Agente di commercio nel settore arredamento

Carlo Setola – Milano

“Appena si è saputo del Paziente uno, nessuno più ha voluto distendersi per la prova su un materasso in un negozio.”

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Che lavoro fai? Faccio l'agente di commercio nel settore arredamento. Vendo cucine, armadi, divani e materassi. Faccio da tramite tra le aziende che producono e i negozi che rivendono ai consumatori.

Raccontami dell'impatto che ha avuto la pandemia sul tuo lavoro. L'impatto sul nostro settore è stato devastante. I negozi di arredamento hanno ripreso per ultimi, sono stati chiusi dal 6 marzo al 18 maggio, due mesi e mezzo di buco completo di fatturato. Anzi, da noi in Lombardia le aziende hanno cominciato a non vendere più materassi dal giorno dopo del paziente uno. Appena si è saputo, nessuno più ha voluto distendersi per la prova su un materasso in un negozio. L'azienda con cui lavoro per i materassi, che è una multinazionale svedese, alla riapertura ha fornito ai miei clienti in omaggio 100 teli prova con tessuto antibatterico. Per cui ora se tu entri in un negozio a provare i materassi usi il telo e non sei a contatto con il materasso e il cuscino. Se no, anche adesso, nessuno proverebbe più i materassi.

Ma il paziente uno esattamente coi materassi cosa c'entra? C'è un legame specifico? No, però subito si è iniziato a parlarne: “il virus si attacca dall'aria, il virus si attacca ai vestiti” e immediatamente tutti hanno iniziato a dire “ma se si è seduto uno cinque minuti prima di me, che succede?” Hanno iniziato a esserci tutti gli studi, dura 70 ore sul rame, 48 ore sulla plastica, non si capiva niente. Sulla stoffa quanto dura? Boh. Quanto sopravvive il virus sui tessuti? Non si sa ancora adesso. Per cui abbiamo dovuto ovviare alla cosa e mandare ai nostri clienti i teli monouso per la prova dei materassi.

Stare chiusi due mesi è sicuramente tremendo. Però l'acquisto di mobili non è come tagliarsi i capelli: i tagli che non hai fatto a marzo e aprile ormai basta, non li recuperi più. O la benzina che non hai fatto. L'acquisto di mobili mi sembra più una cosa che la sposti in là nel tempo. Insomma: ora compenserete vendendo di più? Ci sono due correnti di pensiero. Una, che è quella che spero che avvenga – e che in parte sta già avvenendo – è che la gente è stata in casa due e mezzo, e quando la vedi 24 ore al giorno ti accorgi di tutte le cose che non funzionano: le antine della cucina sono storte, ho il divano che cade a pezzi e ci sto scomodo. E magari prima stavo tutto il giorno fuori, poi tornavo e mangiavo a casa e andavo a letto, invece adesso nel vivere la casa tutto il giorno ti accorgi delle cose che non funzionano, o le vuoi dare una sistemazione diversa, più funzionale. Noi avremo una spinta da quello sicuramente.

Sì. L'altro tema è: noi come rivenditori di arredamento facciamo un lavoro sul medio-alto livello; i nostri prezzi medi sono alti. Chi si potrà permettere i nostri arredamenti dopo il coronavirus? Chi è dipendente o dirigente ha perso poco potere d'acquisto, ma gli imprenditori, i liberi professionisti, le piccole partite iva, io come agente di commercio? Io ho tre mesi di buco di provvigione e quest'anno non lo recupero. Magari venderò un po' di più adesso, si spera. Ma a chi vendo? L'altissimo livello vende sempre, chi è ricco o straricco aveva i soldi prima, c'è stato il covid e continua ad avere i soldi adesso e può spendere. Il mio livello che è medio – medio alto cosa fa? Potrà ancora spendere o si abbassa tutto verso il basso e, come ho visto l'altro giorno a Lissone, i fatturati li recupera la grande distribuzione? Mondo Convenienza l'altro giorno aveva cento persone fuori in fila a entrare. Come fa? Uno perché fa tanta comunicazione e la gente fa l'associazione “Mobili = Mondo Convenienza” e l'altra cosa è il costo basso. Loro sicuramente recupereranno del fatturato. Noi faremo più fatica, perché non tutti si possono permettere il nostro arredamento o il nostro materasso. Se vuoi comprare un materasso a 400-500 euro, che è il massimo dei materassi di Ikea o M.C., nei nostri negozi non ci sono, i miei rivenditori non lo tengono.

