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è del nulla? ontologico OltraNza Hölderlin, di un altro destino per la Germania. Il tempo della Kehre, della «svolta», avrebbe coinciso con una distanza sempre più marcata dal nazismo e dalle sue tragiche vicende. Al punto da far parlare di opposizione intellettuale o di resistenza interna. Sospetto ai nazisti prima, inviso alle forze di occupazione poi, Heidegger dovette subire ostilità e umiliazioni pagando così a caro prezzo quel suo errore fatale. Sottoposto, nel 1945, al giudizio della Commissione di epurazione, fu interdetto dall’insegnamento nel 1946. Decisivo fu il parere di Jaspers.12 Nell’inverno del 1945-1946 Heidegger precipitò in una profonda crisi e venne ricoverato in una clinica a Badenweiler; si riprese grazie al lavoro e ai nuovi progetti. Qualche anno dopo, il 26 settembre 1951, fu reintegrato nell’università, senza che gli venisse, però, restituita la cattedra. Con tale atto di riabilitazione si chiuse formalmente il capitolo “Heidegger e il nazismo”. Questa versione lascia aperti molti interrogativi. Perché Heidegger restò iscritto al partito nazista fino al 1945? Perché non condannò mai quell’errore, se un errore era stato? Perché non prese mai distanza dal passato? E che dire poi del suo ostentato silenzio, un silenzio muto e impenetrabile, contro cui si sono infrante domande e congetture di poeti e filosofi, da Paul Celan a Jacques Derrida? 3. Dettaglio biografico o nodo filosofico Se il nazismo di Heidegger è stato un errore, limitato alla politica, contenuto entro un periodo molto breve, allora può essere facilmente derubricato a vicenda storica di poco rilievo. Non sarebbe, anzi, che un dettaglio 6 capitolo primo biografico. Ecco perché di solito, se non passa sotto silenzio, viene trattato in modo sbrigativo nelle pagine dedicate alla vita. Il dettaglio non riguarda la filosofia. Che cosa c’entra il rettorato con il superamento della metafisica? Di qui il fastidio dei filosofi, non tanto per il clamore che il caso ha suscitato nei media, quanto per l’enorme quantità di pamphlet e scritti polemici che, accanendosi su quel particolare, hanno dato luogo a un dibattito acceso, talvolta virulento, eppure quasi sempre piatto e superficiale. L’affastellamento di dati e documenti, fatti e misfatti, piuttosto che chiarire il caso, lo ha semmai reso ancor più oscuro. La discussione, nella sua evidente mediocrità, si è prolungata, tra fasi alterne, restando quasi immutata. Perché anche gli esperti accusatori, spesso inconsapevolmente, riducono il nazismo di Heidegger a un vissuto storico. Così finiscono per avvalorare la versione ufficiale. Non è un caso che i loro contributi siano in genere privi di spessore filosofico. Ma chi è concentrato sulla storia dell’essere, sul linguaggio poetico, sul nuovo inizio, non è interessato – perché dovrebbe? – a difetti, bassezze, contraddizioni, meschinità del personaggio. La miseria del filosofo non è la miseria della filosofia. Verrebbe da dire che hanno ragione gli analitici quando, non senza sforzo, tengono separate vita e filosofia. Il problema si è posto di recente con la pubblicazione di lettere, diari e testi inediti di Ludwig Wittgenstein. Che uso è lecito farne? In che modo la biografia di un filosofo può essere importante per il suo pensiero? In nessun modo – rispondono gli analitici.13 Eppure è lo stesso Wittgenstein a scrivere: «Il lavoro filosofico è […] un lavoro su se stessi. Sul proprio modo di vedere le cose».14 Questa domanda, per i continentali già molto antica, è emersa nel delicato caso di Gottlob Frege, il fondatore della filosofia analitica. Simpatizzante dell’estrema destra, Frege auspicava un «Terzo Regno» della logica.15 Il 30 tra politica e filosofia 7 aprile 1924 annotava nel suo diario: «si potrà riconoscere che ci sono ebrei rispettabili e nondimeno si dovrà considerare una sciagura che ci siano così tanti ebrei in Germania e che abbiano gli stessi diritti dei cittadini di origine ariana».16 Qualche giorno prima, il 22 aprile, confessava: «solo negli ultimi tempi ho compreso l’importanza dell’antisemitismo »; apprezzando l’eventualità di tempestive «leggi contro gli ebrei», ammoniva a non dimenticare l’imposizione di un «segno» grazie a cui «poter riconoscere un ebreo». Vedeva, anzi, qui una «difficoltà» effettiva.17 I curatori delle sue opere hanno provveduto a escludere il diario con l’intento, se non di occultarlo, almeno di ridimensionarne la portata. Certo, per leggere un trattato di logica non è necessario occuparsi dell’antisemitismo dell’autore, sebbene in Frege sussista più di un nesso tra il Reich logico, quello teologico e quello politico. Ma la filosofia non si riduce alla logica né si identifica con la scienza; una separazione tra vita e pensiero è perciò astratta e artificiale. Questo vale tanto più per Heidegger, vicino al modello di Friedrich Nietzsche, il quale, com’è noto, rivendicava la filosofia come espressione della propria individualità. Nel sottolineare la differenza tra filosofia e scienza, Heidegger osserva: «il punto di partenza della via che porta alla filosofia è l’esperienza effettiva della vita»; ma «la filosofia conduce a sua volta oltre» ripercuotendosi sulla vita.18 Se è così, se una scelta compiuta nella vita è al contempo anche un atto filosofico, l’impegno politico non è un incidente riducibile al vissuto storico e, dietro al dettaglio apparente, si cela forse un nodo filosofico. 4. Heidegger antisemita? Qualsiasi cosa si pretenda di dire sul nazismo di Heidegger – così si legge in una pubblicazione recente – non 8 capitolo primo si troverà in tutta la sua opera «una sola frase antisemita ».19 L’assenza di prove al riguardo ha contribuito a rafforzare la versione ufficiale. Se non è stato antisemita, difficilmente Heidegger sarà stato nazista. L’errore politico appare ridotto, l’adesione scivola in secondo piano. Heidegger antisemita? No, non lo era. Questa è stata a lungo la risposta prevalente. È vero che l’odio per gli ebrei, che i nazionalsocialisti non tardarono a manifestare, non lo indusse a prendere le distanze da quel movimento; tuttavia la sua posizione non può essere paragonata a quella degli ideologi della razza. Ne sono stati convinti studiosi autorevoli come Bernd Martin e Rüdiger Safranski. 20 Ma la convinzione era diffusa persino fra i suoi allievi ebrei, i «figli di Heidegger», come li ha chiamati Richard Wolin con un certo sarcasmo.21 Karl Löwith, Hans Jonas, Hannah Arendt, Herbert Marcuse: nessuna insinuazione contro il maestro da parte loro, che altrimenti non gli hanno lesinato critiche e rimproveri. Eppure la loro testimonianza avrebbe potuto essere determinante. Rispetto all’accusa più grave, quella di antisemitismo, che renderebbe ben più motivato l’entusiasmo per il movimento nazionalsocialista, rischiando però di mettere a repentaglio la sua opera, vengono fatti valere due argomenti. Il primo è di ordine biografico, e fa leva sui rapporti personali, le amicizie, le relazioni d’amore. Come spiegare l’attrazione magnetica che Heidegger esercitava a Marburgo prima, e a Friburgo poi, su tanti giovani ebrei? E l’aiuto prestato ai colleghi? Viene di solito ricordato il nome di Werner Brock che, grazie al suo intervento, riuscì a ottenere una borsa di studio per Cambridge. Per non parlare delle relazioni d’amore: con Hannah Arendt, Elisabeth Blochmann, Mascha Laléko. Come andrebbero insieme odio e amore? E Jonas conferma: «No – sul piano personale Heidegger non era un antisemita», Nein – Heidegger war kein persönlicher Antisemit.22 tra politica e filosofia 9 Il secondo argomento sottolinea la lontananza di Heidegger dal «folle sistema ideologico» dei razzisti. Il suo nazionalsocialismo era «decisionista» – scrive Safranski. «Per Heidegger non era determinante la provenienza, quanto la decisione. Nella sua terminologia questo vuol dire che l’uomo non deve essere giudicato sulla base della “gettatezza”, ma del suo “progetto”».23 Nella costruzione di un «nuovo mondo spirituale» non intendeva «escludere» gli altri. Nessuna contiguità, dunque, con l’antisemitismo rozzo e grossolano. E tanto meno con l’antisemitismo «spirituale», che credeva di scorgere uno «spirito ebraico» da cui occorreva difendersi.24 Tutt’al più una certa propensione, solo accademica, a condividere l’«antisemitismo concorrenziale» di coloro che guardavano con preoccupazione al peso schiacciante degli ebrei nelle università e parlavano del pericolo di una Verjüdung, di una giudaizzazione.25 Queste due strategie difensive vengono perseguite anche da Holger Zaborowski in un saggio che, se per un verso ricostruisce l’intero dibattito, per l’altro prende in considerazione i nuovi materiali venuti alla luce. Attraverso un’indagine storica, incentrata su documenti, lettere, testimonianze, Zaborowski mira sia a riabilitare il comportamento di Heidegger verso gli ebrei sia, soprattutto, a tutelarne il pensiero da ogni imputazione. Ammette una certa ambivalenza. Ma precisa che nelle sue opere filosofiche non vi è traccia di «un antisemitismo sistematico».26 Né si può parlare di «momenti» o fasi. Non senza forzature e ardui equilibrismi, vengono smantellate le poche prove a carico, tacitate le dicerie, dissipati i sospetti e i dubbi. Nessun antisemitismo, dunque, né aperto né latente, né personale né filosofico. Solo un paio di osservazioni, contenute nella corrispondenza con la moglie Elfride, riconducibili a quell’«antiebraismo universitario» che faceva parte dello spirito del tempo.27 In mancanza di altri testi, la tesi conclusiva è che l’antisemitismo resti lontano dal suo pensiero. 10 capitolo primo Se questa tesi ha prevalso finora è per la difficoltà di tenere insieme l’immagine del filosofo, che guarda alla questione dell’essere aspirando all’autenticità, e l’immagine del comune antisemita che con il suo gesto politico rientra nell’anonimo man, nella medietà del «si», tanto deprecato in Essere e tempo, quel man nazista a cui in milioni andavano conformandosi.28 Tra le voci dissonanti si distingue quella di Jeanne Hersch che, in un saggio del 1988, ricordando fra l’altro il periodo di studio trascorso a Friburgo negli anni trenta, scrive: «Heidegger non è stato antisemita, come non lo sono di solito molti non-ebrei che, tuttavia, non sono neppure anti-antisemiti». E, a proposito della impossibilità di ridurre il filosofo al man nazista, si chiede se non esistano «nella filosofia di Heidegger o, se si preferisce, nello Heidegger filosofo, dei punti a cui ancorare la sua adesione al nazionalsocialismo, tali da compensare, ai suoi occhi, certi disaccordi, certe ripugnanze e, soprattutto, da infondergli la speranza in un avvenire profetico ».29 5. Il non-detto della questione ebraica Un nuovo capitolo si è aperto di recente nel “caso Heidegger”. Difficilmente si potrà dire «nulla di nuovo». Si tratta infatti del capitolo decisivo, sia perché dovrebbe decidere una controversia aperta da tempo, sia perché riguarda il carattere della decisione assunta da Heidegger negli anni trenta. Gli Schwarze Hefte, i Quaderni neri curati da Peter Trawny e pubblicati dall’editore Klostermann nel 2014, contengono quel non-detto che molti supponevano, o speravano, fosse anche un non-pensato. Nell’ultima pagina del quaderno intitolato Riflessioni XIV, all’indomani dell’offensiva tedesca a est, annunciata da Hitler il 22 giugno 1941, Heidegger annota: tra politica e filosofia 11 La questione riguardante il ruolo dell’ebraismo mondiale [Weltjudentum] non è una questione razziale [rassisch], bensì è la questione metafisica [metaphysisch] su quella specie di umanità che, essendo per eccellenza svincolata, potrà fare dello sradicamento di ogni ente dall’essere il proprio “compito” nella storia del mondo.30 Più volte, e in diversi contesti, Heidegger parla nei Quaderni neri degli ebrei, dell’ebraismo e della “questione ebraica”. A chiare lettere scrive che è una questione non «razziale», bensì «metafisica». Contro ogni possibile fraintendimento avverte che il tema dell’ebraismo va affrontato entro la storia dell’Essere. Qual è il rapporto tra l’Essere e gli ebrei? In che modo gli ebrei minano l’Essere e la sua storia? Che nesso sussiste tra la Seinsfrage, la questione per eccellenza della filosofia, e Judenfrage, la questione ebraica? Ecco dunque la novità dei Quaderni neri. L’antisemitismo ha un rilievo filosofico e si inscrive nella storia dell’Essere. Non è un dettaglio biografico, che possa essere messo da parte, accantonato, dimenticato; perché ne va dell’oblio dell’Essere. Il lavoro d’archivio lascia il posto alla testimonianza, la ricerca meticolosa delle prove, piccole o grandi, del coinvolgimento, la ricostruzione dell’epoca, l’indagine sull’università tedesca, passano in secondo piano, perdendo gran parte del loro significato, di fronte alle riflessioni del filosofo che parla in prima persona. Il “caso Heidegger” non può più essere considerato una vecchia diatriba storica. Si impone, invece, come questione filosofica che chiama direttamente in causa i filosofi e la filosofia. L’adesione di Heidegger al nazionalsocialismo assume contorni ben più netti, perché si fonda su un antisemitismo metafisico. La radicalità di questo antisemitismo getta nuova luce sull’impegno del 1933 che non è stato né un incidente né un errore. Piuttosto è stato l’esito di una scelta politica coerente con il suo pensiero. E di una coerenza esemplare appare anche il suo silenzio successivo. 12 capitolo primo L’antisemitismo non è infatti un di più ideologico, ma è il cardine del nazionalsocialismo. Cade così anche quella differenza che segnava ancora per molti la distanza di Heidegger ad esempio da Carl Schmitt o da Ernst Jünger. Si volta pagina e si apre un nuovo capitolo in cui devono essere sollevate domande che fin qui sono state in gran parte aggirate. La prima, la più urgente, è la domanda sulla Shoah nella storia della metafisica occidentale. 6. I «Quaderni neri» A metà degli anni settanta sono stati depositati nel Deutsches Literaturarchiv di Marbach am Neckar 34 quaderni, rilegati con una tela cerata nera. In quell’occasione Heidegger ha espresso il desiderio che i quaderni fossero pubblicati al termine delle sue opere complete. Fino a quel momento – come riferisce il figlio Hermann – avrebbero dovuto restare segreti, «chiusi a doppia mandata». Nessuno avrebbe dovuto né leggerli né, anzi, averne cognizione. La volontà di Heidegger è stata solo in parte disattesa. Il prolungarsi dell’edizione delle altre opere ha spinto l’amministratore del suo lascito ad anticipare l’uscita degli Schwarze Hefte. I quaderni comprendono un periodo di quasi quarant’anni che va, all’incirca, dal 1930 al 1970. Sono divisi così: quattordici quaderni si intitolano Überlegungen (Riflessioni), nove Anmerkungen (Note), due Vier Hefte (Quattro quaderni), due Vigiliae, uno Notturno, due Winke (Cenni), quattro Vorläufiges (Provvisorio). Sono stati inoltre trovati altri due quaderni, Megiston e Grundworte (Parole fondamentali) dei quali non è certa l’appartenenza all’opera complessiva. Tutti i quaderni sono classificati con numeri romani. Manca a tutt’oggi il primo quaderno Überlegungen I, che risale al 1930. Non è tra politica e filosofia 13 detto, però, che non siano andate perdute anche altre parti. Le Überlegungen XV, scritte nel 1941, si interrompono bruscamente e non sono corredate di un indice analitico, che Heidegger ha invece inserito alla fine di ogni quaderno. Nei prossimi anni è prevista, dunque, l’uscita di tutti gli Schwarze Hefte che, all’interno delle opere complete, comprenderanno i volumi dal 94 al 102. Nella primavera del 2014 è già stata portata a termine la pubblicazione delle Überlegungen (II-XV), i tre volumi 94-96, a cui dovrà seguire il volume 97 per concludere la parte che giunge fino al 1945. Sulla prima pagina delle Überlegungen II compare la data «ottobre 1931». Nel Vorläufiges III Heidegger ha annotato «Le Thor 1969». Questo vuol dire – osserva Trawny – che il Vorläufiges IV deve essere stato scritto all’inizio degli anni settanta.31 Tuttavia la scansione numerica non indica necessariamente una linearità. Si deve presumere che, in alcuni periodi, Heidegger abbia lavorato contemporaneamente a più quaderni. Dato che le correzioni sono poche, e che talvolta le note sono molto lunghe, è probabile che esistessero dei lavori preliminari di cui, però, non resta traccia. Gli Schwarze Hefte non sono né annotazioni private né, tanto meno, diari; sia per lo stile, sia per i contenuti, sia, infine, nell’intenzione dell’autore, sono scritti filosofici. Ma perché Heidegger ha voluto pubblicarli al termine dell’edizione delle opere? I Quaderni neri sono il suo testamento filosofico? Che ruolo rivestono nella sua produzione? Perché ne aveva previsto l’uscita dopo quei trattati inediti sulla storia dell’Essere, testi già così esoterici? Un alone di mistero avvolge i Quaderni neri. Avrebbero dovuto essere la parola dell’éschaton, non l’ultima, ma quella estrema, pronunciata al bordo finale, sull’abisso del silenzio. Di qui la posizione singolare di questo manoscritto a cui i trattati inediti rinviano ma che, per il suo 14 capitolo primo carattere, non può né deve essere centrale. La peculiare eccentricità si manifesta nello stile personale, che porta l’impronta dell’autore. Heidegger parla in prima persona, senza troppe reticenze, con una cruda libertà, l’occhio teso al futuro. Come se si rivolgesse a nuovi interlocutori che, grazie alla distanza della storia, potrebbero forse intendere in modo differente quell’epoca buia dell’Europa. Quanto a lui, non si limita a testimoniare, ma scruta e decifra dal suo «avamposto» che è insieme anche un «posto di retroguardia».32 Come non pensare a Nietzsche? Ma è lo stesso Heidegger ad avvertire che le sue riflessioni non sono aforismi o massime di saggezza. Piuttosto sono Versuche – è la parola che compare in una nota degli anni settanta, scelta dal curatore come esergo – tentativi di «nominare», né enunciati né appunti per un sistema.33 Seguono il filo della domanda, si dispiegano assecondando quell’interrogare che è insieme contenuto e forma, tema e stile dei quaderni. Sotto questo aspetto non trovano un termine di paragone nell’opera di Heidegger e rappresentano un unicum nella letteratura filosofica del Novecento. I Quaderni neri assomigliano al diario di bordo di un naufrago che attraversa la notte del mondo. A guidarlo è la luce lontana di un nuovo inizio. Il paesaggio, oscuro e tragico, è rischiarato da profondi sguardi filosofici e potenti visioni escatologiche. 7. «Reductio ad Hitlerum». Sul processo postumo Ben poche domande, ma molti giudizi sommari, verdetti apodittici, asserzioni lapidarie fomentano il processo postumo a Heidegger che, tra sentenze di primo grado, appelli e revisioni, è entrato prepotentemente nel ventunesimo secolo. La pubblicazione dei Quaderni neri ha riaperto, soprattutto in Francia, un’accesa controversia che, a ben guartra politica e filosofia 15 dare, non era mai stata chiusa. Lo scenario ha tratti imbarazzanti e caricaturali. Da un canto si ergono i difensori a oltranza che, installati nel culto della personalità, respingono, come François Fédier, ogni accusa e negano ogni prova; dall’altro si accaniscono gli strenui e implacabili procuratori, primo in assoluto Emmanuel Faye, che di questa accusa sembra aver fatto la sua missione di vita. Allievo di Jean Beaufret – che dal 1946 era stato l’interlocutore privilegiato di Heidegger e ne aveva promosso il pensiero nel contesto francese – Fédier aveva già replicato al libro di Farías con un pamphlet, uscito nel 1987, che originariamente avrebbe voluto intitolare Apologia di Heidegger.34 Qualche tempo dopo, per respingere la violenta requisitoria di Faye, che nel 2005 ha accusato Heidegger di aver introdotto il nazismo nella filosofia, Fédier ha riunito intorno a sé un gruppo di studiosi pubblicando, nel 2007, la miscellanea Heidegger, à plus forte raison.35 Non presso i filosofi, ma nella stampa, nei media e nel grande pubblico, la voluminosa opera di Faye ha avuto un successo strepitoso ed è stata salutata come la nuova e definitiva vittoria dei lumi sulle tenebre. Il refrain «Heidegger è nazista» viene ripetuto con solerte costanza quasi a ogni pagina. Prove, testimonianze, documenti vengono presentati, in un intreccio più asfissiante che stringente, per supportare l’accusa e chiedere l’incriminazione; il dossier appare completo e il filosofo, «contaminato » dal nazismo, non sembra sfuggire più alla meritata condanna. Quale? La proscrizione perpetua: la sua opera «non può continuare a figurare nelle biblioteche di filosofia ».36 D’altronde, Heidegger non è neppure un «filosofo », e l’autore confessa di essere stato guidato dalla «necessità vitale di veder la filosofia liberarsi della sua opera».37 L’improvvisato inquisitore propone, dunque, che la filosofia proceda al contempo a una scomunica – esiste una scomunica filosofica? – e ammetta la sua definitiva débacle. 16 capitolo primo Le semplificazioni di Faye, che talvolta sfiorano l’assurdo – ad esempio quando crede di scorgere una svastica nella figura heideggeriana del Geviert, il “quadruplice” – possono apparire a un primo sguardo convincenti. Ma problematica è proprio l’argomentazione semplificativa che, con una nota formula, introdotta da Leo Strauss all’inizio degli anni cinquanta, si può chiamare una reductio ad Hitlerum. Si tratta di un «procedimento erroneo», una fallacy, e cioè una variante della reductio ad absurdum: si riconduce e si riduce la tesi dell’avversario alla posizione di Hitler, metonimia del male.38 È in relazione a Heidegger, e al suo pens

