Scienza e ideologia — In che rapporto stanno la divulgazione scientifica e la Scienza?

Di A. Baracca

Premesse

Forse è addirittura superfluo precisare che qui e in tutto il seguito userò grosse schematizzazioni e generalizzazioni, che per lo meno a me risultano necessarie e inevitabili. Scriverò “Scienza” con la S maiuscola per riferirmi alla Scienza ufficiale: non solo quella “accademica” o “istituzionale”, perché c’è – ad esempio, ma estremamente rilevante – tutto il settore, pubblico e privato, della ricerca per fini militari, di solito coperta da segreto soprattutto sui suoi risultati, e pertanto estranea, se non antitetica, a quelli che si definiscono lo spirito e i fini della Scienza. Ovviamente esula dai fini della mia analisi.

In che rapporto stanno la divulgazione scientifica e la Scienza?

A mio parere dominano e convivono a livello dei comuni mortali, ma anche della galassia di movimenti, comitati, ecc., due concezioni e atteggiamenti rispetto alla Scienza che giudico del tutto contrapposti, e contraddittori. Da un lato, infatti, i movimenti che si oppongono a tante scelte nefaste dettate dalle logiche di sfruttamento e speculazione capitalistici contestano radicalmente la validità di argomentazioni “scientifiche” portate a sostegno di queste scelte (con il supporto diretto di fior di scienziati e tecnici) e spacciate come “soluzioni scientifiche” e pertanto “oggettive”, criticandone invece la parzialità o/e direttamente l’impostazione “di parte”: basti pensare all’incenerimento dei rifiuti, o alla cosiddetta “agricoltura verde”.

Un aspetto non marginale è la crescente attenzione per la qualità del cibo, l’opposizione ai pesticidi e all’agrobusiness, alle multinazionali dell’alimentazione, e la speculare crescente ricerca di alimenti biologici. [1] Da questo punto di vista si può dire che la contestazione dell’oggettività assoluta della Scienza e il tema della “non neutralità” sollevati dalla contestazione studentesca del ‘68 siano diventate un patrimonio comune. Bisogna precisare che di solito quello che viene criticata non è la Scienza in quanto tale, perché non si contesta che sia in grado di fornire le soluzioni dei problemi se venisse impostata secondo una diversa logica, non subalterna al potere: c’è quindi un concetto di committenza della Scienza. Ma non mancano correnti e atteggiamenti decisamente antiscientifici. Ma con questo atteggiamento critico convivono altri atteggiamenti che contrastano, o stridono apertamente. Il primo è la speculare avidità consumistica con cui vengono acriticamente accolte e adottate le innovazioni continue realizzate dalle multinazionali del settore, immediatamente superate da quelle successive: si diffonde la consapevolezza dei danni alla salute provocate dai campi elettromagnetici e dai telefoni cellulari, ma essa non sembra limitare la diffusione degli apparecchi, anche se si diffondono le norme cautelative sul loro uso. Questo aspetto esula però sia dalle mie competenze che dal tema di questo scritto. Un secondo aspetto, che è quello che intendo analizzare, contrasta a mio avviso con l’atteggiamento critico sugli usi della Scienza, ed è il dilagare della fascinazione, oserei dire fideistica, per i grandi costrutti della Scienza moderna, le teorie quantistiche e relativistiche, le grandi concezioni dell’astronomia e della cosmologia, e via dicendo. E più strane o anti-intuitive appaiono, più sembrano affascinare i non addetti ai lavori. Sembra una fuga, o un’evasione, dalla vita quotidiana, da una realtà che lascia molto a desiderare. Così dilagano e hanno grande presa saggi che espongono in termini che si vorrebbero intuitivi e fruibili dalle persone di cultura media, in forme che si presentano affascinanti, le concezioni scientifiche più avanzate, dalla “particella di Dio”, ai buchi neri, al mixing quantistico, e così via: praticamente tutto lo scibile. Saggi che stanno praticamente al lato opposto a quello delle consulenze scientifiche che convalidano scelte politiche contestate. Saggi quindi che avvallano di fatto una concezione, o un’ideologia, della Scienza coma attività neutra di indagine disinteressata della natura. Saggi, in ultima analisi, a mio parere decisamente apologetici.