Però magari sul materasso nello specifico, proprio per quella cosa che dicevi prima, magari ve la cavate bene, no? Se io vengo da te, quante persone prima avranno toccato quel materasso? Mentre se vado in un mega centro magari l'hanno toccato in trecento. Quello sicuro, ma il problema è che la gente che è disposta a spendere così poco alla fine il materasso non lo prova nemmeno. Il 90% che compra il materasso da MC prende quello che è abbinato al letto e che gli fa fare l'affare. Non glie ne frega se è comodo o scomodo. Alla grossa distribuzione, siccome costa poco, vengono “perdonate” un sacco di cose, mentre se tu vai in un retail su strada ogni minimo dettaglio è preteso dal consumatore. Nei miei negozi, un cliente che compra un materasso da 1500-2000 euro sta in negozio quaranta minuti a provare uno, due, tre materassi, ci si sdraia sopra. E lo stesso nell'arredamento. Nei nostri negozi si fa progettazione, a differenza loro che vendono dei pacchetti. Loro hanno un personale che fa una vendita d'assalto, ma non progetta niente. Il rivenditore di strada ti cura tutto il dettaglio. Per esempio una mia amica adesso ha fatto un investimento: ha comprato tre appartamenti da 50 mq da affittare con Airbnb; glie li ho dovuti arredare e ha voluto che le facessi il render dell'appartamento, che a me è costato 500 euro. Puoi girare per le stanze e renderti conto di come viene effettivamente l'arredamento nel tuo appartamento con i colori corretti.

Figo. È un servizio che il negozio di arredamento ti fa, ma è chiaro che non te lo fa per una spesa da 5000 euro per arredarti un bilocale; se vai in un qualsiasi negozio della strada ce ne vogliono minimo otto. Ma minimo, per fare la base.

Quindi la vostra concorrenza è Mondo Convenienza? Non è l'Ikea? Tieni conto che per me MC non esiste nemmeno, non so niente di Brianza. MC non è roba brianzola, non è ben chiaro a nessuno chi siano i proprietari. Viene tutto prodotto tra la Cina e il pesarese, che è un comparto di produzione che a parte qualche eccezione tipo Scavolini o Ernesto Meda è produzione di basso livello. Purtroppo è un nostro concorrente, nel senso che il medio adesso spesso si rivolge anche al basso. A me Ikea non da fastidio perché il prodotto Ikea è pensato da dei designer; ha un effetto estetico pensato, a differenza di Mondo Convenienza che non ha un minimo di design, ha solo il prezzo. Se entri a Ikea anche uno del settore si accorge che le cose sono curate e infatti ci sono fior fior di designer che lavorano per Ikea. Però dalle statistiche Ikea non vende così tanto arredamento come si può pensare, Ikea in Italia sta in piedi per i complementi e tutto quello che è l'oggettistica; in quello è fortissima: le tazze, i bicchieri, la lampada, il comodino, il piumone, ma non la cucina. Sì, ne fanno, ma la sentiamo molto meno rispetto a Mondo Convenienza.