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Là è nulla«Dall’“EVENTO”Là dall’’esser“EVENTO”della ontostoria al di là della Metafisica” già Là’Essere Oltresser“EVENTO”–senzaperché già Senza la verità–MeTafiSica crea«ontostoria–dal nulla senzaPerché RadURa dell’Esser“EVENTramOntanza della metafisica». RaduRabissale dell’essere È “EVENTO Radurapsodiabissale nella ontostoria mondeggia” È “EVENTramOntanza della metafisicabixalex. «“RadurapsodiabiSsal“EVENTramOntanzabixalex della metafisicAbixalex è già Radurabissale”. L’“EVENTO In sé tramontanzabixalex metafisicabixalex”è Physixabixalessersi Dà evento“RaduRabissal’“EVENTO”dell’essere dà là»» in sé senzaperché D’’esser“EVENTO creatrix tramoNtanzabixalex della metafisicabixalex»là»»”già»là«“EVENTOdell’esserci»«gettanzabixalex»Esser“EVENTO è’esserci ontostorico»l’esserci è gettanzabissalontostorica è gettanzabiSsale essere«già’’esserci»in sé che fonda Kata“EVENTÜX»ontologico»dell’essere tramontanzabixalex della Metafisicabissale”. 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Radur“EVENTÜX«in sé’»già là PletonRapsodyX È già “EVENTÜXdell’essere kata“EVENTÜX”–dell’essere oltre la metafisicabissale quale fondazione della verità dell’Essere. “EVENTÜX”–della tramontanzabixalex della metafisicabissale in sé si dà l’Esser“EVENTÜX”senza la metafisica consente la fondazione della verità dell’Esser“EVENTÜX”d’al di là È l’essere oltre il pensare metafisico È senzaperché dell’EsserEVENTÜX”ontopologiabiSsale già nihil’EVENTÜX”dell’essere»»»’EVENTÜX”»’abissale ontopologico»’’EVENTÜX”»»»» «tranxsonanzabixalex dell’ “’EVENTÜX””senzaPerché Ontopologià–«dell’essere lì là»»»».«È “’EVENTÜX””»là Lì è«creatività»–gettanzabixalex–dell’essere già KataEVENTÜX””. Già catastrof’EVENTÜX””senzaperché caosmox’abixal’essere senza metafisica è l’essere la verità dell’essere“oltre”È nihil“’EVENTÜX””«Oltre»nihil’EVENTÜX”al di là della Metafisica là oNtotemporabixalex«oltre»al di là nihilEVENTÜX è già«oltre»la metafisica’oblio dell’essere là dell’esserne dell’esserci. RadÜra nella ontostoria dell’essere È’EVENTopologiabixalex––ontostoria dell’Essere ontopologiabiSSale Al di là già già Là’EVENTÜX”dell’essere già” è senzaperché””Essere’per la morte» in sé è’EVENTÜX”–Già In sé ontopologiabisSale dell’essere: PletonRapsoD’EVENTÜX–senzaperché Deabixalex senza metafisica–«essere-per-la-morte’ è esser’EVENTÜX per la morte. EVENTÜXdell’essere ontostoria È’EVENTÜXesseregià d’EssernÈ’EVENTÜX”È’oltre in sé là AL«di»Là»dellaMeTafiSica. Oltresser’EVENTÜX”è indicibilesserci senzaperché al di là del–perché d’esserEVENTÜX”–d’esserneGià nihil’EVENTÜX in sé Katà’EVENTÜX”In Sé è già dell’essere Già Oltre LA MeTafisiCA.“RadurabiSSAlEdell’essere SEnza metafisicA In Sé”Oltressere senzaperché RadurApsodiAbissal«esserne»’essere-nel-mondontostorico esserci. L’’«essere ontostorica là D’’EVENTÜX”senzaperché tramotanza della metafisica È Già soggiornabixalexontostorico oltresserne dà soggiorna impensatabissale esserci c’è’arché È senzaPerché crea dà soggiorna è’Ereignisabixalex dell’evento in sé si dà la ontostoria’EVENTÜX””’––è «fondata’senza la metafisica Kata““’EVENTÜX”””dell’essernE verità Oltresserci essersi’EVENTÜX””dell’esserci d’EVENTÜX crea’è oltre creativo là–senza–perché ontostorica già catastrofEVENTÜX””’ è già ontostoria dell’Essere. L’EVENTÜX””dell’essere c’è«là»già da Esser’EVENTÜX””disvela in«sé»da sé è pânEVENTÜX Korä’EVENTÜX”dell’essereontostoria dell’esserne Essere-Koräbixal’EVENTÜX–eventontostoria mondeggia–Xoräbixal’EVENTÜX–KHoräbixal’EVENTÜX C’è È mondeggia È Koräbixal’EVENTÜX”dell’essere Dal nullabixalex senzaPerché––Già d’Essere D’’EVENTÜX–tranSonanzAbixalex catastrof’EVENTÜX– “avatarXoräbixal’EVENTÜX–già RapsoDykx là È epifenoumeno È’ inter’EVENTÜX–dell’essere D’’EVENTÜX–––”già crea senzaPerché Già metastorico eventoltre la metafisica c’è Già Xoräbixal’EVENTÜX–. Già in sé nella ontoStoria dell’Essere L’’EVENTÜX–è epifenoumeno della RaduraXoräbixal’EVENTÜX–“Da lì d’’evento della ontostoria GIà evento aBixaleXorä’EVENTÜX–gìà caosmoXoräbixal’EVENTÜX–dell’essere Già––RApsodyXäbixal’EVENTÜX–”oltre «la MEtafisika già–al di là» d’esserneXoräbixal’EVENTÜX–»dell’essere già’”spazioltre-metafisico evento-caosmico là della ontostoria GIà–––Xoräbixal’EVENTÜX–dell’essere vi è D’essere là–––––ontostoria dell’Essere’ontologia dell’Ontostoriabixalex»D’’essere””” è’oltre-La metafisica”là è Xoräbixal’EVENTÜX–dell’Essere. È––«là»ontostoriXoräbixal’EVENTÜX––è«là»oltre la metafisica della makhinaouxiax metastorica-metafisica–’erranzabissalità in sé già esserne già dal nullaBissale Xoräbixal’EVENTÜX–dell’essere interEsserEVENTÜX–’essere-nel-mondo-esserEVENTÜX–spazialEVENTÜX–soggiornaressere-spazialEVENTÜX– Essere-nel-mondo è’esserci––EVENTÜX– gettanzabixalesserne. L’esserci oltrEVENTÜX–abissale dal nullabissalesserci è EVENTÜX–dell’esserci l’esserci mondeggia è l’esserci è evento epifenoumenico Esserne l’esserci soggiorna d’EVENTÜX–dell’esserci. L’esserci è «mondità» si dà esserci d’EVENTÜX–dà esserci l’esserci è esserEVENTÜX–––mondità«là è»L’essere per la morte»–mondità ontostoria dell’EsserEVENTÜX–già radurAbissalE dell’Essere KataEVENTÜX–oltre la metafisica della scienza o la scienza in sé»oltre la metafisica È«l’EVENTÜX–è l’EVENTÜX». Là è ontostoria dell’Essere––dà’“EVENTÜX”dell’essere////là Rapsodyx dal nullabissalE EVENTÜX–dal nullabixalex in sé–ontostorico dell’Essere dall’EsserEVENTÜX––dell’essere È Là epifenoumeno physixEVENTÜX–physix D’EVENTÜX––in sé––oltre la metafisica. L’«EVENTÜX–»dell’Essere–lì dell’Esserne––È L’Essersi Già l’Essere già d’EVENTÜX––ontostoria dell’Essere Per la mortesserCì della metafisica ontopoieticontologico È là ontostoria dell’EsseRapsodiabissale. È c’è già da ontotempora l’archéEVENTÜX–in sé da sé già di sé indicidibilEVENTÜX–dell’Essere In là dell’Essersi ontopologia nella ontostoria dell’Essere––è l’esserci EVENTÜX–dall’Essere all’EsserEVENTÜX–già ontopologica già l’EVENTÜX–dall’Essere là dell’Esserne dall’Essere’abissalE è oltre–è anzi l’oltrEVENTÜX–ontologico dell’oltreontostoria dell’Essere’abissale è già«dal nullabixalex»della metafisica differenza-ontologica al di là Radurabixalex in sé nulleggia l’esserci già oltre È EVENTÜX–dal nullggiare nihilEVENTÜX–nihilx dal nulleggiare vi è kaósmosbixalex crea dal nulla EVENTÜX–del nulleggiare crea dal nulla KataEVENTÜX–là dell’Essere–dal nulla crea EVENTÜX–. Dal nulla crea Là crea nell’esserEVENTÜX–esserci là dell’essere––EVENTÜX–dall’Essere È il nulleggireabissale dell’Essere«tranxsonanzabixalex»nell’EsserEVENTÜX–È«Rapsodiabixalex»catastrofEVENTÜX–Già Là esserci ontostorico evento senzaPerché Rapsodyx–––Già in–sé’eventità è là. MetAEVENTÜX–––esserci È al di là Già dopo la morte»–della MetAfisica. EVENTÜX dell’eventontopologico dell’Essere–ontotoricità Là È “MetAEVENTÜX”nel pensiero che penSa poetate’’«rapsodiabisSalesserne indicibilEVENTÜX RAdura poiesix»subliMetAEVENTÜX Là già in sé diradanzabissale senzaPerché poiesixabissale D’EVENTÜX’indicibile poetante Già in EsserEVENTÜX In sé là abissal–EVENTÜX oltre’abissalità dall’abissaleMetAEVENTÜX». «PoiesixEVENTÜX–––della catastrofEVENTÜX––impensata È là–Là–già già in«sé»–evento’abissale Là singolarità È già fenoumeno Gestellx Gestell-Là GestellEVENTÜX-già D’evento dà da pensare là ontostoria dell’Essere D’È’ontologica ontostoria dell’Essereventontostorico Null’altro dell’esserci dall’EsserevEnto dell’Essere oNtoStoria dell’Essere c’è ontologico eventontologicontoStoria dell’Essere ontologico È––EVENTÜX al di là della metafisica-della-morte già-esserne ontologico in sé«d’esserNe-già’ontologia catastrofEVENTÜX-della «metafisica’oblio dell’Essere Lì è ABIxAlEx È dell’essere»impensato È dell’esserevento epifenoumena della morte’al di là della morte–della–metafisica–essere-per-la-morte– della-metafisica esserci già in sé futurità È Hölderlinrapsodyx. La metafisicabissale della morte è la morte della Metafisica della morte l’essere-per-la-morte della metafisica della morte per la morte della metafisica della “morte” metafisica del paradigma al di qua dell'ontologia del paradigma» La morte è EVENTÜX è già futurità. La morte è ontostoria EVENTÜX della morte metafisica del paradigma GestellEVENTÜX essere Gestellfuturità–d’EVENTÜX metafisica del paradigma EVENTÜX-ontologia-del-paradigma ontologia della morte della metAfisica. La singolarità evento esserefuturità metafisica della morte di Dio la mortefuturità Senzaperché metafisicabissale della morte è EVENTÜX senzaperché D’esserci»Perché c’è l’eventità–––interEVENTÜX esserci””»––RadurAbissale dell’Essere nel nulla: KataEVENTÜX––nullabixalex»–EVENTÜX-ontologico––poiesix––––essere già EVENTÜX futurità l’esserne ontotempora”“Rapsodyx” RadurinterEVENTÜX” morte della metafisica exstaticHEVENTÜX«là creativa»EVENTÜX creatività Vi è““fondarEVENTÜX dal nullabissale”»già È futurità””. È–’Essere-già-futurità–Vi è singolarità della morte della filosofia dellA metafisica in sé là’EVENTÜX in sé là’ dell’Essere dall’esserEVENTÜX nell’esserEVENTÜX’essere abissalità arckérapsoDyx»––là essere in sé»dall’EsserEVENTÜX» dell’essere’archéràpsodYx»dell’essere è l’essere che sottrae–è EVENTÜXdell’essere–’essere«dell’esserNe dell’Esservi l’Essere è EVENTÜX metafisica della morte della filosofia della Morte per’Essere’EVENTÜXdell’Essere la morte di Dio’ontologia dell’EVENTÜX dell’Essere TraMontanzabixalEx Senza–PErCHé Nell’inverno del 1911 cambiò Facoltà e si iscrisse a matematica, dove tutto gli sarebbe riuscito più facile, essendo particolarmente dotato per il calcolo infinitesimale. Tuttavia continuò a seguire Craig e, dopo aver scoperto Schleiermacher e Dilthey, studiò Nietzsche, Kierkegaard, Dostoevskij, si dedicò alla lettura di Rilke e Trakl. Il passaggio ulteriore alla Facoltà di filosofia segnò anche la distanza dal cattolicesimo. La sua tesi di abilitazione su Duns Scoto, 260 capitolo quarto discussa nel 1915, giustificò questa distanza anche filosoficamente: il concetto scolastico di trascendenza gli sembrava assoluto, sciolto dall’individuo e dalla sua vita. «Immanenza e trascendenza sono concetti di relazione ».138 Alla scolastica Heidegger rimproverava di aver perduto il legame con la mistica. Solo per la vuota critica della cultura la mistica equivale all’irrazionale. «Il chiacchiericcio sulla mistica, in cui è definita ciò che è “senza forma”, non è che uno sparlare basato su metodi di fondo non scientifici».139 L’avvicinamento al protestantesimo, segnato dal confronto decisivo con Lutero, gli dischiuse un cammino verso l’interiorità dove, accanto a Meister Eckhart, figuravano anche Teresa d’Avila e Bernardo di Chiaravalle. 140 A documentarlo è un corso preparato nel 1918, ma poi non tenuto, I fondamenti filosofici della mistica medievale, in cui Heidegger punta l’indice contro lo «sbarramento dogmatico» del cattolicesimo, che si afferma solo con l’esercizio di una oscura autorità e una «violenza poliziesca », una Polizeigewalt, soffocando ogni originaria esperienza di vita.141 Hodie legimus in libro experientiae – «Oggi intendiamo muoverci nell’ambito dell’esperienza con l’intento di comprenderla».142 Così Heidegger riprende le parole di Bernardo. E aggiunge in ultimo quelle di Teresa d’Avila: «“poiché ciò che voglio esporre è molto difficile e oscuro, se non è data alcuna esperienza” ».143 Sintetizza così il nuovo compito: la descrizione fenomenologica della vita religiosa. 10. Dove si nasconde Paolo Solo nel 1995 sono stati pubblicati, nell’edizione delle opere complete, i corsi universitari tenuti da Heidegger tra il semestre invernale del 1920 e quello estivo del dopo auschwitz 261 1921, con il titolo Phänomenologie des religiösen Lebens. Da allora il volume, tra i più frequentati e discussi, è diventato quasi un bestseller. Dopo una lunga parte introduttiva, dove vengono delineati concetti, come quello di «indicazione formale», destinati ad avere importanti ripercussioni, Heidegger interpreta alcuni scritti di Paolo di Tarso: la Lettera ai Galati, la Prima e la Seconda Lettera ai Tessalonicesi. Tocca però anche altre lettere e tratta molti temi contenuti nei vangeli, nei sinottici e in quello di Giovanni: dal Regno alla legge, dalla parusia all’escatologia. Al corso su Paolo segue quello sul X libro delle Confessioni di Agostino; il volume si chiude con le pagine sulla mistica. L’annuncio, l’inquietudine, la tensione permeano la vita cristiana, quella delle «origini» e quella dell’oggi, richiamano all’attesa della parusia, alla veglia per il kairós, quell’istante che giungerà improvviso. In breve: «l’esperienza cristiana vive il tempo stesso (“vivere” inteso come verbo transitivo)».144 Impossibile non riconoscere già qui il rintocco della campana, il ritmo della temporalità, in cui l’esserci, gettato nella sua fatticità storica, è spinto a proiettarsi nel futuro. Dal messaggio di Paolo si allontanerebbe in seguito Agostino che, introducendo una gerarchia fra visibile e invisibile, strappa la vita alla sua inquietudine temporale, offrendole dimora nel sommo bene.145 Testimone di un tempo altro, presto dimenticato nel tempo greco e in quello moderno, scanditi da una linearità estranea alla vita, il Paolo di Heidegger è una figura complessa e ambigua.146 L’apostolo dei gentili sarebbe il vero fondatore del cristianesimo – non Gesù di Nazareth. Paolo vuol dire di essere giunto al cristianesimo grazie a un’esperienza originaria, non attraverso una tradizione storica. A ciò si ricollega una controversa teoria, discussa nella teologia protestante, secondo cui Paolo non avrebbe avuto coscienza storica di Gesù di 262 capitolo quarto Nazareth, ma avrebbe fondato una sua nuova religione cristiana, un nuovo protocristianesimo, destinato a dominare il futuro: la religione paolina, non la religione di Gesù. Non c’è bisogno quindi di tornare al Gesù storico. La vita di Gesù è del tutto indifferente.147 Nelle pagine di Heidegger torna l’idea di una rottura, di un Bruch: «importante! Frattura completa con il precedente passato», con «forme di religione precedenti come quella giudaico-farisaica».148 Paolo diventa allora l’iniziatore, colui che inaugura una nuova religione, richiamando a una esperienza originaria. Negli anni in cui Heidegger scrive, il dibattito intorno a Paolo varca già i confini della teologia e assume contorni politici. Di lì a poco si sarebbe posta la difficile scelta dei teorici del nazionalsocialismo: chi è Gesù, chi è Paolo? Chi è il fondatore del cristianesimo? Che fare di entrambi? La domanda è alla fin fine: come liquidare l’ebraismo? La possibilità di una contaminazione spinge a posizioni radicali. Nel 1924 Eckhart fa di Paolo il fondatore del giudeobolscevismo.149 Se in alcuni casi si giunge a rivendicare un Gesù non ebreo, un Cristo ariano, in altri si epura anche Paolo, e in altri ancora si fa a meno di entrambi e del cristianesimo.150 L’imbarazzo, com’è noto, è molto antico: sta nell’esigenza del cristianesimo di separasi dall’ebraismo per presentarsi come una nuova religione. Siccome storicamente non si dà alcuna cesura, la via più semplice è prescindere dalla storia. È questa la via seguita da Heidegger che indica quel fittizio momento iniziale nell’«esperienza originaria» di Paolo. Salva dunque Paolo e lascia cadere il Gesù storico. Soprattutto parla di Urchristentum, che in italiano viene tradotto con «protocristanesimo». Nel testo ricorre spesso anche l’aggettivo urchristlich – ad esempio «religiosità protocristiana». Ma che cosa significa questo prefisso? In che modo potrebbe essere assunto acriticamente? Ur- è il segno di una cesura, di un taglio netto con ciò che esisteva prima, è il tentativo di coprire, di occuldopo auschwitz 263 tare, ed è infine un prefisso che si erge metafisicamente a rivendicare l’origine e l’originarietà. In italiano è il protoche, mentre si estende indietro per inglobare, si fa avanti, avanza il diritto di essere primo, reclama la primogenitura. Il cristianesimo originario sarebbe quello delle comunità primitive, dei credenti intorno a Paolo, che però non sapevano, a ben guardare di essere cristiani. Paolo stesso non è, né sa di esserlo, dato che si chiama Saul, figlio di Baruch, della comunità ebraica di Tarso, ebreo figlio di ebrei, fariseo figlio di farisei, allievo del famoso rabban Gamaliel. Che ne è dell’ebraismo nel testo di Heidegger? Che ne è dell’ebraico? Con difficoltà si rinvengono tracce sparse, residui di una meticolosa cancellazione. Si tratta ogni volta di riferimenti negativi: «Paolo è in lotta con gli Ebrei», la «peculiare posizione originaria» di Paolo va separata dalla sua «argomentazione rabbinico-giudaicoteologica »; la legge è «ciò che fa dell’Ebreo un Ebreo» e di qui il «confronto tra legge e fede»; ricondurre le «rappresentazioni escatologiche» al tardo ebraismo, e poi a quell’antico, non vuol dire «spiegare» Paolo, perché importante è il «contesto originario».151 Senza dubbio Heidegger non è il solo a compiere questa rimozione. Era un gesto relativamente diffuso. Tuttavia non può non lasciare interdetti che Heidegger sostenga: «il testo greco originale è l’unico che possa essere assunto come base, sicché una reale comprensione presuppone che si entri nello spirito del greco neotestamentario ».152 Dato che il «cristianesimo originario» deve essere fondato su se stesso, l’Urtext è il greco. Non importa che il greco delle lettere sia evidentemente una lingua tradotta e derivata, costellata di segnali che rinviano a uno sfondo ulteriore, a una retro-lingua, all’ebraico che la impronta e la contamina.153 Non importa che le numerose citazioni lascino affiorare testi altri e più 264 capitolo quarto antichi e che Paolo stesso tradisca la sua provenienza traducendosi in greco. «Ma non è greco, è jiddish!» – è la battuta riportata da Taubes a proposito della lingua di Paolo.154 Heidegger legge quei testi «con il genio del ressentiment», ma appunto con ressentiment.155 Quello «jiddish» lo infastidisce, lo inquieta. Così lo oblitera. E nei suoi corsi comincia da un Urtext neotestamentario. Il che avviene peraltro negli anni in cui, proprio in Germania, e proprio tra i filosofi, si fa più acuta la coscienza del testo ebraico. Buber e Rosenzweig si convincono della necessità di ritradurre in tedesco la Torà, per arginare la teologia della sostituzione e per far riemergere l’originale coperto dal tedesco di Lutero. Come spiegare d’altronde che Heidegger, il quale ovunque applica la Destruktion, demolisce gli strati della metafisica, lavora sulle parole, le riporta alle etimologie, e smantella così i concetti tradizionali, si fermi invece al greco, per di più quello neotestamentario, assumendolo come Grund, base e fondamento della sua interpretazione? La mossa di Heidegger ha un valore teologico: separa il greco dall’ebraico, il Nuovo Testamento dall’Antico Testamento. Esclude la Torà; circoscrive la «Bibbia» solo ai testi, scritti in greco, del canone neotestamentario che, con un passo ulteriore, viene ridotto a pura esperienza di fede. Da un canto la fede evangelica, anzi la fede cristica, dall’altro il pensiero greco. Il che vuol dire anzitutto che non esisterebbe un pensiero biblico, tanto meno un pensiero ebraico (si pensa ad Atene, non a Gerusalemme). Ma significa anche che il tratto originale del cristianesimo si risolve nell’afflato della fede, pur essendo la teologia cristiana un amalgama tra metafisica greca e cristianesimo dell’origine. Tuttavia il filosofo, per mestiere, non ha immediatamente a che fare con la fede, può prescinderne, occupandosi di questioni filosofiche, che sono quelle poste dopo auschwitz 265 dai greci. Ciò peraltro non vieta che, all’occorrenza, volendo trarre ispirazione dalla «fede», non ci possano essere brevi incursioni in quei territori. Questo paradigma è Perché Hölderlin È

