è per loro insopportabile. Gli uomini non sono educati al "care", ma abituati ad essere serviti, soprattutto quando si tratta di questa generazione dice Julia, del collettivo Féminicides par compagnon ou ex. Julia sottolinea l'ironia del fatto che, in Francia, la maggioranza delle persone che si prendono cura del* compagn* sono delle donne - 59,5% secondo uno studio della DREES (Direction de la recherche, des études, de l'évaluation et des statistiques) apparso nel 2019. Ma allora perché queste donne non uccidono il marito malato?

Questi femminicidi di donne anziane restano ancora poco visibili. Già da vive, dopo i 60 anni, si diventa trasparenti, ma da morte, lo si è doppiamente, s'indigna Julia. A questo si aggiunge il fatto che le azioni in ambito giudiziario sono particolarmente rare. Nella maggior parte dei casi, il compagno/marito si suicida, quindi c'è l'estinzione dell'azione pubblica, spiega Sandrine Bouchait.

Questo non significa però che non sia stata iniziata nessuna inchiesta. Nel maggio scorso, a Anglet (Pyrénées-Atlantiques), un uomo di 89 anni ha ucciso la moglie di 83 anni, prime di girare l'arma verso se stesso. Sul posto viene ritrovata una lettera, scritta dal marito. La lettera non parla del disagio di occuparsi delle faccende domestiche, ma il procuratore della Repubblica di Bayonne, Jérôme Bourrier, si rifiuta di parlare di suicidio di coppia.

In effetti, l'autore è morto, quindi sussiste l'estinzione dell'azione pubblica. Abbiamo però condotto un'inchiesta per omicidio volontario di congiunto, realizzando delle autopsie, delle investigazioni tra il vicinato... Da una parte, ha ucciso la moglie. Dall'altra parte, certo, c'è questa lettera, dove condivide une situazione di difficoltà dovuta anche alla malattia della moglie. Questa resta però una lettera scritta dall'autore e l'autore può motivare il suo gesto comme preferisce, afferma Jérôme Bourrier. Niente prova in effetti che la vittima avesse chiesto di morire. Possiamo anche immaginare che l'autore non sopportasse di vedere la moglie malata.

In questi eventi, il suicidio offre all'autore un'immagine da martire, da eroe, dice Julia, dispiaciuta. Sentiamo spesso dire : "Almeno, si è dato la morte." Nel frattempo, però, si ridiscute ancora del consenso delle donne. Il loro consenso ad essere uccise. Ebbene, come affermare che una signora malata, non avendo più i mezzi per sopravvivere, abbia potuto acconsentire ad un tale atto?

La malattia d'Alzheimer non dà l'autorizzazione ad uccidere, ha affermato Paul Rabesandratana, sostituto generale della corte d'assise nell'Isère, nel novembre 2017. Davanti a lui, Hubert Ougier, uomo di 81 anni che, due anni prima, aveva soffocato Nicole, sua moglie malata, con un cuscino. Era dura con me, arrivava a prendersela con me perché ci avevo messo troppo tempo per fare le spese. Alla fine, era diventata dipendente da me e dovevo lavarla, farle da mangiare. Quella notte non avevo dormito e quando mi sono alzato, ho visto il cuscino e l'ho spinto contro il suo viso, non so perché. Dopo l'atto, ho cercato di suicidarmi, ma non sono riuscito a farlo, racconta l'ottantenne. Ciò non è bastato a convincere il sostituto generale del fatto che si trattasse di un "suicidio altruista", perché non esiste giustificazione a questo crimine.

Ha cercato di dibattersi e ha gridato di fermarsi. Non era d'accordo per niente, ma lui aveva già deciso, ricorda Me Flore Abadie O'Loughlin, avvocato del figlio della coppia, che si è costituito parte civile. La donna ha cercato di respingerlo, non ha avuto una fine pacifica. Secondo l'uomo, lei non voleva più vivere e, quindi, ha messo in atto questo gesto per renderle un ultimo favore. Ma non è questo il caso. Le persone malate d'Alzheimer non si rendono conto del loro stato e, soprattutto, la signora non aveva mai dimostrato il desiderio di mettere fine alla propria vita. In nessun momento.

L'avvocato rievoca anche la difficoltà della sua posizione di consigliera: il figlio della coppia sperava da una parte che giustizia fosse fatta per la madre, ma dall'altra che la pena per il padre non fosse troppo pesante. L'uomo voleva farci credere che agisse secondo una decisione comune, ma non era così. Non potevo però insistere troppo, sennò la pena sarebbe stata più grande di quella sperata dal figlio. Il processo per lui è stato ovviamente doloroso, preso tra l'amore per sua madre e il suo desiderio di risparmiare, malgrado tutto, suo padre.

Per aver soffocato la moglie, l'ottantenne è stato condannato a cinque anni di prigione con la condizionale. Il risultato non sarà mai perfetto, ma le cose hanno potuto essere dette apertamente, sottolinea Me Flore Abadie O'Loughlin.

La morte di Chantal non sarà mai giudicata in tribunale. Il suo assassino si è ucciso, non ci sarà un processo, non ci sarà giustizia, constata amaramente Amina. Le due sorelle si sono viste togliere anche la possibilità di vivere il proprio lutto, non potendo vedere la madre prima del funerale, a causa dell'autopsia. L'ultima immagine che ho di lei, è quella di mia madre in una scatola. Tutto ciò che posso immaginare, è che l'avesse sfigurata, dice Nadia, sospirando. È allora che le due sorelle, assieme alle loro figlie e ad altre persone, si sono riunite poco dopo l'omicidio, davanti al municipio del villaggio dove viveva Chantal. Volevamo esserci, mostrare che non lasceremo cadere nostra madre nell'oblio. Fino all'ultimo respiro.