Torniamo un po' all'inizio. Raccontami come è andata a fine febbraio. Quando c'è stato il primo caso, io in quella settimana avevo il direttore commerciale della mia azienda di divani che è di Padova, dove c'è stato l'altro primo focolaio d'Italia, a Vo' Euganeo. Quindi la settimana del 21 febbraio io avevo in macchina il direttore commerciale e l'ho maledetto perché aveva tosse e raffreddore, e mi ha impestato la macchina. Non sapevamo niente del covid, ma lui era malato e io gli ho detto “ma perché non sei stato a casa invece di venire qui a starnutirmi tutto il giorno in macchina”. Ma non solo: quella settimana lì siamo stati a Lodi, Crema, Bergamo; sono stato da una cliente in zona rossa attaccata a Codogno. E quindi quando poi è venuta fuori la cosa di Codogno, la settimana dopo ho iniziato ad avere la tosse anche io, e per precauzione ho detto “me ne sto a casa perché non voglio andare in giro a infettare la gente”. E quindi effettivamente ho smesso di lavorare il 21 febbraio e ho ripreso il 4 maggio.

La riapertura come è andata? All'inizio avevo qualche appuntamento con aziende ancora chiuse al pubblico per delle faccende da sistemare, ma in sostanza per tutto il primo periodo non ho fatto niente, non avevo niente da fare. I negozi erano chiusi, ordini da passare non ne avevo. Poi dopo 15-20 giorni le aziende hanno iniziato a riprogrammare l'apertura. Che sconto facciamo, come riapriamo, cosa facciamo uscire? Il mio lavoro principale era tenere monitorate le scadenze bancarie dei clienti. Perché a marzo e ad aprile scadevano le ricevute bancarie e la metà dei miei clienti non ha pagato.

Minchia. Quindi bisognava gestire: “come intendi pagare?”. C'è gente che ti risponde “a me non me ne frega un cazzo, c'è il covid.” Usano il covid come scusa e anche se hanno i soldi non ti vogliono pagare. Allora abbiamo dato un premio a chi pagava: se rispettavi le scadenze di marzo e aprile, poi per tre mesi avevi 10% extra di sconto in fattura. Abbiamo incentivato a pagare: dicendo se tu paghi e sei corretto ti facciamo questo, se non ce la fai, noi lo capiamo, contatta il nostro agente di zona e ti proporremo un rientro degli insoluti. E tranne un paio si son già messi tutti a posto o hanno riemesso le fatture per luglio. Però c'è anche quello “il mio commercialista mi ha detto di non pagare, non pago nessuno, possono andare affanculo lo stato e i fornitori.” Io gli ho detto bravo, fai bene, okay, tu hai una cucina in consegna per quando? La tua cucina non arriva. Non ti chiedo i soldi adesso, però tu adesso mi devi dire quando e come vuoi pagare. Comunque sono pochi, coi pagamenti di solito in Lombardia siamo molto precisi, per fortuna.

E aiuti da parte dello Stato? In questi giorni stanno sbloccando i prestiti garantiti dallo stato, proprio oggi due miei clienti hanno ricevuto il via libera dalle banche. Lo stato ti presta i soldi fino al 25% del fatturato e garantisce al 90%. Per due anni ridai solo gli interessi e dal secondo al sesto anno ridai un tot al mese con un interesse bassissimo, che non arriva nemmeno all'1%. I miei clienti l'hanno chiesto tutti, perché così rifinanziano l'azienda. Fino a pochi giorni fa il decreto era scritto molto male, le banche non erogavano i soldi, adesso è stato modificato e ripresentato e le banche ora hanno iniziato a dare i soldi.

E invece dal punto sanitario adesso come funziona nei negozi? A parte il telo per i materassi le altre cose sono quelle solite: i guanti per entrare, il gel, prova della temperatura. Non è obbligatorio ma tanti negozi a Milano lo fanno. Se hai la febbre non entri nel negozio. Soprattutto nei negozi molto grossi o nelle catene. Da Ikea non ti fanno entrare, io sono andato da Decathlon e mi hanno provato la febbre, in un negozio piccolo di biciclette idem. Tra i miei clienti dell'arredamento ce ne sarà uno su dieci che prova la febbre, ma devi avere il gel all'entrata, mascherina e guanti. La mascherina se non ce l'hanno glie la devi fornire.