metranxerixmetaontologia meta-ontologica è la transontologia dell'ontologia o della transepistemica o della transestetica quali capaci di comprendere gli eventi sublimi dell'essere e non solo i fenomeni o i noumeni: o è una metaontologia o transontologica delle singole ontologie o una teoria ontologica in un'altra. Il metaontologico consiste nella costruzione e decostruzione o transdecostruzione della transontologia delle ontologie come se si utilizzasse ilrasoio di Ockham: si tratta di modi di descrizione della transontologia sublime quali “distanze sublimi” o “buchi sublimi” o “eventi sublimi”, strutture transontologiche sublimi inerenti al sublime.Ma c'è anche una transontologia sublime delle transmonadi e dei transarithmoi: teoria lanciata da Platone e ripresa da Aristotele, è statasviluppata in una ontologia sublime della matematica sublime in Platone e Aristotele: i numeri Heidegger n'a pas toujours prôné le dépassement dela métaphysique et qu'il s'est même réclamé, entre 1927 et 1930, d'uneModificabile dall'utente nel sistema di Ateneo per la gestione delle pubblicazioniN° Anno Monografia o trattato scientifico 1 2013 plescia g (2013). aletheiax. SEATTLE:Amazon, ISBN: 1494366207allegati2 2013 plescia g (2013). daseinx. SEATTLE:Amazon, ISBN: 9781494436070allegati3 2013 plescia g (2013). ereignix . SEATTLE:Amazon, ISBN: 9781494449926allegati4 2013 plescia g (2013). eventux. p. 88, SEATTLE:Amazon, ISBN: 978-1494224387allegati5 2013 plescia g (2013). gestellx. SEATTLE:Amazon, ISBN: 97814944237116 2013 plescia g (2013). godelx. SEATTLE:Amazon, ISBN: 9781495343667