C’è subito da fare un’osservazione di fondo. La Scienza moderna è diventata, soprattutto da un secolo a questa parte, sempre più formale e matematica, e qualsiasi rappresentazione intuitiva è assolutamente inadeguata. La Meccanica Quantistica si è sviluppata proprio negando che i concetti della nostra intuizione comune del mondo macroscopico in cui operiamo si possano applicare agli enti del mondo microscopico, atomi, molecole e loro aggregati, o addirittura oggetti sub-atomici. Un classico esempio è il “dualismo onda-particella”, un elettrone (o atomo, o molecola) non è riconducibile a nessuno dei due concetti, presenta simultaneamente caratteristiche che nel nostro mondo macroscopico associamo o alle particelle o alle onde, ma il nostro linguaggio ordinario è assolutamente inadeguato a descrivere o rappresentare questi oggetti. Non è più come ai tempi delle concezioni e teorie meccanicistiche dell’Ottocento, nelle quali il riferimento intuitivo a palline, molle, o onde era adeguato a farsi una rappresentazione concreta e intuitiva di teorie anche matematicamente molto complesse: la teoria elettromagnetica di Maxwell, o l’ottica ondulatoria, o la meccanica statistica, erano teorie matematiche complesse, ma la rappresentazione intuitiva dei loro risultati rifletteva abbastanza bene le loro concezioni. Questo non è più verto per la Meccanica Quantistica: come si può immaginare, rappresentare, il fatto che un elettrone singolo incontrando sulla sua traiettoria due fenditure separate passa simultaneamente dall’una e dall’altra? Nessun modello intuitivo, basato sui nostri concetti comuni, è in grado di fornirci una “rappresentazione” del fenomeno: esso si basa solo su equazioni astruse e calcoli matematici, capaci di riprodurre i dati degli esperimenti. È certo vero che questo fatto accade comunemente per un’onda, ed è la base del fenomeno della diffrazione e dell’interferenza, ma se anche riuscissimo a immaginare un elettrone come un’onda tale rappresentazione non riprodurrebbe altre proprietà dell’elettrone che sono invece “analoghe” al comportamento di una particella classica: insomma, solo il dualismo è in grado di riprodurre tutte le proprietà dell’elettrone, ma non è suscettibile di una rappresentazione intuitiva, va intesa come una espressione di un formalismo matematico estremamente complesso. La stessa cosa dicasi a maggior ragione per tutte le teorie, le concezioni, i modelli che si basano sulla Meccanica Quantistica. Qualcosa di analogo vale, in termini diversi, per le teorie relativistiche: come si può rappresentare concretamente una quarta dimensione, o addirittura un numero ancora maggiore di dimensioni che si presentano in altre teorie? Qualsiasi proposta di “rappresentazione” intuitiva può avere un fascino più o meno evocativo, ma il solo senso vero della concezione è puramente matematico. Lo stesso può dirsi per lo “spazio quadri-dimensionale curvo”, o l’immagine di un buco nero che incurva talmente le traiettorie della radiazione (in senso estremamente più complesso del concetto di un raggio luminoso, il termine traiettoria è una pura schematizzazione) che essa non fuoriesce dall’interno di questo oggetto: ma la pubblicità della “foto” di un buco nero ha affascinato tutto il mondo, anche se un’esigua minoranza capisce realmente di cosa si tratti (e confesso candidamente che io stesso con la preparazione fisica in campi completamente diversi devo conformarmi a questa rappresentazione, ma sono consapevole che capire veramente il fenomeno mi richiederebbe una preparazione specifica in astrofisica).


In definitiva, a mio parere rimane un abisso incolmabile fra la Scienza con i suoi contenuti formali estremamente distanti da qualsiasi rappresentazione intuitiva, e le descrizioni che ne vengono date nella saggistica destinata ai comuni mortali. Fra l’altro (ma richiederebbe un approfondimento specifico) questo è uno degli aspetti su cui si fonda il potere che la comunità scientifica detiene come depositaria di un sapere esclusivo: gli scienziati “spezzano il pane della Scienza” con un limite ben preciso, le spiegazioni che elargiscono ai comuni mortali si arrestano a una frontiera invalicabile, da qui in poi non potete capire!