Prima a un certo punto mi hai parlato della visione positiva: ti accorgi che hai il divano scomodo e ne prendi uno comodo. Ma questo è un intervento sul pre-esistente, diciamo. Invece col fatto che ora probabilmente molta più gente di prima farà telelavoro, non si creano anche delle opportunità anche per ripensare tutta la struttura della casa? Sì sì, certo una di queste cose è proprio che si sblocca il lavoro da casa, tant'è vero che la mia amica dei tre appartamenti ha voluto in sala la postazione smartworking, perché se le gira di affittare a tre dirigenti che vengono a Milano a lavorare vuole avere l'appartamento flessibile: una scrivania grossa, una libreria, deve avere un mini ufficio in salotto.

Ora che avete riaperto, il montaggio dei mobili è un problema? Dico dal punto di vista sanitario. Quello è già avvenuto un po' prima della riapertura: con un decreto di Conte si è data la possibilità ai materassai che avevano merce in magazzino di andare a consegnare a casa della gente, così da incassare. Questo perché la consegna del materasso è una cosa veloce: entri, appoggi il materasso e porti via il vecchio. Incellofanare il vecchio è un problema tuo che lo porti via, perché la gente ci ha dormito per anni e se uno è infetto ti infetti tu, però non è un problema per i clienti. Ma per il resto invece hanno fatto molta fatica, perché per montare la cucina hai per un giorno intero tre operai in casa, e tanti dicevano “aspettiamo”. Dalla scorsa settimana invece i montaggi hanno iniziato ad andare molto bene. Ma la cosa assurda del decreto è che il governo ha ragionato con quest'altra stronzata dei codici ATECO. Io ho alcuni clienti che per ragioni storiche hanno il doppio codice (vendita e montaggio), mentre altri hanno solo il codice della vendita. Tra loro non ci sono vere differenze, però hanno consentito solo a chi aveva il codice doppio di andare a montare. E quelli che hanno il codice singolo ma lavorano da sempre anche montando non hanno potuto. Secondo me i negozi del mio settore sono stati tra i più penalizzati (insieme ad altri, chiaro), ma senza motivazione: noi da sempre tranne il primo contatto vediamo i clienti su appuntamento, la cosa era gestibilissima. In più la media di ingresso in un negozio di arredamento è due-tre al giorno. A Milano hanno aperto gli asporti, la gente poteva andare a prendere la birra al pub e berla fuori, e non è potuta andare su appuntamento in un luogo molto più sicuro. Riaprire il 4 come hanno riaperto gli altri si poteva.

Dimmi qualcosa sul Salone del Mobile. Un anno sì e uno no c'è anche la cucina, “Eurocucina”, quindi quest'anno era molto importante. È stato deleterio, non tanto per me, ma per le aziende la cosa fondamentale è l'estero. Il Salone è il più importante al mondo, non c'è gara; Eurocucina c'è solo a Milano, vengono da tutto il mondo e i contatti con l'estero sono importantissimi. L'estero è fondamentale, perché compra molto più alto di noi. Prendi le aziende di brand alto, quelle fighe di design. In Italia pochi si permettono una cucina di Dada, l'85% lo fanno all'estero, e il 15% che resta lo fanno in Italia, a Milano, in due negozi del centro con clienti finali esteri che vengono in Italia a comprare. Ma milanesi che comprano una cucina da 50.000 euro se sono cinquanta in un anno è tanto. I negozi del centro di Milano vendono arredamento solo agli stranieri. Gli italiani le cucine così non se le possono più permettere. Mentre fino a 12-13 anni fa mio padre le vendeva tranquillamente in negozio tutte le settimane.

Ma perché? Ci siamo impoveriti? E certo. Prima il ceto medio comprava alto, ora compra sempre più basso. Vanno da chi fa bene comunicazione, cucine che viste da dieci metri di distanza uno che non è del settore pensa “ma la differenza dov'è? Invece che spendere 50 mila ne spendo 10 e mi faccio 4 viaggi”. Si è abbassata la ricchezza ed è cambiato come la gente destina i propri soldi. Vai a farti un viaggio, vai al ristorante, compri la televisione. Destini i pochi soldi ad altre cose. Della casa glie ne frega, ma un po' meno di prima. Non è più lo status symbol che era un tempo.


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