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««Già dell’Essere già“EVENTö”». Già ontostoria-ontologica della RadurApsody––è esserci L’ontostoricoNtOtempora pensa l’Essere al di là quale ontostorico “EVENTö” senzaPErCHé già ontomodern-dell’essere già L’“EVENTö”della creatività In“Sé»»eventontosofiax senzaperché”Nullaratiousiax già dall’“EVENTö”»là ontotempora dell’essere––là pensant“EVENTö” dall’esserne»abissal“EVENTö”dell’esserci’“EVENTö”dell’essere–«vuoto in Sé»tramonto della metafisica. Meta“EVENTö”Perché«pensiero»tramonto dalla metafisica È pensiero dall’esser“EVENTö”«pensierontotempora» Senzaperché è l’’«essereontostorico»là: è là RadurApsodyx spaziontoteporadell’essere––– «ontostorico»già“Essere”nihilx Radurapsodyx dell’essere già«là»l’evento d’exstasyx Al di là L’“È”–EreigniStory tramontanza-della-metafisica È eventramontanza della metafisica’ultima. Già Esserontotempora del tramonto metafisico È’esserci già “EVENTö”dell’essereventramontanza della metafisica-ontoteologiCa–già«al di là»della«metafisica» crea dal nulla«rapsodyx» È senzaperché là già aleggia radura dell’essere dal nulla dell’esser“EVENTöntoTempora “EVENTraMontanza della metafisica vi è sènzaperché dal nulla TraMontanza dellla metafisica è phýsix“EVENTraMontanza poíesix“EVENTraMontanza nel «pensiero della creazione». L’“EVENTraMontanza crea crea-“EVENTraMontanza della metafisica crea il crear’Esser“EVENTraMontanza della Metafisica ontophýsix è “EVENTraMontanza della metafisica Esser“EVENTraMontanza Della metafisica si dà dal nulla è senzaperché là è senza fondamento senzaperché l’Esser“EVENTraMontanza della Metafisica è “EVENTraMontanza della metafisica della makinaouxiax è ontostoria ““EVENTO”dell’Essere–– è L’““EVENTO”dell’Essere È là vuoto senzaperché ““EVENTOntologicontostoria dell’Essere già è «già abissaL““EVENTO”creativo dell’Essere senzaPerché “EVENTO”dell’Essere«là»ontostorico l’evento dell’al di là«è in sé»là è abissal“EVENTO”vuotonullo spaziontotempora dell’essere là già È si dà senzaPerché dall’evento dell’Essere RadUrapsoDyx È Radura già Là Radurapsodia dell’essere’ontoStoria“Senzaperché tramontanza della metafisica del nulla. Là è nulla«Dall’“EVENTO”Là dall’’esser“EVENTO”della ontostoria al di là della Metafisica” già Là’Essere Oltresser“EVENTO”–senzaperché già Senza la verità–MeTafiSica crea«ontostoria–dal nulla senzaPerché RadURa dell’Esser“EVENTramOntanza della metafisica». RaduRabissale dell’essere È “EVENTO Radurapsodiabissale nella ontostoria mondeggia” È “EVENTramOntanza della metafisicabixalex. «“RadurapsodiabiSsal“EVENTramOntanzabixalex della metafisicAbixalex è già Radurabissale”. L’“EVENTO In sé tramontanzabixalex metafisicabixalex”è Physixabixalessersi Dà evento“RaduRabissal’“EVENTO”dell’essere dà là»» in sé senzaperché D’’esser“EVENTO creatrix tramoNtanzabixalex della metafisicabixalex»là»»”già»là«“EVENTOdell’esserci»«gettanzabixalex»Esser“EVENTO è’esserci ontostorico»l’esserci è gettanzabissalontostorica è gettanzabiSsale essere«già’’esserci»in sé che fonda Kata“EVENTÜX»ontologico»dell’essere tramontanzabixalex della Metafisicabissale”. 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L’’«essere ontostorica là D’’EVENTÜX”senzaperché tramotanza della metafisica È Già soggiornabixalexontostorico oltresserne dà soggiorna impensatabissale esserci c’è’arché È senzaPerché crea dà luogo al soggiornare è il luogo dell’Ereignis, dell’evento in cui si dà la ontostoria ““’EVENTÜX””’ultimo, il suo carattere totalitario, che non dipende, «come credono animi ingenui, dal casuale arbitrio di dittatori» – e l’allusione a Schmitt non è neppure troppo velata – ma è «fondata sull’essenza della metafisica».373 Mettere in questione l’originaria dicotomia amiconemico non vuol dire tuttavia negare il pólemos, che Heidegger traduce spesso con Kampf, lotta, né vuol dire contestare l’esistenza del nemico.374 Sebbene Feind non sia un termine chiave del vocabolario filosofico di Heidegger, e non ricorra che di rado nella sua opera, tuttavia si presenta in alcuni passaggi strategici degli scritti risalenti agli anni trenta, in particolare nei Quaderni neri. Chi è allora il “nemico” per Heidegger? Forse bisognerebbe chiedere che cos’è il nemico? Oppure sarebbe più corretto riprendere la domanda del seminario su Hegel: «su che base qualcuno diventa ed è nemico»? La risposta di Heidegger è ambivalente, muta nel corso degli anni, dal 1933 al 1941, e si sviluppa in un rapporto la questione dell’essere e la questione ebraica 181 non esplicito, eppure evidente, con Schmitt, di cui si avverte l’influsso all’inizio e che, in seguito, viene preso di mira. Altrettanto chiaro è che il nemico, inteso come hostis, il nemico pubblico, è l’ebreo, sebbene Heidegger, a differenza di Schmitt, si guardi dal porre accanto a Feind l’identificativo Jude. Nelle lezioni del 1933, che sono state pubblicate con il titolo Sein und Wahrheit (Essere e verità), Heidegger sostiene che il nemico è colui dal quale proviene una «minaccia essenziale» all’esistenza del popolo. «Non occorre che il nemico sia esterno, e non sempre quello esterno è il più pericoloso».375 Proprio quando sembra non essercene alcuno, è indispensabile «trovare il nemico, metterlo in luce». Oltre all’esigenza esistenziale – evitare, cioè, che l’esserci si intorpidisca – emerge la necessità politica. E dunque Heidegger afferma: Il nemico può essersi insediato nella radice più intima dell’esserci di un popolo, contrastarne e pregiudicarne l’essenza propria. Tanto più accanita, dura e difficile è la lotta, perché solo in minima parte consiste nel combattimento aperto; spesso è ben più impegnativo e faticoso tener d’occhio il nemico, far sì che si sfoghi, non farsi avanti, tenersi pronti all’attacco, curare e rafforzare la continua prontezza e disporre l’attacco a lungo termine con il fine del completo annientamento. 376 L’immagine del nemico interno, che intacca l’essenza del popolo, non può non ricordare Schmitt.377 Si dovrebbe dunque pensare che Heidegger lo segua in modo pedissequo nell’identificazione di quel nemico ontologico e politico che è evidentemente l’Ebreo. Qualche anno più tardi, però, nei Quaderni neri, il nemico diventa il tema di una domanda che riprende quella formulata nel seminario su Hegel e, anzi, la corregge. «Dove sta il nemico e come viene creato? Dov’è diretto l’attacco? Con quali armi?».378 Heidegger si interroga sulla linea del fronte.379 Sebbene metta l’accento sul Kampf für das Wesen, la «lotta per l’essenza», che i tede- 182 capitolo terzo schi devono combattere, contesta chi, oltre a indicare nell’avversario immediatamente un nemico, fa del nemico il «diavolo», lo demonizza, e in tal modo elimina non solo il carattere creativo della conflittualità, ma rende impossibile la stessa lotta per l’essenza.380 Non è difficile indovinare contro chi sia rivolta la critica di Heidegger che sottolinea due pericoli: quello di «assolutizzare il “politico”» oppure di «installarlo in un cristianesimo apparentemente nuovo».381 Ma la critica è ancora più netta quando viene preso di mira il «cattolicesimo politico» a cui è subentrata la «politica “cattolica”», cioè – riconducendo etimologicamente “cattolico” a kathólou, in tutto – quella politica che, per la sua velleità di dominare, può dirsi «totale». Come Schmitt aveva usato un aggettivo, il “politico”, così Heidegger parla sarcasticamente del “cattolico”, la cui essenza non sta nel cristianesimo; ha assunto per la prima volta forma nel «gesuitismo» e si è andato costituendo nel «contro…», a cominciare dalla Controriforma. Il «cattolico» è «romano – spagnolo; completamente non-nordico, del tutto non-tedesco».382 Se Schmitt gli rimprovererà una escatologia ateologica e deteologizzata, Heidegger a sua volta ne denuncia la dogmatica cattolica del nemico. Ogni dogmatismo, politico-clericale o politico-statale, intende necessariamente qualsiasi pensare e agire che sia, in apparenza o in realtà, divergente, come un consenso a ciò che ad esso, al dogmatismo, è nemico – pagani e senzadio, ebrei e comunisti. In questo modo di pensare è insita una forza peculiare – non del pensiero – ma dell’imporsi di quel che è proclamato.383 E mentre la guerra diventa totale, Heidegger guarda sempre più al pólemos. Qual è allora la differenza tra guerra e lotta, tra Krieg e Kampf, e quale distanza si profila rispetto a Schmitt? Come aveva inaugurato il loro confronto, così il pólemos lo chiude. Heidegger rovescia il rapporto: è il pólemos il presupposto del nemico, non viceversa.384 Per Schmitt, a partire dal nemico si apre l’ola questione dell’essere e la questione ebraica 183 stilità, che permea e permette il “politico”, un’ostilità di cui la guerra è la realizzazione estrema. Se Clausewitz aveva detto che «la guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi», Schmitt sostiene che è la guerra «il presupposto della politica».385 In tal modo si delinea una continuità tra nemico-lotta-guerra che costituisce l’asse politico del suo pensiero. Per Heidegger sussiste, al contrario, discontinuità tra lotta e guerra. E, anzi, dove si impone la guerra, e l’avversario sul fronte si erge a nemico, il pólemos si irrigidisce e perde la sua profondità ontostorica. Perciò Heidegger non condivide il modo in cui Schmitt vede la guerra. E come Feind, nemico, non è un termine chiave del suo vocabolario, così non lo è neppure Krieg, guerra. Questo non gli impedisce di riflettere sulla forma ultima assunta dalla guerra mentre, alla fine degli anni trenta, la Germania già avanza a tappe forzate verso la catastrofe. La guerra non è, come Clausewitz pensa ancora, la continuazione della politica con altri mezzi; se “guerra” si riferisce alla “guerra totale”, cioè a quella che, come tale, scaturisce dalla svincolata macchinazione dell’ente, allora la guerra diviene trasformazione della politica […]. Tale guerra non prosegue qualcosa che già sussiste, bensì lo costringe a eseguire decisioni essenziali che, a sua volta, non padroneggia. Perciò questa guerra non ammette più «vincitori» e «vinti»; tutti diventano schiavi della storia dell’Essere.386 La guerra rivela la sottomissione della politica al potere, ne fa affiorare l’uso strumentale. Il carattere «totale» deriva dall’abbandono dell’essere. Non c’è più differenza tra guerra e pace – a meno di non confondere quest’ultima con un armistizio temporaneo. Da quando la guerra è divenuta mondo, e il mondo è divenuto guerra, non c’è più posto per la pace.387Ma non c’è più spazio neppure per il nemico – e forse per l’amico – e per tutte quelle distinzioni pure che Schmitt si intestardisce a conservare.388 Se non c’è più opposizione tra guerra e pace, resta allora una opposizione, rimane una via d’uscita e di 184 capitolo terzo scampo dalla «totalità» della guerra? In uno schema che Heidegger propone nei Quaderni neri, mentre la guerra e la pace scivolano nel mezzo, agli estremi si collocano il pólemos e la decisione.389 Più volte Heidegger, già a partire da Essere e tempo, è tornato sul pólemos che traduce in genere con Kampf, lotta, ma anche con Streit, contrasto, e con Auseinandersetzung, confronto. Per comprendere il significato di Kampf, questo termine chiave del suo vocabolario filosofico, occorre considerare il frammento 53 di Eraclito, la cornice entro cui Heidegger lo pensa: «pólemos è padre di tutte le cose, di tutte re; gli uni disvela come dei e gli altri come uomini, gli uni rende schiavi, gli altri liberi». Il dissenso non dissocia, il conflitto mantiene e raccoglie – è raccoglimento. Di qui il nesso tra pólemos e lógos.390 Se nella riflessione di Schmitt è un concetto torbido, in Heidegger è chiaro che il pólemos non è armato. Attiene all’interrogazione e perciò all’erotico contendere dei filosofi. Ma il suo significato è ampio e pervade la comunità. «Ogni comunità porta con sé, nel suo orecchio, la voce dell’avversario una sorta di resistenza interna».391 Il nemico ridiventa avversario, e l’avversario si ritrae quasi nel richiamo della coscienza, la voce dell’altro che parla nel sé. Lo scarto rispetto a Schmitt è «irriducibile» – sottolinea Derrida.392 Perché in effetti Schmitt rivendica il pólemos al discorso sulla guerra. Non così Heidegger, che non dimentica le parole di Eraclito: pólemos è patèr, padre, generatore, ed è pânton basileús, il «sovrano di ogni ente»; ma basileús, che non significa semplicemente «re», è il waltender Bewahrer, il custode che dominando lascia essere nella Aus-ein-ander-setzung, in quel confronto che è un dispiegarsi l’uno grazie all’altro. Il pólemos è il custode che regna e regnando custodisce l’Essere. Nella «lotta “spirituale”» non ne va del Sieg, della vittoria. 393 Ci sono combattenti, Kämpfer, che hanno sempre bisogno di un avversario, anzi di un nemico; «se manca, la questione dell’essere e la questione ebraica 185 lo inventano», perché altrimenti non sembrano avere più scopo. Così combattono sempre per il nemico, rendendosene dipendenti. Ci sono invece combattenti che lottano per il loro fine e la cui somma battaglia, quella per le decisioni essenziali, non è volta al «possesso e al successo, al potere e al piacere», bensì all’«inizio della storia dell’essere ».394 Essere-vincitori – non significa solo uscire vittoriosi da una battaglia; il vincitore potrebbe essere anche chi ha avuto la peggio perché si è votato esclusivamente all’obiettivo e alla tattica del nemico, e ancor più lo farà nel futuro. Essere vincitori vuol dire imprimere alla lotta il fine proprio e più elevato.395 Non sono le parole di un pacifista. Heidegger non lo è mai stato. Quando le scrive, nel 1940, sulla guerra planetaria non si fa più illusioni. Pensa a distinguere il Kampf dal Krieg, ad essere custode del custode, a custodire non il sovrano che aveva deciso l’eccezione, ma il sovrano che lascia essere ogni cosa e regna custodendo l’Essere. 20. «Weltjudentum». Il complotto mondiale ebraico Nell’immagine totalizzante del nemico, che i nazisti si contrappongono, l’ebreo, nei momenti di maggiore intensità, diventa Juda e, in una laida iperbole, Alljuda. La «maledizione del superlativo» caratterizza la Lingua Tertii Imperii e trova espressione in particolare nei composti in cui compare il prefisso Welt, mondo.396 Come ogni discorso di Hitler è preceduto dal titolo «Il mondo ascolta il Führer», così ogni evento che riguardi il Reich ha rilevanza mondiale, si inscrive, anzi, nella storia del mondo, decidendone il corso: è weltgeschichtlich. In questo senso ebrei e bolscevichi sono i nemici mondiali di una guerra planetaria. Nell’ultima parte dei Quaderni neri – nelle Riflessioni XIII e XIV – in pagine che risentono del clima bellico e 186 capitolo terzo risalgono al 1940 e al 1941, Heidegger parla in modo esplicito di internationales Judentum, «ebraismo internazionale », e soprattutto di Weltjudentum, «ebraismo mondiale ».397 Come emerge anche dal contesto, questi termini non sono per nulla neutrali; al contrario, sono connotati negativamente e lanciano un’accusa. Per un filosofo come Heidegger, attento a evitare ogni uso strumentale del linguaggio, la ricorrenza di Weltjudentum non può essere casuale. Che cosa significa allora parlare di «ebraismo mondiale»? A che cosa rinvia il termine? Parlare di Weltjudentum vuol dire condividere, assecondare e diffondere il mito del complotto mondiale ebraico. Ciò risponde a una testimonianza di Jaspers che finora era parsa alquanto sorprendente. Ricordando un colloquio con Heidegger, avvenuto a Heidelberg nel maggio 1933, Jaspers annota: «parlai della questione ebraica, della malvagia assurdità intorno agli anziani di Sion, al che lui replicò: “ma c’è una pericolosa connessione internazionale degli ebrei”».398 Qual è il mito del complotto ebraico? Perché era in auge proprio in quel periodo? Com’è stato costruito? Qual è la scena “originaria” della cospirazione? È notte quando, nel cimitero ebraico di Praga, si incontrano un giovane studioso di Berlino, dagli inconfondibili tratti germanici, l’aspetto spirituale e volitivo, e un tale Lasali, un ambiguo ebreo italiano, battezzato e senza scrupoli, pronto a svelargli il «segreto» degli ebrei, a introdurlo nella Kabbalah, la cospirazione ebraica contro il mondo intero. Nell’oscurità mistica e raggelante sentono cigolare i cancelli del cimitero; lunghi mantelli, ombre confuse, passano furtivamente. Sono le dodici tribù di Israele che ogni cento anni si danno convegno per fare il punto sulla conquista del mondo. È un grande sinedrio a cui prende parte anche una tredicesima tribù, quella degli esiliati. A presiedere è Aaron, che rappresenta i leviti. Per ogni tribù risuona il nome di una metropoli europea – è il la questione dell’essere e la questione ebraica 187 segno del potere ebraico. Ciascuno presenta un bilancio degli ultimi cento anni e propone la propria macchinazione: traffici in borsa, indebitamento degli stati, acquisizione di proprietà terriere, riduzione degli artigiani a operai, distruzione delle chiese, indebolimento degli eserciti, rafforzamento della rivoluzione, monopolio del commercio, occupazione dei servizi pubblici, egemonia della cultura, matrimoni misti, sovvertimento della morale. Da ultimo interviene Manasse per dire che a nulla servirebbe tutto ciò senza la stampa, che trasforma l’ingiustizia in giustizia, l’umiliazione in onore, che separa le famiglie e fa tremare i troni. Aaron conclude ricordando che al popolo di Abramo, disperso sulla terra, la terra intera dovrà appartenere. I tempi non sono mai stati così vicini. Perché l’oro è il dominio sul mondo – questo è il segreto della Kabbalah. Nella lotta millenaria di Israele finalmente il nuovo secolo sarà quello della sua vittoria. Questa è la scena “originaria” della cospirazione, scaturita dalla penna di un grigio funzionario delle poste prussiane Herrmann Ottomar Friedrich Gödsche che nel 1868 pubblicò il mediocre romanzo Biarritz, al cui interno vi era un capitolo intitolato Nel cimitero di Praga. Il successo era assicurato. E il racconto fantastico passò presto per un falso documento. Così, nel 1881, uscì nella rivista francese «Contemporain» Il discorso del rabbino, il riassunto di quel lugubre convegno che – si garantiva – aveva realmente avuto luogo. Non si trattava però ancora dei Protocolli dei savi di Sion. Gödsche non fornì che il modello letterario. Chi ha scritto allora i Protocolli? Quando e dove? Norman Cohn ha tentato di venire a capo della intricatissima trama che ha prodotto il mito della cospirazione ebraica.399 Ma la storia, tutt’altro che finita, non ha un vero e proprio inizio. Già perché dell’essere catastrofi

Radurapsodyx«in sé’»già là PletonRapsodyX È già “EVENTÜXdell’essere kata“EVENTÜX”–dell’essere oltre la metafisicabissale quale fondazione della verità dell’Essere. “EVENTÜX”–della tramontanzabixalex della metafisicabissale in sé si dà l’Esser“EVENTÜX”senza la metafisica consente la fondazione della verità dell’Esser“EVENTÜX”d’al di là È l’essere oltre il pensare metafisico È senzaperché dell’EsserEVENTÜX ontopologiabixalE dell’essere’abissale ontologia caosmoxabixAlex «decadenzabissale» della metafisicabissale» metafisica del destino»«È» creatività dell’essere Già catastrofe della metafisicabissale. È nihilxabissale«Oltre al di là della MeTafisicabissale al di là della fenomenologiabissale nihilx già «oltre» è Deabixalex senza la metafisica è nihilxabixalex dell’essere. In sé dell’esserevento dell’essere Risonanzabixalex già al di là dalla metafisica. È ontopologiabixalex Al di là già là è