Durante gli anni Settanta del secolo scorso, dopo la contestazione studentesca, fra i giovani scienziati che si proponevano di trasferire i temi della contestazione da un livello di formulazioni generali in concrete alternative di ricerca scientifica [2] maturò una forte critica a quella che veniva allora chiamata “divulgazione scientifica”, proprio per il fatto che diffonde un’immagine e una concezione ideologiche della Scienza dando l’illusione di poterla comprendere, ma in realtà escludendo i contenuti veri e le loro reali potenzialità e finalità. Prese avvio allora un progetto, che potremmo chiamare alternativo che, dichiarando apertamente l'impossibilità per le persone di comune cultura di penetrare realmente e dominare i contenuti scientifici, si proponeva di fornire invece la ricostruzione, su una base storico-materialista, delle motivazioni materiali, i concreti interessi di classe, i cambiamenti dell'organizzazione del lavoro, che sono stati concretamente all'origine dei cambiamenti scientifici avvenuti nel corso dello sviluppo del capitalismo: queste radici materiali sono effettivamente comprensibili dalla totalità delle persone, e forniscono strumenti per valutare le valenze delle trasformazioni scientifiche e delle loro applicazioni, e fornire così all’opinione pubblica concreti strumenti di controllo sullo sviluppo scientifico e le scelte della comunità scientifica. Valga come esempio, relativamente intuitivo, la nascita dei concetti formali di lavoro e di energia in Fisica contestualmente con lo sviluppo nel corso della Prima Rivoluzione Industriale del XVIIIo secolo in Inghilterra, con la formazione di una classe sociale che estrae il profitto dallo sfruttamento del lavoro degli operai, per cui il lavoro divenne una categoria sociale (nascita classe operaia) ed economica (plusvalore) concreti: al di là quindi del contenuto e degli sviluppi formali dei concetti energetici, anche una persona digiuna di scienze era in grado di cogliere la valenza degli sviluppi scientifici che ne sono derivati, e i legami fra Scienza e potere che ne sono derivati. Un convegno nazionale promosso nel 1981, uno dei primi incontri ambientalisti per discutere i legami fra le lotte ambientali e i rapporti di produzione, ebbe per titolo esplicitamente Entropia e Potere. [3] Da qui si sviluppò il progetto di ricostruzione storico materialistica dell'evoluzione delle trasformazioni della scienza moderna e contemporanea. Il progetto di fondo, molto ambizioso, era superare per questa via la profonda ignoranza in campo scientifico della popolazione italiana, e costruire una cultura, una consapevolezza scientifica di base, ma di massa, fondata su una conoscenza dei legami sostanziali delle scienze con lo sviluppo capitalistico. Questa impostazione comportava contestualmente la contestazione concreta del potere della cosiddetta “comunità scientifica”, che si fonda sulla dicotomia tra “l’esperto” e “la persona comune”, ovvero il fatto che gli scienziati “sanno” mentre i comuni mortali possono solo ascoltare e intuire, in modo qualitativo, e accettare. Una concretizzazione significativa di questa divaricazione venne negli anni Ottanta con le campagne contro i programmi nucleari nelle quali – a dispetto del fatto che la stragrande maggioranza dei fisici e degli ingeneri fosse recisamente a sostegno di questi programmi, contrastati da un manipolo di scienziati dissidenti – la maggioranza dei cittadini ignari di fisica e ingegneria nucleari capì perfettamente la sostanza del problema e determinò il successo del referendum popolare del 1987. Questo progetto che chiamerei di “alfabetizzazione scientifica di massa e di classe” ebbe sviluppi sostanziali [4] ed anche applicazioni nella didattica [5] delle scienze a tutti i livelli ma, tramontate le prospettive del movimento degli anni Settanta, è non solo rimasto minoritario, ma sembra oggi del tutto “fuori moda”, mentre imperversa invece una cultura che non esito a definire scientista. Ma sono convinto che l’atteggiamento di movimenti e comitati che si oppongono a tante scelte sostenute da fior di tecnici e scienziati sia stato anche l’erede di questa attività critica. Una delle cose che ha sedimentato è stata l’istituzione in tutti i corsi di laurea in Fisica delle università italiane del corso di Storia della Fisica: ma anche questi corsi si stanno oggi largamente esaurendo, negli atenei in cui i docenti che li svolgevano sono andati in pensione senza che ci sia stata la possibilità in questi decenni di trovare una posizione accademica per i tanti giovani che hanno preparato e discusso tesi di laurea con un taglio storico.


Ci sono state altre grandi ondate di contestazioni studentesche, la Pantera e l’Onda, le quali però non hanno ripreso la contestazione radicale della Scienza. E, come ho esposto all’inizio, oggi domina il contrasto a mio avviso vistoso, fra la fascinazione verso le meraviglie dei costrutti della Scienza, e lo scetticismo diffuso, quando non diventa opposizione aperta, per progetti o realizzazioni sostenute dai tecnici.

Note

[1] Mi sia consento un ricordo autobiografico: quando negli anni ‘70 si costituì a Firenze un “Collettivo Controinformazione Scienza”, composto di studenti e un paio di docenti di fisica e di chimica dell’università, e il primo impegno fu lo studio delle frodi alimentari, sulle quali fu stampato un primo libretto, “La Chimica nel Piatto”. [2] Per una discussione di questi sviluppi si veda A. Baracca e F. Del Santo, La giovane generazione dei fisici e il rinnovamento delle scienze in Italia negli anni Settanta, Altro 900, ottobre 2017. Link qui. [3] Angelo Baracca e Enzo Tiezzi, a cura di Entropia e Potere, materiali di Testi e Contesti, Clup-Clued, Milano, 1981. [4] Mi limito ad alcuni risultati iniziali, e ovviamente ricordo in particolare i miei contributi: una lunga serie di contributi sulla rivista Sapere nella serie diretta da Giulio Maccacaro; M. Cini e collaboratori, L’Ape e l’Architetto, 1976; A. Baracca e A. Rossi, Marxismo e Scienze Naturali, 1976; poi la pubblicazione nel 1979 di una nuova rivista concepita espressamente per approfondire questi temi critici, Testi e Contesti, della quale poterono uscire solo 9 numeri; la rivista SE Scienza-Esperienza, anch’essa interrotta dopo pochi anni. [5] Vi sono stati innumerevoli proposte didattiche specifiche, incontri e convegni dedicati, progetti generali, ecc. Non sono in grado di fare una panoramica completa ma ricordo bene ovviamente le mie personali: A. Baracca, Manuale Critico di Meccanica Statistica, 1979; un manuale innovativo di Fisica per i Licei con ampio sviluppo didattico dei più attuali sviluppi, A. Baracca e collaboratori, Fisica e Realtà, 1999. Link qui