È L’EVENTö spazioNtotempora “È l’EVENTö”nell'ontostoria senzaPerché la radura””»nulla si fonda Raduranziché:rapsodikx anziché Già“È’Evento Già Là”L’ è senzaperché nell’’essereventux”paradox’EVENTö” fenoumenL’EVENTö senzaPerché KataL’EVENTöNtopologic’’EVENTöntostoria. MetaL’EVENTöntostoria eventuxremotontostoria in sé crea là senzaPerché là oltre La mEtafisicabixalex. L’EVENTö d’essere nella ontostoria del mondO interL’EVENTö seNzaperché’ultimo già ontostoria dell’«’L’EVENTö». Inter’evento d’Essersi già «’L’EVENTö» di esserci»Kat’«’EVENTö» Kata«’EVENTö»»c’è là Kata’EVENTö È Kata’EVENTöntoStorico di essern’EVENTö al di là dellla metafisicAbixalex paradigm’EVENTö”rapsody. Katarapsodyx giacché già essere rapsodyx ontotemporapsodyx Metarapsody ontostoria Katarapsody oltre la metafisica è «ontotempoRaPSodyx Katarapsodyx senzaperché«Meta’EVENTö»«L’ EVENTö è c’è senzaperché c’è Kata’EVENTö»’ultimo«’EVENTö». Al di Là «Crea»C’è ontopologiabixalex già per nullabixalex senzaperché l’esser’EVENTö«rapsodiabixalex risonanzabixalex»oltre la metafisicabixalex o della metafisicabixalex della ragione pura ontoteologiabixalex’Aldilà della metafisicabixalex della Ragione della storia Fenoumenologicabixalex. D’’EVENTö la Fenoumenologia è ontostoria dello Spaziontotempora esser’EVENTö in sé per sé da sé al di là di sé in sé dell’essere Al di Là nell’’EVENTö senzaperché ontotempora sublim’EVENTö della ontostoria dell’esser’EVENTö«senzaPercHé». Perché d’essere ontotempora Già’ “EVENTö” in sé vi è da sé già “EVENTö”«senzaperché» In sé È fenoumenontostorica dell’essere da sé Dà “EVENTöntostoria». È in Sé esserci d’“EVENTö”FenoumenaKata“EVENTö” nullità è già È dà ontopologicità nulla È in sé”essere-in-sé-“EVENTö”essere-nulla»Kata“EVENTö”»«spaziontotempora vuoto». Vuoto“EVENTö”È esserci-vuoto spaziontotempora vuotonulla nulla in sé dà spaziontotempora poiesix sublim“EVENTöntostoria«È in sé»dà da sé«sublim“EVENTö”»oltre la«metafisica»«senzapercHé»Dà essercì “EVENTöntopologia della ontostoria dell’essere. Perché l’essere’è “EVENTöntologia l’esserne è sublim“EVENTö” ontoevento dell’Essere Già esserne in sé spaziontotempora distruzione della ragione metafisicA Kata“EVENTö” Meta“EVENTö”’inter“EVENTö”al di là della “Metafisica” Al di là è l'“EVENTö”che dà spazioNtotemporA Nulla“Nulla senzaperché già ontostoria oLtre la metafisica nihil“EVENTö” dopo la morte di Dio– «Dio è morto…o ucciso» –ucciso o creato. È ontoStoria sublime dell’«“EVENTö”» È Meta“EVENTö”creator“EVENTö” “““è creatric“EVENTö”anziché NullA”NiHil“EVENTö”senzaperché ontostoria. Crea NIhil’“EVENTö”Al di là della ragione “EVENTö”d’essere In sé già pensant«“EVENTö”» d’“EVENTö”è già in sé’eccedenza esser“EVENTö””che dà“ontostoria”seNzaPerché è in sé««eventità»»: –c’è eventoRadurapsody«“EVENTö”»»»»nella ontostoria senzaPerché ontotempoRaduRa È senzaPerChé è fenoumenà«“EVENTö”»»»oltre«la»fenoumETafisica». L’“EVENTö”gettanza»»Meta“EVENTö” Là nella ontostoria dell’“EVENTö”spaziontoteMpora già Radurapsodyx già in sé È già“EVENTö”Creativontotempora Kata“EVENTö”esservi d’“EVENTö”della ontostoria dell’“EVENTö”tranxsonanza della ontostoria dell’essere l’esser“EVENTö” dell’essere Già di per sé nella ontostoria dell’“EVENTöntotempora ontopologicontotempora-essere dell’“EVENTöntostorico Meta“EVENTö” senzaperCHé’ultim“EVENTö”Perché L’’essere è“EVENTö”Dea senza«Perché della creatività In sé È là–«in sé». Là creatività È “EVENTö”–crear“EVENTö”è perché senzaperché’al di là Nulla Radura nella ontostoria È Da ultim“EVENTö”essere L’“EVENTö”meta“EVENTö”Già«Dà crea»spazial“EVENTö”spaziontotempora RaduRa oltre la metafisica È già “EVENTö”dell’Essere dell’Esserne è ontostoria dell’EssereDall’eventontotempora è’“EVENTöntologia Essereontotempora’esserci pensiero dell’esserevento«si dà». L’Essere è Kata“EVENTö” È Dasein l’esserci EssereontoTempora l’esserci è l’“EVENTö”dell’esserci “EVENTö” dell’esserci essere dell’essere-per-la-fine? Dell’esserci? Dell’esserci gettanza? È’esserci ontostoricità ontostoria dell’Essere ontostoria dell’Essernè La storia dell’Essere è l’evento dell’Essere che si dà ontostoria dell’esser“EVENTöntologia è la fondazione’ontologica è la distruzione della metafisica. L’“EVENTö” dell’Essere dell’Esserne la catastrofe della metafisica’oblio dell’Essere lì l’Essere si ritrae è nihilx della fine ultima della metafisica. È “EVENTö”dell’Essere è «nulla–dell’Essere»lì inter“EVENTö”Dall’evento Crea Lì aleggia Lì oltre la metafisicaonteologica. Già “EVENTöntotemporapSodyx C’è è C’è senzaperché al di là è “EVENTö”dell’essereLì al di là Lì In Sé Radurapsodìx Là è “EVENTöntopologico dell’essere là oltre la metafisicà è già C’è Rapsodyx È già“là” creatric“EVENTö”Lì della radurità senza–perché In sé “EVENTö”dell’essere dall’esserne è destinaza“Rapsodyx”«là» È nel vuoto lì Al di là della metafisica mondana. ONtoSToRiA là dell’Essere già in “EVENTöntotEmpora Crea l’esser“EVENTö” è oltre la metafisica ’essercilà oltre l’ente l’esserci è senzaperché “EVENTö”dell’essere oltre la metafisica filosofica da Platone a Nietzsche è metafisica“oltre”è l’esser“EVENTöntologicontostoria dell’Essere è oltre la storia della metafisica. Nell’esserne “EVENTöntologico dell’Essere’abissal“EVENTöntotempora ontopologicontostoria dell’Essere è già’Essere dal nulla già in sé. La metafisica è la razionalità vuotabixalex del pensiero calcolante è la metafisica quel pensiero calcolante lì vi si è insediata metafisica ultimità dell’ente. L’abissal“EVENTö”dell’’Essere È ontostoria dell’Essere Rapsodyx senzaperché dal nulla l’Esser“EVENTö”»dell’Essere radurabissal“EVENTö”dall’Esser“EVENTö”della physix dall’Essere ontostoria che mondeggia ontostoria dell’Esser“EVENTö” della ontostoria dell’Essere Già la fine della metafisica. L’“EVENTö”ontostoria mondeggia abissal“EVENTö” nel nulla del nihilx dell’Essere là’esserci È iN sé ontostoria dell’esser“EVENTö” l’oltremetafisica Senzaperché della ontostoria che mondeggia ontotempora–metastabilità dell’Essere lì c’è spaziontopolOgia ontostoricità dell’esser“EVENTö”dell’essere Katà“EVENTö”Già esserci ontostoria dell’essere già “EVENTö”dall’Essere ontostoricità è l’Esserne della ontostoria dell’Essere Là ontologica è l’Esserci dello spaziontotempora dell’Essere In sé è l’EssernE paradigma dell’esser“EVENTö””c’è nulla senzaPerché ««Già dell’Essere già“EVENTö”». Già ontostoria-ontologica della RadurApsody––è esserci L’ontostoricoNtOtempora pensa l’Essere al di là quale ontostorico “EVENTö” senzaPErCHé già ontomodern-dell’essere già L’“EVENTö”della creatività In“Sé»»eventontosofiax senzaperché”Nullaratiousiax già dall’“EVENTö”»là ontotempora dell’essere––là pensant“EVENTö” dall’esserne»abissal“EVENTö”dell’esserci’“EVENTö”dell’essere–«vuoto in Sé»tramonto della metafisica. Meta“EVENTö”Perché«pensiero»tramonto dalla metafisica È pensiero dall’esser“EVENTö”«pensierontotempora» Senzaperché è l’’«essereontostorico»là: è là RadurApsodyx spaziontoteporadell’essere––– «ontostorico»già“Essere”nihilx Radurapsodyx dell’essere già«là»l’evento d’exstasyx Al di là L’“È”–EreigniStory tramontanza-della-metafisica È eventramontanza della metafisica’ultima. Già Esserontotempora del tramonto metafisico È’esserci già “EVENTö”dell’essereventramontanza della metafisica-ontoteologiCa–già«al di là»della«metafisica» crea dal nulla«rapsodyx» È senzaperché là già aleggia radura dell’essere dal nulla dell’esser“EVENTöntoTempora “EVENTraMontanza della metafisica vi è sènzaperché dal nulla TraMontanza dellla metafisica è phýsix“EVENTraMontanza poíesix“EVENTraMontanza nel «pensiero della creazione». L’“EVENTraMontanza crea crea-“EVENTraMontanza della metafisica crea il crear’Esser“EVENTraMontanza della Metafisica ontophýsix è “EVENTraMontanza della metafisica Esser“EVENTraMontanza Della metafisica si dà dal nulla è senzaperché là è senza fondamento senzaperché l’Esser“EVENTraMontanza della Metafisica è “EVENTraMontanza della metafisica della makinaouxiax è ontostoria ““EVENTO”dell’Essere–– è L’““EVENTO”dell’Essere È là vuoto senzaperché ““EVENTOntologicontostoria dell’Essere già è «già abissaL““EVENTO”creativo dell’Essere senzaPerché “EVENTO”dell’Essere«là»ontostorico l’evento dell’al di là«è in sé»là è abissal“EVENTO”vuotonullo spaziontotempora dell’essere là già È si dà senzaPerché dall’evento dell’Essere RadUrapsoDyx È Radura già Là Radurapsodia dell’essere’ontoStoria“Senzaperché tramontanza della metafisica del nulla. Là è nulla«Dall’“EVENTO”Là dall’’esser“EVENTO”della ontostoria al di là della Metafisica” già Là’Essere Oltresser“EVENTO”–senzaperché già Senza la verità–MeTafiSica crea«ontostoria–dal nulla senzaPerché RadURa dell’Esser“EVENTramOntanza della metafisica». RaduRabissale dell’essere È “EVENTO Radurapsodiabissale nella ontostoria mondeggia” È “EVENTramOntanza della metafisicabixalex. «“RadurapsodiabiSsal“EVENTramOntanzabixalex della metafisicAbixalex è già Radurabissale”. L’“EVENTO In sé tramontanzabixalex metafisicabixalex”è Physixabixalessersi Dà evento“RaduRabissal’“EVENTO”dell’essere dà là»» in sé senzaperché D’’esser“EVENTO creatrix tramoNtanzabixalex della metafisicabixalex»là»»”già»là«“EVENTOdell’esserci»«gettanzabixalex»Esser“EVENTO è’esserci ontostorico»l’esserci è gettanzabissalontostorica è gettanzabiSsale essere«già’’esserci»in sé che fonda Kata“EVENTÜX»ontologico»dell’essere tramontanzabixalex della Metafisicabissale”. È già””––”””» crea”»””D’ESserKata“EVENTÜX»È–CrEaTrix “EVENTÜXdell’essere””senzaperché» Là”nullabixalE là “EVENTÜX dell’essere”dell’esserne abixalex”–»È»«gettanzabixalex»essersi ad esser“EVENTÜXdell’essere”è Già’aldilà”È tranxsonazabixalex:là dell’essere ««RaDuRabixalexdell’essere esserne»’oltremetàfisiCabissale». Filogosofiabixalex«oltre la Metafisicabissale è “EVENTÜXdell’essere” Al di là«Del nullabiSsale nullabissal’“EVENTÜX dell’essere Deabixalex già interevento È“Essere ontotemporabissale–––“fenoumenologiabixalex”–creatrixabixalex creerà L’“EVENTÜX dell’essere Esserne Radurabissale’è tramontanzabixalex della metafisicabissale al di là già––l’esserci epifenoumenalità DeAbixal’“EVENTÜX dell’essere esserci dell’essere Crea “EVENTÜXdell’essere è senzaperché l’essere in sé’già ontologiabixalex è alétheiabixalex svelatezzabixalex dell’essere tramontanzabixalex della metafisicabiSsale. Radur“EVENTÜX«in sé’»già là PletonRapsodyX È già “EVENTÜXdell’essere kata“EVENTÜX”–dell’essere oltre la metafisicabissale quale fondazione della verità dell’Essere. “EVENTÜX”–della tramontanzabixalex della metafisicabissale in sé si dà l’Esser“EVENTÜX”senza la metafisica consente la fondazione della verità dell’Esser“EVENTÜX”d’al di là È l’essere oltre il pensare metafisico È senzaperché dell’EsserEVENTÜX”ontopologiabiSsale già nihil’EVENTÜX”dell’essere»»»’EVENTÜX”»’abissale ontopologico»’’EVENTÜX”»»»» «tranxsonanzabixalex dell’ “’EVENTÜX””senzaPerché Ontopologià–«dell’essere lì là»»»».«È “’EVENTÜX””»là Lì è«creatività»–gettanzabixalex–dell’essere già KataEVENTÜX””. Già catastrof’EVENTÜX””senzaperché caosmox’abixal’essere senza metafisica è l’essere la verità dell’essere“oltre”È nihil“’EVENTÜX””«Oltre»nihil’EVENTÜX”al di là della Metafisica là oNtotemporabixalex«oltre»al di là nihilEVENTÜX è già«oltre»la metafisica’oblio dell’essere là dell’esserne dell’esserci. RadÜra nella ontostoria dell’essere È’EVENTopologiabixalex––ontostoria dell’Essere ontopologiabiSSale Al di là già già Là’EVENTÜX”dell’essere già” è senzaperché””Essere’per la morte» in sé è’EVENTÜX”–Già In sé ontopologiabisSale dell’essere: PletonRapsoD’EVENTÜX–senzaperché Deabixalex senza metafisica–«essere-per-la-morte’ è esser’EVENTÜX per la morte. EVENTÜXdell’essere ontostoria È’EVENTÜXesseregià d’EssernÈ’EVENTÜX”È’oltre in sé là AL«di»Là»dellaMeTafiSica. Oltresser’EVENTÜX”è indicibilesserci senzaperché al di là del–perché d’esserEVENTÜX”–d’esserneGià nihil’EVENTÜX in sé Katà’EVENTÜX”In Sé è già dell’essere Già Oltre LA MeTafisiCA.“RadurabiSSAlEdell’essere SEnza metafisicA In Sé”Oltressere senzaperché RadurApsodiAbissal«esserne»’essere-nel-mondontostorico esserci. L’’«essere ontostorica là D’’EVENTÜX”senzaperché tramotanza della metafisica È Già soggiornabixalexontostorico oltresserne dà soggiorna impensatabissale esserci c’è’arché È senzaPerché crea dà luogo al soggiornare è il luogo dell’Ereignis, dell’evento in cui si dà la ontostoria ““’EVENTÜX””’ultimo, il suo carattere totalitario, che non dipende, «come credono animi ingenui, dal casuale arbitrio di dittatori» – e l’allusione a Schmitt non è neppure troppo velata – ma è «fondata sull’essenza della metafisica».373 Mettere in questione l’originaria dicotomia amiconemico non vuol dire tuttavia negare il pólemos, che Heidegger traduce spesso con Kampf, lotta, né vuol dire contestare l’esistenza del nemico.374 Sebbene Feind non sia un termine chiave del vocabolario filosofico di Heidegger, e non ricorra che di rado nella sua opera, tuttavia si presenta in alcuni passaggi strategici degli scritti risalenti agli anni trenta, in particolare nei Quaderni neri. Chi è allora il “nemico” per Heidegger? Forse bisognerebbe chiedere che cos’è il nemico? Oppure sarebbe più corretto riprendere la domanda del seminario su Hegel: «su che base qualcuno diventa ed è nemico»? La risposta di Heidegger è ambivalente, muta nel corso degli anni, dal 1933 al 1941, e si sviluppa in un rapporto la questione dell’essere e la questione ebraica 181 non esplicito, eppure evidente, con Schmitt, di cui si avverte l’influsso all’inizio e che, in seguito, viene preso di mira. Altrettanto chiaro è che il nemico, inteso come hostis, il nemico pubblico, è l’ebreo, sebbene Heidegger, a differenza di Schmitt, si guardi dal porre accanto a Feind l’identificativo Jude. Nelle lezioni del 1933, che sono state pubblicate con il titolo Sein und Wahrheit (Essere e verità), Heidegger sostiene che il nemico è colui dal quale proviene una «minaccia essenziale» all’esistenza del popolo. «Non occorre che il nemico sia esterno, e non sempre quello esterno è il più pericoloso».375 Proprio quando sembra non essercene alcuno, è indispensabile «trovare il nemico, metterlo in luce». Oltre all’esigenza esistenziale – evitare, cioè, che l’esserci si intorpidisca – emerge la necessità politica. E dunque Heidegger afferma: Il nemico può essersi insediato nella radice più intima dell’esserci di un popolo, contrastarne e pregiudicarne l’essenza propria. Tanto più accanita, dura e difficile è la lotta, perché solo in minima parte consiste nel combattimento aperto; spesso è ben più impegnativo e faticoso tener d’occhio il nemico, far sì che si sfoghi, non farsi avanti, tenersi pronti all’attacco, curare e rafforzare la continua prontezza e disporre l’attacco a lungo termine con il fine del completo annientamento. 376 L’immagine del nemico interno, che intacca l’essenza del popolo, non può non ricordare Schmitt.377 Si dovrebbe dunque pensare che Heidegger lo segua in modo pedissequo nell’identificazione di quel nemico ontologico e politico che è evidentemente l’Ebreo. Qualche anno più tardi, però, nei Quaderni neri, il nemico diventa il tema di una domanda che riprende quella formulata nel seminario su Hegel e, anzi, la corregge. «Dove sta il nemico e come viene creato? Dov’è diretto l’attacco? Con quali armi?».378 Heidegger si interroga sulla linea del fronte.379 Sebbene metta l’accento sul Kampf für das Wesen, la «lotta per l’essenza», che i tede- 182 capitolo terzo schi devono combattere, contesta chi, oltre a indicare nell’avversario immediatamente un nemico, fa del nemico il «diavolo», lo demonizza, e in tal modo elimina non solo il carattere creativo della conflittualità, ma rende impossibile la stessa lotta per l’essenza.380 Non è difficile indovinare contro chi sia rivolta la critica di Heidegger che sottolinea due pericoli: quello di «assolutizzare il “politico”» oppure di «installarlo in un cristianesimo apparentemente nuovo».381 Ma la critica è ancora più netta quando viene preso di mira il «cattolicesimo politico» a cui è subentrata la «politica “cattolica”», cioè – riconducendo etimologicamente “cattolico” a kathólou, in tutto – quella politica che, per la sua velleità di dominare, può dirsi «totale». Come Schmitt aveva usato un aggettivo, il “politico”, così Heidegger parla sarcasticamente del “cattolico”, la cui essenza non sta nel cristianesimo; ha assunto per la prima volta forma nel «gesuitismo» e si è andato costituendo nel «contro…», a cominciare dalla Controriforma. Il «cattolico» è «romano – spagnolo; completamente non-nordico, del tutto non-tedesco».382 Se Schmitt gli rimprovererà una escatologia ateologica e deteologizzata, Heidegger a sua volta ne denuncia la dogmatica cattolica del nemico. Ogni dogmatismo, politico-clericale o politico-statale, intende necessariamente qualsiasi pensare e agire che sia, in apparenza o in realtà, divergente, come un consenso a ciò che ad esso, al dogmatismo, è nemico – pagani e senzadio, ebrei e comunisti. In questo modo di pensare è insita una forza peculiare – non del pensiero – ma dell’imporsi di quel che è proclamato.383 E mentre la guerra diventa totale, Heidegger guarda sempre più al pólemos. Qual è allora la differenza tra guerra e lotta, tra Krieg e Kampf, e quale distanza si profila rispetto a Schmitt? Come aveva inaugurato il loro confronto, così il pólemos lo chiude. Heidegger rovescia il rapporto: è il pólemos il presupposto del nemico, non viceversa.384 Per Schmitt, a partire dal nemico si apre l’ola questione dell’essere e la questione ebraica 183 stilità, che permea e permette il “politico”, un’ostilità di cui la guerra è la realizzazione estrema. Se Clausewitz aveva detto che «la guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi», Schmitt sostiene che è la guerra «il presupposto della politica».385 In tal modo si delinea una continuità tra nemico-lotta-guerra che costituisce l’asse politico del suo pensiero. Per Heidegger sussiste, al contrario, discontinuità tra lotta e guerra. E, anzi, dove si impone la guerra, e l’avversario sul fronte si erge a nemico, il pólemos si irrigidisce e perde la sua profondità ontostorica. Perciò Heidegger non condivide il modo in cui Schmitt vede la guerra. E come Feind, nemico, non è un termine chiave del suo vocabolario, così non lo è neppure Krieg, guerra. Questo non gli impedisce di riflettere sulla forma ultima assunta dalla guerra mentre, alla fine degli anni trenta, la Germania già avanza a tappe forzate verso la catastrofe. La guerra non è, come Clausewitz pensa ancora, la continuazione della politica con altri mezzi; se “guerra” si riferisce alla “guerra totale”, cioè a quella che, come tale, scaturisce dalla svincolata macchinazione dell’ente, allora la guerra diviene trasformazione della politica […]. Tale guerra non prosegue qualcosa che già sussiste, bensì lo costringe a eseguire decisioni essenziali che, a sua volta, non padroneggia. Perciò questa guerra non ammette più «vincitori» e «vinti»; tutti diventano schiavi della storia dell’Essere.386 La guerra rivela la sottomissione della politica al potere, ne fa affiorare l’uso strumentale. Il carattere «totale» deriva dall’abbandono dell’essere. Non c’è più differenza tra guerra e pace – a meno di non confondere quest’ultima con un armistizio temporaneo. Da quando la guerra è divenuta mondo, e il mondo è divenuto guerra, non c’è più posto per la pace.387Ma non c’è più spazio neppure per il nemico – e forse per l’amico – e per tutte quelle distinzioni pure che Schmitt si intestardisce a conservare.388 Se non c’è più opposizione tra guerra e pace, resta allora una opposizione, rimane una via d’uscita e di 184 capitolo terzo scampo dalla «totalità» della guerra? In uno schema che Heidegger propone nei Quaderni neri, mentre la guerra e la pace scivolano nel mezzo, agli estremi si collocano il pólemos e la decisione.389 Più volte Heidegger, già a partire da Essere e tempo, è tornato sul pólemos che traduce in genere con Kampf, lotta, ma anche con Streit, contrasto, e con Auseinandersetzung, confronto. Per comprendere il significato di Kampf, questo termine chiave del suo vocabolario filosofico, occorre considerare il frammento 53 di Eraclito, la cornice entro cui Heidegger lo pensa: «pólemos è padre di tutte le cose, di tutte re; gli uni disvela come dei e gli altri come uomini, gli uni rende schiavi, gli altri liberi». Il dissenso non dissocia, il conflitto mantiene e raccoglie – è raccoglimento. Di qui il nesso tra pólemos e lógos.390 Se nella riflessione di Schmitt è un concetto torbido, in Heidegger è chiaro che il pólemos non è armato. Attiene all’interrogazione e perciò all’erotico contendere dei filosofi. Ma il suo significato è ampio e pervade la comunità. «Ogni comunità porta con sé, nel suo orecchio, la voce dell’avversario una sorta di resistenza interna».391 Il nemico ridiventa avversario, e l’avversario si ritrae quasi nel richiamo della coscienza, la voce dell’altro che parla nel sé. Lo scarto rispetto a Schmitt è «irriducibile» – sottolinea Derrida.392 Perché in effetti Schmitt rivendica il pólemos al discorso sulla guerra. Non così Heidegger, che non dimentica le parole di Eraclito: pólemos è patèr, padre, generatore, ed è pânton basileús, il «sovrano di ogni ente»; ma basileús, che non significa semplicemente «re», è il waltender Bewahrer, il custode che dominando lascia essere nella Aus-ein-ander-setzung, in quel confronto che è un dispiegarsi l’uno grazie all’altro. Il pólemos è il custode che regna e regnando custodisce l’Essere. Nella «lotta “spirituale”» non ne va del Sieg, della vittoria. 393 Ci sono combattenti, Kämpfer, che hanno sempre bisogno di un avversario, anzi di un nemico; «se manca, la questione dell’essere e la questione ebraica 185 lo inventano», perché altrimenti non sembrano avere più scopo. Così combattono sempre per il nemico, rendendosene dipendenti. Ci sono invece combattenti che lottano per il loro fine e la cui somma battaglia, quella per le decisioni essenziali, non è volta al «possesso e al successo, al potere e al piacere», bensì all’«inizio della storia dell’essere ».394 Essere-vincitori – non significa solo uscire vittoriosi da una battaglia; il vincitore potrebbe essere anche chi ha avuto la peggio perché si è votato esclusivamente all’obiettivo e alla tattica del nemico, e ancor più lo farà nel futuro. Essere vincitori vuol dire imprimere alla lotta il fine proprio e più elevato.395 Non sono le parole di un pacifista. Heidegger non lo è mai stato. Quando le scrive, nel 1940, sulla guerra planetaria non si fa più illusioni. Pensa a distinguere il Kampf dal Krieg, ad essere custode del custode, a custodire non il sovrano che aveva deciso l’eccezione, ma il sovrano che lascia essere ogni cosa e regna custodendo l’Essere. 20. «Weltjudentum». Il complotto mondiale ebraico Nell’immagine totalizzante del nemico, che i nazisti si contrappongono, l’ebreo, nei momenti di maggiore intensità, diventa Juda e, in una laida iperbole, Alljuda. La «maledizione del superlativo» caratterizza la Lingua Tertii Imperii e trova espressione in particolare nei composti in cui compare il prefisso Welt, mondo.396 Come ogni discorso di Hitler è preceduto dal titolo «Il mondo ascolta il Führer», così ogni evento che riguardi il Reich ha rilevanza mondiale, si inscrive, anzi, nella storia del mondo, decidendone il corso: è weltgeschichtlich. In questo senso ebrei e bolscevichi sono i nemici mondiali di una guerra planetaria. Nell’ultima parte dei Quaderni neri – nelle Riflessioni XIII e XIV – in pagine che risentono del clima bellico e 186 capitolo terzo risalgono al 1940 e al 1941, Heidegger parla in modo esplicito di internationales Judentum, «ebraismo internazionale », e soprattutto di Weltjudentum, «ebraismo mondiale ».397 Come emerge anche dal contesto, questi termini non sono per nulla neutrali; al contrario, sono connotati negativamente e lanciano un’accusa. Per un filosofo come Heidegger, attento a evitare ogni uso strumentale del linguaggio, la ricorrenza di Weltjudentum non può essere casuale. Che cosa significa allora parlare di «ebraismo mondiale»? A che cosa rinvia il termine? Parlare di Weltjudentum vuol dire condividere, assecondare e diffondere il mito del complotto mondiale ebraico. Ciò risponde a una testimonianza di Jaspers che finora era parsa alquanto sorprendente. Ricordando un colloquio con Heidegger, avvenuto a Heidelberg nel maggio 1933, Jaspers annota: «parlai della questione ebraica, della malvagia assurdità intorno agli anziani di Sion, al che lui replicò: “ma c’è una pericolosa connessione internazionale degli ebrei”».È Già catastrofi

Σ ω κ ρ ά τ η ς τίς οὗτος; τί ὄνομα αὐτῶι;

Ἴ ω ν ἰατρός.

Σ ω κ ρ ά τ η ς οὐκοῦν ἐν κεφαλαίωι λέγομεν ὡς ὁ αὐτὸς γνώσεται ἀεί, περὶ τῶν αὐτῶν πολλῶν λεγόντων, ὅστις τε εὖ λέγει καὶ [532a] ὅστις κακῶς· ἢ εἰ μὴ γνώσεται τὸν κακῶς λέγοντα, δῆλον ὅτι οὐδὲ τὸν εὖ, περί γε τοῦ αὐτοῦ.

Ἴ ω ν

Ἴ ω ν ἀληθῆ σοφῶν ἀληθῆ λέγειν, ὦ Ἴων· ἀλλὰ σοφοὶ μέν πού ἐστε ὑμεῖς οἱ ῥαψωιδοὶ καὶ ὑποκριταὶ καὶ ὧν ὑμεῖς ἄιδετε τὰ ποιήματα, ἐγὼ δὲ οὐδὲν ἄλλο ἢ τἀληθῆ λέγω, οἷον εἰκὸς [532e] ἰδιώτην ἄνθρωπον. ἐπεὶ καὶ περὶ τούτου οὗ νῦν ἠρόμην σε, θέασαι ὡς φαῦλον καὶ ἰδιωτικόν ἐστι καὶ παντὸς ἀνδρὸς γνῶναι ὃ ἔλεγον, τὴν αὐτὴν εἶναι σκέψιν, ἐπειδάν τις ὅλην τέχνην λάβηι. λάβωμεν γὰρ τῶι λόγωι· γραφικὴ γάρ τίς ἐστι τέχνη τὸ ὅλον;

Ἴ ω ν ναί.

Σ ω κ ρ ά τ η ς οὐκοῦν καὶ γραφῆς πολλοὶ καὶ εἰσὶ καὶ γεγόνασιν ἀγαθοὶ καὶ φαῦλοι;

Ἴ ω ν πάνυ γε.

Σ ω κ ρ ά τ η ς ἤδη οὖν τινα εἶδες ὅστις περὶ μὲν Πολυγνώτου τοῦ Ἀγλαοφῶντος δεινός ἐστιν ἀποφαίνειν ἃ εὖ τε γράφει καὶ ἃ μή, περὶ δὲ τῶν ἄλλων γραφέων ἀδύνατος; [533a] καὶ ἐπειδὰν μέν τις τὰ τῶν ἄλλων ζωγράφων ἔργα ἐπιδεικνύηι, νυστάζει τε καὶ ἀπορεῖ καὶ οὐκ ἔχει ὅτι συμβάληται, ἐπειδὰν δὲ περὶ Πολυγνώτου ἢ ἄλλου ὅτου βούλει τῶν γραφέων ἑνὸς μόνου δέηι ἀποφήνασθαι γνώμην, ἐγρήγορέν τε καὶ προσέχει τὸν νοῦν καὶ εὐπορεῖ ὅτι εἴπηι;

Ἴ ω ν οὐ μὰ τὸν Δία, οὐ δῆτα.

Σ ω κ ρ ά τ η ς τί δέ; ἐν ἀνδριαντοποιίαι ἤδη τιν᾽ εἶδες ὅστις περὶ μὲν Δαιδάλου τοῦ Μητίονος ἢ Ἐπειοῦ τοῦ Πανοπέως ἢ Θεοδώρου τοῦ Σαμίου [533b] ἢ ἄλλου τινὸς ἀνδριαντοποιοῦ ἑνὸς πέρι δεινός ἐστιν ἐξηγεῖσθαι ἃ εὖ πεποίηκεν, ἐν δὲ τοῖς τῶν ἄλλων ἀνδριαντοποιῶν ἔργοις ἀπορεῖ τε καὶ νυστάζει, οὐκ ἔχων ὅτι εἴπηι;

Ἴ ω ν οὐ μὰ τὸν Δία, οὐδὲ τοῦτον ἑώρακα.

Σ ω κ ρ ά τ η ς ἀλλὰ μήν, ὥς γ᾽ ἐγὼ οἶμαι, οὐδ᾽ ἐν αὐλήσει γε οὐδὲ ἐν κιθαρίσει οὐδὲ ἐν κιθαρωιδίαι οὐδὲ ἐν ῥαψωιδίαι οὐδεπώποτ᾽ εἶδες ἄνδρα ὅστις περὶ μὲν Ὀλύμπου δεινός ἐστιν ἐξηγεῖσθαι ἢ περὶ Θαμύρου ἢ περὶ [533c] Ὀρφέως ἢ περὶ Φημίου τοῦ Ἰθακησίου ῥαψωιδοῦ, περὶ δὲ Ἴωνος τοῦ Ἐφεσίου ῥαψωιδοῦ ἀπορεῖ καὶ οὐκ ἔχει συμβαλέσθαι ἅ τε εὖ ῥαψωιδεῖ καὶ ἃ μή.

Ἴ ω ν οὐκ ἔχω σοι περὶ τούτου ἀντιλέγειν, ὦ Σώκρατες· ἀλλ᾽ ἐκεῖνο ἐμαυτῶι σύνοιδα, ὅτι περὶ Ὁμήρου κάλλιστ᾽ ἀνθρώπων λέγω καὶ εὐπορῶ καὶ οἱ ἄλλοι πάντες μέ φασιν εὖ λέγειν, περὶ δὲ τῶν ἄλλων οὔ. καίτοι ὅρα τοῦτο τί ἔστιν.

5. Σ ω κ ρ ά τ η ς καὶ ὁρῶ, ὦ Ἴων, καὶ ἔρχομαί γέ σοι ἀποφανούμενος ὅ μοι δοκεῖ [533d] τοῦτο εἶναι. ἔστι γὰρ τοῦτο τέχνη μὲν οὐκ ὂν παρὰ σοὶ περὶ Ὁμήρου εὖ λέγειν, ὃ νυνδὴ ἔλεγον, θεία δὲ δύναμις ἥ σε κινεῖ, ὥσπερ ἐν τῆι λίθωι ἣν Εὐριπίδης μὲν Μαγνῆτιν ὠνόμασεν, οἱ δὲ πολλοὶ Ἡρακλείαν. καὶ γὰρ αὕτη ἡ λίθος οὐ μόνον αὐτοὺς τοὺς δακτυλίους ἄγει τοὺς σιδηροῦς, ἀλλὰ καὶ δύναμιν ἐντίθησι τοῖς δακτυλίοις ὥστ᾽ αὖ δύνασθαι ταὐτὸν τοῦτο ποιεῖν ὅπερ ἡ λίθος, ἄλλους ἄγειν δακτυλίους, [533e] ὥστ᾽ ἐνίοτε ὁρμαθὸς μακρὸς πάνυ σιδηρίων καὶ δακτυλίων ἐξ ἀλλήλων ἤρτηται· πᾶσι δὲ τούτοις ἐξ ἐκείνης τῆς λίθου ἡ δύναμις ἀνήρτηται. οὕτω δὲ καὶ ἡ Μοῦσα ἐνθέους μὲν ποιεῖ αὐτή, διὰ δὲ τῶν ἐνθέων τούτων ἄλλων ἐνθουσιαζόντων ὁρμαθὸς ἐξαρτᾶται. πάντες γὰρ οἵ τε τῶν ἐπῶν ποιηταὶ οἱ ἀγαθοὶ οὐκ ἐκ τέχνης ἀλλ᾽ ἔνθεοι ὄντες καὶ κατεχόμενοι πάντα ταῦτα τὰ καλὰ λέγουσι ποιήματα, καὶ οἱ μελοποιοὶ οἱ ἀγαθοὶ ὡσαύτως, ὥσπερ οἱ κορυβαντιῶντες [534a] οὐκ ἔμφρονες ὄντες ὀρχοῦνται, οὕτω καὶ οἱ μελοποιοὶ οὐκ ἔμφρονες ὄντες τὰ καλὰ μέλη ταῦτα ποιοῦσιν, ἀλλ᾽ ἐπειδὰν ἐμβῶσιν εἰς τὴν ἁρμονίαν καὶ εἰς τὸν ῥυθμόν, βακχεύουσι καὶ κατεχόμενοι, ὥσπερ αἱ βάκχαι ἀρύονται ἐκ τῶν ποταμῶν μέλι καὶ γάλα κατεχόμεναι, ἔμφρονες δὲ οὖσαι οὔ, καὶ τῶν μελοποιῶν ἡ ψυχὴ τοῦτο ἐργάζεται, ὅπερ αὐτοὶ λέγουσι. λέγουσι γὰρ δήπουθεν πρὸς ἡμᾶς οἱ ποιηταὶ ὅτι ἀπὸ κρηνῶν μελιρρύτων ἐκ Μουσῶν κήπων [534b] τινῶν καὶ ναπῶν δρεπόμενοι τὰ μέλη ἡμῖν φέρουσιν ὥσπερ αἱ μέλιτται, καὶ αὐτοὶ οὕτω πετόμενοι· καὶ ἀληθῆ λέγουσι. κοῦφον γὰρ χρῆμα ποιητής ἐστιν καὶ πτηνὸν καὶ ἱερόν, καὶ οὐ πρότερον οἷός τε ποιεῖν πρὶν ἂν ἔνθεός τε γένηται καὶ ἔκφρων καὶ ὁ νοῦς μηκέτι ἐν αὐτῶι ἐνῆι· ἕως δ᾽ ἂν τουτὶ ἔχηι τὸ κτῆμα, ἀδύνατος πᾶς ποιεῖν ἄνθρωπός ἐστιν καὶ χρησμωιδεῖν. ἅτε οὖν οὐ τέχνηι ποιοῦντες καὶ πολλὰ λέγοντες καὶ καλὰ περὶ τῶν πραγμάτων, ὥσπερ σὺ περὶ Ὁμήρου, [534c] ἀλλὰ θείαι μοίραι, τοῦτο μόνον οἷός τε ἕκαστος ποιεῖν καλῶς ἐφ᾽ ὃ ἡ Μοῦσα αὐτὸν ὥρμησεν, ὁ μὲν διθυράμβους, ὁ δὲ ἐγκώμια, ὁ δὲ ὑπορχήματα, ὁ δ᾽ ἔπη, ὁ δ᾽ ἰάμβους· τὰ δ᾽ ἄλλα φαῦλος αὐτῶν ἕκαστός ἐστιν. οὐ γὰρ τέχνηι ταῦτα λέγουσιν ἀλλὰ θείαι δυνάμει, ἐπεί, εἰ περὶ ἑνὸς τέχνηι καλῶς ἠπίσταντο λέγειν, κἂν περὶ τῶν ἄλλων ἁπάντων· διὰ ταῦτα δὲ ὁ θεὸς ἐξαιρούμενος τούτων τὸν νοῦν τούτοις χρῆται ὑπηρέταις καὶ τοῖς χρησμωιδοῖς καὶ τοῖς μάντεσι τοῖς [534d] θείοις, ἵνα ἡμεῖς οἱ ἀκούοντες εἰδῶμεν ὅτι οὐχ οὗτοί εἰσιν οἱ ταῦτα λέγοντες οὕτω πολλοῦ ἄξια, οἷς νοῦς μὴ πάρεστιν, ἀλλ᾽ ὁ θεὸς αὐτός ἐστιν ὁ λέγων, διὰ τούτων δὲ φθέγγεται πρὸς ἡμᾶς. μέγιστον δὲ τεκμήριον τῶι λόγωι Τύννιχος ὁ Χαλκιδεύς, ὃς ἄλλο μὲν οὐδὲν πώποτε ἐποίησε ποίημα ὅτου τις ἂν ἀξιώσειεν μνησθῆναι, τὸν δὲ παίωνα ὃν πάντες ἄιδουσι, σχεδόν τι πάντων μελῶν κάλλιστον, ἀτεχνῶς, ὅπερ αὐτὸς λέγει, ἐν τούτωι γὰρ [534e] δὴ μάλιστά μοι δοκεῖ ὁ θεὸς ἐνδείξασθαι ἡμῖν, ἵνα μὴ διστάζωμεν, ὅτι οὐκ ἀνθρώπινά ἐστιν τὰ καλὰ ταῦτα ποιήματα οὐδὲ ἀνθρώπων, ἀλλὰ θεῖα καὶ θεῶν, οἱ δὲ ποιηταὶ οὐδὲν ἀλλ᾽ ἢ ἑρμηνῆς εἰσιν τῶν θεῶν, κατεχόμενοι ἐξ ὅτου ἂν ἕκαστος κατέχηται. ταῦτα ἐνδεικνύμενος ὁ θεὸς ἐξεπίτηδες διὰ τοῦ φαυλοτάτου ποιητοῦ [535a] τὸ κάλλιστον μέλος ἦισεν· ἢ οὐ δοκῶ σοι ἀληθῆ λέγειν, ὦ Ἴων;

Ἴ ω ν ναὶ μὰ τὸν Δία, ἔμοιγε· ἅπτει γάρ πώς μου τοῖς λόγοις τῆς ψυχῆς, ὦ Σώκρατες, καί μοι δοκοῦσι θείαι μοίραι ἡμῖν παρὰ τῶν θεῶν ταῦτα οἱ ἀγαθοὶ ποιηταὶ ἑρμηνεύειν.

6. Σ ω κ ρ ά τ η ς οὐκοῦν ὑμεῖς αὖ οἱ ῥαψωιδοὶ τὰ τῶν ποιητῶν ἑρμηνεύετε;

Ἴ ω ν καὶ τοῦτο ἀληθὲς λέγεις.

Σ ω κ ρ ά τ η ς οὐκοῦν ἑρμηνέων ἑρμηνῆς γίγνεσθε;

Ἴ ω ν παντάπασί γε.

Σ ω κ ρ ά τ η ς [535b] ἔχε δή μοι τόδε εἰπέ, ὦ Ἴων, καὶ μὴ ἀποκρύψηι ὅτι ἄν σε ἔρωμαι· ὅταν εὖ εἴπηις ἔπη καὶ ἐκπλήξηις μάλιστα τοὺς θεωμένους, ἢ τὸν Ὀδυσσέα ὅταν ἐπὶ τὸν οὐδὸν ἐφαλλόμενον ἄιδηις, ἐκφανῆ γιγνόμενον τοῖς μνηστῆρσι καὶ ἐκχέοντα τοὺς ὀιστοὺς πρὸ τῶν ποδῶν, ἢ Ἀχιλλέα ἐπὶ τὸν Ἕκτορα ὁρμῶντα, ἢ καὶ τῶν περὶ Ἀνδρομάχην ἐλεινῶν τι ἢ περὶ Ἑκάβην ἢ περὶ Πρίαμον, τότε πότερον ἔμφρων εἶ ἢ ἔξω σαυτοῦ γίγνηι καὶ παρὰ τοῖς πράγμασιν [535c] οἴεταί σου εἶναι ἡ ψυχὴ οἷς λέγεις ἐνθουσιάζουσα, ἢ ἐν Ἰθάκηι οὖσιν ἢ ἐν Τροίαι ἢ ὅπως ἂν καὶ τὰ ἔπη ἔχηι;

Ἴ ω ν ὡς ἐναργές μοι τοῦτο, ὦ Σώκρατες, τὸ τεκμήριον εἶπες· οὐ γάρ σε ἀποκρυψάμενος ἐρῶ. ἐγὼ γὰρ ὅταν ἐλεινόν τι λέγω, δακρύων ἐμπίμπλανταί μου οἱ ὀφθαλμοί· ὅταν τε φοβερὸν ἢ δεινόν, ὀρθαὶ αἱ τρίχες ἵστανται ὑπὸ φόβου καὶ ἡ καρδία πηδᾶι.

Σ ω κ ρ ά τ η ς τί οὖν; φῶμεν, ὦ Ἴων, ἔμφρονα [535d] εἶναι τότε τοῦτον τὸν ἄνθρωπον, ὃς ἂν κεκοσμημένος ἐσθῆτι ποικίληι καὶ χρυσοῖσι στεφάνοις κλάηι τ᾽ ἐν θυσίαις καὶ ἑορταῖς, μηδὲν ἀπολωλεκὼς τούτων, ἢ φοβῆται πλέον ἢ ἐν δισμυρίοις ἀνθρώποις ἑστηκὼς φιλίοις, μηδενὸς ἀποδύοντος μηδὲ ἀδικοῦντος;

Ἴ ω ν οὐ μὰ τὸν Δία, οὐ πάνυ, ὦ Σώκρατες, ὥς γε τἀληθὲς εἰρῆσθαι.

Σ ω κ ρ ά τ η ς οἶσθα οὖν ὅτι καὶ τῶν θεατῶν τοὺς πολλοὺς ταὐτὰ ταῦτα ὑμεῖς ἐργάζεσθε;

Ἴ ω ν καὶ μάλα καλῶς [535e] οἶδα· καθορῶ γὰρ ἑκάστοτε αὐτοὺς ἄνωθεν ἀπὸ τοῦ βήματος κλάοντάς τε καὶ δεινὸν ἐμβλέποντας καὶ συνθαμβοῦντας τοῖς λεγομένοις. δεῖ γάρ με καὶ σφόδρ᾽ αὐτοῖς τὸν νοῦν προσέχειν· ὡς ἐὰν μὲν κλάοντας αὐτοὺς καθίσω, αὐτὸς γελάσομαι ἀργύριον λαμβάνων, ἐὰν δὲ γελῶντας, αὐτὸς κλαύσομαι ἀργύριον ἀπολλύς.

7. Σ ω κ ρ ά τ η ς οἶσθα οὖν ὅτι οὗτός ἐστιν ὁ θεατὴς τῶν δακτυλίων ὁ ἔσχατος, ὧν ἐγὼ ἔλεγον ὑπὸ τῆς Ἡρακλειώτιδος λίθου ἀπ᾽ ἀλλήλων τὴν δύναμιν λαμβάνειν; ὁ δὲ μέσος σὺ ὁ ῥαψωιδὸς καὶ ὑποκριτής, ὁ δὲ [536a] πρῶτος αὐτὸς ὁ ποιητής· ὁ δὲ θεὸς διὰ πάντων τούτων ἕλκει τὴν ψυχὴν ὅποι ἂν βούληται τῶν ἀνθρώπων, ἀνακρεμαννὺς ἐξ ἀλλήλων τὴν δύναμιν. καὶ ὥσπερ ἐκ τῆς λίθου ἐκείνης ὁρμαθὸς πάμπολυς ἐξήρτηται χορευτῶν τε καὶ διδασκάλων καὶ ὑποδιδασκάλων, ἐκ πλαγίου ἐξηρτημένων τῶν τῆς Μούσης ἐκκρεμαμένων δακτυλίων. καὶ ὁ μὲν τῶν ποιητῶν ἐξ ἄλλης Μούσης, ὁ δὲ ἐξ ἄλλης ἐξήρτηται — ὀνομάζομεν δὲ αὐτὸ κατέχεται, τὸ δέ ἐστι [536b] παραπλήσιον· ἔχεται γάρ — ἐκ δὲ τούτων τῶν πρώτων δακτυλίων, τῶν ποιητῶν, ἄλλοι ἐξ ἄλλου αὖ ἠρτημένοι εἰσὶ καὶ ἐνθουσιάζουσιν, οἱ μὲν ἐξ Ὀρφέως, οἱ δὲ ἐκ Μουσαίου· οἱ δὲ πολλοὶ ἐξ Ὁμήρου κατέχονταί τε καὶ ἔχονται. ὧν σύ, ὦ Ἴων, εἷς εἶ καὶ κατέχηι ἐξ Ὁμήρου, καὶ ἐπειδὰν μέν τις ἄλλου του ποιητοῦ ἄιδηι, καθεύδεις τε καὶ ἀπορεῖς ὅτι λέγηις, ἐπειδὰν δὲ τούτου τοῦ ποιητοῦ φθέγξηταί τις μέλος, εὐθὺς ἐγρήγορας καὶ ὀρχεῖταί σου ἡ ψυχὴ καὶ εὐπορεῖς [536c] ὅ τι λέγηις· οὐ γὰρ τέχνηι οὐδ᾽ ἐπιστήμηι περὶ Ὁμήρου λέγεις ἃ λέγεις, ἀλλὰ θείαι μοίραι καὶ κατοκωχῆι, ὥσπερ οἱ κορυβαντιῶντες ἐκείνου μόνου αἰσθάνονται τοῦ μέλους ὀξέως ὃ ἂν ἦι τοῦ θεοῦ ἐξ ὅτου ἂν κατέχωνται, καὶ εἰς ἐκεῖνο τὸ μέλος καὶ σχημάτων καὶ ῥημάτων εὐποροῦσι, τῶν δὲ ἄλλων οὐ φροντίζουσιν· οὕτω καὶ σύ, ὦ Ἴων, περὶ μὲν Ὁμήρου ὅταν τις μνησθῆι, εὐπορεῖς, περὶ δὲ τῶν ἄλλων ἀπορεῖς· τούτου δ᾽ ἐστὶ τὸ αἴτιον, ὅ μ᾽ ἐρωτᾶις, [536d] δι᾽ ὅτι σὺ περὶ μὲν Ὁμήρου εὐπορεῖς, περὶ δὲ τῶν ἄλλων οὔ, ὅτι οὐ τέχνηι ἀλλὰ θείαι μοίραι Ὁμήρου δεινὸς εἶ ἐπαινέτης.

8. Ἴ ω ν σὺ μὲν εὖ λέγεις, ὦ Σώκρατες· θαυμάζοιμι μεντἂν εἰ οὕτως εὖ εἴποις, ὥστε με ἀναπεῖσαι ὡς ἐγὼ κατεχόμενος καὶ μαινόμενος Ὅμηρον ἐπαινῶ. οἶμαι δὲ οὐδ᾽ ἂν σοὶ δόξαιμι, εἴ μου ἀκούσαις λέγοντος περὶ Ὁμήρου.

Σ ω κ ρ ά τ η ς καὶ μὴν ἐθέλω γε ἀκοῦσαι, οὐ μέντοι πρότερον πρὶν ἄν μοι ἀποκρίνηι τόδε· ὧν [536e] Ὅμηρος λέγει περὶ τίνος εὖ λέγεις; οὐ γὰρ δήπου περὶ ἁπάντων γε.

Ἴ ω ν εὖ ἴσθι, ὦ Σώκρατες, περὶ οὐδενὸς ὅτου οὔ.

Σ ω κ ρ ά τ η ς οὐ δήπου καὶ περὶ τούτων ὧν σὺ μὲν τυγχάνεις οὐκ εἰδώς, Ὅμηρος δὲ λέγει.

Ἴ ω ν καὶ ταῦτα ποῖά ἐστιν ἃ Ὅμηρος μὲν λέγει, ἐγὼ δὲ οὐκ οἶδα;

Σ ω κ ρ ά τ η ς οὐ καὶ περὶ τεχνῶν μέντοι λέγει [537a] πολλαχοῦ Ὅμηρος καὶ πολλά; οἷον καὶ περὶ ἡνιοχείας — ἐὰν μνησθῶ τὰ ἔπη, ἐγώ σοι φράσω.

Ἴ ω ν ἀλλ᾽ ἐγὼ ἐρῶ· ἐγὼ γὰρ μέμνημαι.

Σ ω κ ρ ά τ η ς εἰπὲ δή μοι ἃ λέγει Νέστωρ Ἀντιλόχωι τῶι ὑεῖ, παραινῶν εὐλαβηθῆναι περὶ τὴν καμπὴν ἐν τῆι ἱπποδρομίαι τῆι ἐπὶ Πατρόκλωι.

Ἴ ω ν κλινθῆναι δέ, φησί, καὶ αὐτὸς ἐυξέστωι ἐνὶ δίφρωι ἦκ᾽ ἐπ᾽ ἀριστερὰ τοῖιν· ἀτὰρ τὸν δεξιὸν [537b] ἵππον κένσαι ὁμοκλήσας, εἶξαί τέ οἱ ἡνία χερσίν. ἐν νύσσηι δέ τοι ἵππος ἀριστερὸς ἐγχριμφθήτω, ὡς ἄν τοι πλήμνη γε δοάσσεται ἄκρον ἱκέσθαι κύκλου ποιητοῖο· λίθου δ᾽ ἀλέασθαι ἐπαυρεῖν.

Σ ω κ ρ ά τ η ς ἀρκεῖ. ταῦτα δή, ὦ Ἴων, τὰ ἔπη εἴτε [537c] ὀρθῶς λέγει Ὅμηρος εἴτε μή, πότερος ἂν γνοίη ἄμεινον, ἰατρὸς ἢ ἡνίοχος;

Ἴ ω ν Ἡνίοχος δήπου.

Σ ω κ ρ ά τ η ς πότερον ὅτι τέχνην ταύτην ἔχει ἢ κατ᾽ ἄλλο τι;

Ἴ ω ν οὔκ, ἀλλ᾽ ὅτι τέχνην.

Σ ω κ ρ ά τ η ς οὐκοῦν ἑκάστηι τῶν τεχνῶν ἀποδέδοταί τι ὑπὸ τοῦ θεοῦ ἔργον οἵαι τε εἶναι γιγνώσκειν; οὐ γάρ που ἃ κυβερνητικῆι γιγνώσκομεν, γνωσόμεθα καὶ ἰατρικῆι.

Ἴ ω ν οὐ δῆτα.

Σ ω κ ρ ά τ η ς οὐδέ γε ἃ ἰατρικῆι, ταῦτα καὶ τεκτονικῆι.

Ἴ ω ν οὐ δῆτα.

Σ ω κ ρ ά τ η ς [537d] οὐκοῦν οὕτω καὶ κατὰ πασῶν τῶν τεχνῶν, ἃ τῆι ἑτέραι τέχνηι γιγνώσκομεν, οὐ γνωσόμεθα τῆι ἑτέραι; τόδε δέ μοι πρότερον τούτου ἀπόκριναι· τὴν μὲν ἑτέραν φὴις εἶναί τινα τέχνην, τὴν δ᾽ ἑτέραν;

Ἴ ω ν ναί.

Σ ω κ ρ ά τ η ς ἆρα ὥσπερ ἐγὼ τεκμαιρόμενος, ὅταν ἡ μὲν ἑτέρων πραγμάτων ἦι ἐπιστήμη, ἡ δ᾽ ἑτέρων, οὕτω καλῶ τὴν μὲν ἄλλην, τὴν δὲ ἄλλην τέχνην, οὕτω καὶ σύ;

Ἴ ω ν [537e] ναί.

Σ ω κ ρ ά τ η ς εἰ γάρ που τῶν αὐτῶν πραγμάτων ἐπιστήμη εἴη τις, τί ἂν τὴν μὲν ἑτέραν φαῖμεν εἶναι, τὴν δ᾽ ἑτέραν, ὁπότε γε ταὐτὰ εἴη εἰδέναι ἀπ᾽ ἀμφοτέρων; ὥσπερ ἐγώ τε γιγνώσκω ὅτι πέντε εἰσὶν οὗτοι οἱ δάκτυλοι, καὶ σύ, ὥσπερ ἐγώ, περὶ τούτων ταὐτὰ γιγνώσκεις· καὶ εἴ σε ἐγὼ ἐροίμην εἰ τῆι αὐτῆι τέχνηι γιγνώσκομεν τῆι ἀριθμητικῆι τὰ αὐτὰ ἐγώ τε καὶ σὺ ἢ ἄλληι, φαίης ἂν δήπου τῆι αὐτῆι.

Ἴ ω ν ναί.

Σ ω κ ρ ά τ η ς ὃ τοίνυν ἄρτι [538a] ἔμελλον ἐρήσεσθαί σε, νυνὶ εἰπέ, εἰ κατὰ πασῶν τῶν τεχνῶν οὕτω σοι δοκεῖ, τῆι μὲν αὐτῆι τέχνηι τὰ αὐτὰ ἀναγκαῖον εἶναι γιγνώσκειν, τῆι δ᾽ ἑτέραι μὴ τὰ αὐτά, ἀλλ᾽ εἴπερ ἄλλη ἐστίν, ἀναγκαῖον καὶ ἕτερα γιγνώσκειν.

Ἴ ω ν οὕτω μοι δοκεῖ, ὦ Σώκρατες.

9. Σ ω κ ρ ά τ η ς οὐκοῦν ὅστις ἂν μὴ ἔχηι τινὰ τέχνην, ταύτης τῆς τέχνης τὰ λεγόμενα ἢ πραττόμενα καλῶς γιγνώσκειν οὐχ οἷός τ᾽ ἔσται;

Ἴ ω ν [538b] ἀληθῆ λέγεις.

Σ ω κ ρ ά τ η ς πότερον οὖν περὶ τῶν ἐπῶν ὧν εἶπες, εἴτε καλῶς λέγει Ὅμηρος εἴτε μή, σὺ κάλλιον γνώσηι ἢ ἡνίοχος;

Ἴ ω ν ἡνίοχος.

Σ ω κ ρ ά τ η ς ῥαψωιδὸς γάρ που εἶ ἀλλ᾽ οὐχ ἡνίοχος.

Ἴ ω ν ναί.

Σ ω κ ρ ά τ η ς ἡ δὲ ῥαψωιδικὴ τέχνη ἑτέρα ἐστὶ τῆς ἡνιοχικῆς;

Ἴ ω ν ναί.

Σ ω κ ρ ά τ η ς εἰ ἄρα ἑτέρα, περὶ ἑτέρων καὶ ἐπιστήμη πραγμάτων ἐστίν.

Ἴ ω ν ναί.

Σ ω κ ρ ά τ η ς τί δὲ δὴ ὅταν Ὅμηρος λέγηι ὡς τετρωμένωι τῶι Μαχάονι Ἑκαμήδη ἡ Νέστορος παλλακὴ κυκεῶνα πίειν [538c] δίδωσι; καὶ λέγει πως οὕτως — οἴνωι πραμνείωι, φησίν, ἐπὶ δ᾽ αἴγειον κνῆ τυρὸν κνήστι χαλκείηι· παρὰ δὲ κρόμυον ποτῶι ὄψον· ταῦτα εἴτε ὀρθῶς λέγει Ὅμηρος εἴτε μή, πότερον ἰατρικῆς ἐστι διαγνῶναι καλῶς ἢ ῥαψωιδικῆς;

Ἴ ω ν ἰατρικῆς.

Σ ω κ ρ ά τ η ς τί δέ, ὅταν λέγηι Ὅμηρος — [538d] ἡ δὲ μολυβδαίνηι ἰκέλη ἐς βυσσὸν ἵκανεν, ἥ τε κατ᾽ ἀγραύλοιο βοὸς κέρας ἐμμεμαυῖα ἔρχεται ὠμηστῆισι μετ᾽ ἰχθύσι πῆμα φέρουσα· ταῦτα πότερον φῶμεν ἁλιευτικῆς εἶναι τέχνης μᾶλλον κρῖναι ἢ ῥαψωιδικῆς, ἅττα λέγει καὶ εἴτε καλῶς εἴτε μή;

Ἴ ω ν δῆλον δή, ὦ Σώκρατες, ὅτι ἁλιευτικῆς.

Σ ω κ ρ ά τ η ς σκέψαι δή, σοῦ ἐρομένου, εἰ ἔροιό με· <ἐπειδὴ [538e] τοίνυν, ὦ Σώκρατες, τούτων τῶν τεχνῶν ἐν Ὁμήρωι εὑρίσκεις ἃ προσήκει ἑκάστηι διακρίνειν, ἴθι μοι ἔξευρε καὶ τὰ τοῦ μάντεώς τε καὶ μαντικῆς, ποῖά ἐστιν ἃ προσήκει αὐτῶι οἵωι τ᾽ εἶναι διαγιγνώσκειν, εἴτε εὖ εἴτε κακῶς πεποίηται> — σκέψαι ὡς ῥαιδίως τε καὶ ἀληθῆ ἐγώ σοι ἀποκρινοῦμαι. πολλαχοῦ μὲν γὰρ καὶ ἐν Ὀδυσσείαι λέγει, οἷον καὶ ἃ ὁ τῶν Μελαμποδιδῶν λέγει μάντις πρὸς τοὺς μνηστῆρας, Θεοκλύμενος — [539a] δαιμόνιοι, τί κακὸν τόδε πάσχετε; νυκτὶ μὲν ὑμέων εἰλύαται κεφαλαί τε πρόσωπά τε νέρθε τε γυῖα, οἰμωγὴ δὲ δέδηε, δεδάκρυνται δὲ παρειαί· εἰδώλων τε πλέον πρόθυρον, πλείη δὲ καὶ αὐλὴ ἱεμένων ἔρεβόσδε ὑπὸ ζόφον· ἠέλιος δὲ [539b] οὐρανοῦ ἐξαπόλωλε, κακὴ δ᾽ ἐπιδέδρομεν ἀχλύς· πολλαχοῦ δὲ καὶ ἐν Ἰλιάδι, οἷον καὶ ἐπὶ τειχομαχίαι· λέγει γὰρ καὶ ἐνταῦθα — ὄρνις γάρ σφιν ἐπῆλθε περησέμεναι μεμαῶσιν, αἰετὸς ὑψιπέτης, ἐπ᾽ ἀριστερὰ λαὸν ἐέργων, [539c] φοινήεντα δράκοντα φέρων ὀνύχεσσι πέλωρον, ζῶιον, ἔτ᾽ ἀσπαίροντα· καὶ οὔπω λήθετο χάρμης. κόψε γὰρ αὐτὸν ἔχοντα κατὰ στῆθος παρὰ δειρὴν ἰδνωθεὶς ὀπίσω, ὁ δ᾽ ἀπὸ ἕθεν ἧκε χαμᾶζε ἀλγήσας ὀδύνηισι, μέσωι δ᾽ ἐνὶ κάββαλ᾽ ὁμίλωι· [539d] αὐτὸς δὲ κλάγξας πέτετο πνοιῆις ἀνέμοιο. ταῦτα φήσω καὶ τὰ τοιαῦτα τῶι μάντει προσήκειν καὶ σκοπεῖν καὶ κρίνειν.

Ἴ ω ν ἀληθῆ γε σὺ λέγων, ὦ Σώκρατες.

10. Σ ω κ ρ ά τ η ς καὶ σύ γε, ὦ Ἴων, ἀληθῆ ταῦτα λέγεις. ἴθι δὴ καὶ σὺ ἐμοί, ὥσπερ ἐγὼ σοὶ ἐξέλεξα καὶ ἐξ Ὀδυσσείας καὶ ἐξ Ἰλιάδος ὁποῖα τοῦ μάντεώς ἐστι καὶ ὁποῖα τοῦ ἰατροῦ καὶ ὁποῖα τοῦ [539e] ἁλιέως, οὕτω καὶ σὺ ἐμοὶ ἔκλεξον, ἐπειδὴ καὶ ἐμπειρότερος εἶ ἐμοῦ τῶν Ὁμήρου, ὁποῖα τοῦ ῥαψωιδοῦ ἐστιν, ὦ Ἴων, καὶ τῆς τέχνης τῆς ῥαψωιδικῆς, ἃ τῶι ῥαψωιδῶι προσήκει καὶ σκοπεῖσθαι καὶ διακρίνειν παρὰ τοὺς ἄλλους ἀνθρώπους.

Ἴ ω ν ἐγὼ μέν φημι, ὦ Σώκρατες, ἅπαντα.

Σ ω κ ρ ά τ η ς οὐ σύ γε φήις, ὦ Ἴων, ἅπαντα· ἢ οὕτως ἐπιλήσμων εἶ; καίτοι οὐκ ἂν πρέποι γε ἐπιλήσμονα εἶναι ῥαψωιδὸν ἄνδρα.

Ἴ ω ν τί δὲ δὴ [540a] ἐπιλανθάνομαι;

Σ ω κ ρ ά τ η ς οὐ μέμνησαι ὅτι ἔφησθα τὴν ῥαψωιδικὴν τέχνην ἑτέραν εἶναι τῆς ἡνιοχικῆς;

Ἴ ω ν μέμνημαι.

Σ ω κ ρ ά τ η ς οὐκοῦν καὶ ἑτέραν οὖσαν ἕτερα γνώσεσθαι ὡμολόγεις;

Ἴ ω ν ναί.

Σ ω κ ρ ά τ η ς οὐκ ἄρα πάντα γε γνώσεται ἡ ῥαψωιδικὴ κατὰ τὸν σὸν λόγον οὐδὲ ὁ ῥαψωιδός.

Ἴ ω ν πλήν γε ἴσως τὰ τοιαῦτα, ὦ Σώκρατες.

Σ ω κ ρ ά τ η ς τὰ τοιαῦτα [540b] δὲ λέγεις πλὴν τὰ τῶν ἄλλων τεχνῶν σχεδόν τι· ἀλλὰ ποῖα δὴ γνώσεται, ἐπειδὴ οὐχ ἅπαντα;

Ἴ ω ν ἃ πρέπει, οἶμαι ἔγωγε, ἀνδρὶ εἰπεῖν καὶ ὁποῖα γυναικί, καὶ ὁποῖα δούλωι καὶ ὁποῖα ἐλευθέρωι, καὶ ὁποῖα ἀρχομένωι καὶ ὁποῖα ἄρχοντι.

Σ ω κ ρ ά τ η ς ἆρα ὁποῖα ἄρχοντι, λέγεις, ἐν θαλάττηι χειμαζομένου πλοίου πρέπει εἰπεῖν, ὁ ῥαψωιδὸς γνώσεται κάλλιον ἢ ὁ κυβερνήτης;

Ἴ ω ν οὔκ, ἀλλὰ ὁ κυβερνήτης τοῦτό γε.

Σ ω κ ρ ά τ η ς ἀλλ᾽ ὁποῖα ἄρχοντι [540c] κάμνοντος πρέπει εἰπεῖν, ὁ ῥαψωιδὸς γνώσεται κάλλιον ἢ ὁ ἰατρός;

Ἴ ω ν οὐδὲ τοῦτο.

Σ ω κ ρ ά τ η ς ἀλλ᾽ οἷα δούλωι πρέπει, λέγεις;

Ἴ ω ν ναί.

Σ ω κ ρ ά τ η ς οἶον βουκόλωι λέγεις δούλωι ἃ πρέπει εἰπεῖν ἀγριαινουσῶν βοῶν παραμυθουμένωι, ὁ ῥαψωιδὸς γνώσετσι ἀλλ᾽ οὐχ ὁ βουκόλος;

Ἴ ω ν οὐ δῆτα.

Σ ω κ ρ ά τ η ς ἀλλ᾽ οἷα γυναικὶ πρέποντά ἐστιν εἰπεῖν ταλασιουργῶι περὶ ἐρίων [540d] ἐργασίας;

Ἴ ω ν οὔ.

Σ ω κ ρ ά τ η ς ἀλλ᾽ οἷα ἀνδρὶ πρέπει εἰπεῖν γνώσεται στρατηγῶι στρατιώταις παραινοῦντι;

Ἴ ω ν ναί, τὰ τοιαῦτα γνώσεται ὁ ῥαψωιδός.

11. Σ ω κ ρ ά τ η ς τί δέ; ἡ ῥαψωιδικὴ τέχνη στρατηγική ἐστιν;

Ἴ ω ν γνοίην γοῦν ἂν ἔγωγε οἷα στρατηγὸν πρέπει εἰπεῖν.

Σ ω κ ρ ά τ η ς ἴσως γὰρ εἶ καὶ στρατηγικός, ὦ Ἴων. καὶ γὰρ εἰ ἐτύγχανες ἱππικὸς ὢν ἅμα καὶ κιθαριστικός, ἔγνως ἂν ἵππους εὖ καὶ κακῶς ἱππαζομένους· ἀλλ᾽ εἴ σ᾽ [540e] ἐγὼ ἠρόμην· <ποτέραι δὴ τέχνηι, ὦ Ἴων, γιγνώσκεις τοὺς εὖ ἱππαζομένους ἵππους; ἧι ἱππεὺς εἶ ἢ ἧι κιθαριστής;> τί ἄν μοι ἀπεκρίνω;

Ἴ ω ν ἧι ἱππεύς, ἔγωγ᾽ ἄν.

Σ ω κ ρ ά τ η ς οὐκοῦν εἰ καὶ τοὺς εὖ κιθαρίζοντας διεγίγνωσκες, ὡμολόγεις ἄν, ἧι κιθαριστὴς εἶ, ταύτηι διαγιγνώσκειν, ἀλλ᾽ οὐχ ἧι ἱππεύς.

Ἴ ω ν ναί.

Σ ω κ ρ ά τ η ς ἐπειδὴ δὲ τὰ στρατιωτικὰ γιγνώσκεις, πότερον ἧι στρατηγικὸς εἶ γιγνώσκεις ἢ ἧι ῥαψωιδὸς ἀγαθός;

Ἴ ω ν οὐδὲν ἔμοιγε δοκεῖ διαφέρειν.

Σ ω κ ρ ά τ η ς πῶς; οὐδὲν [541a] λέγεις διαφέρειν; μίαν λέγεις τέχνην εἶναι τὴν ῥαψωιδικὴν καὶ τὴν στρατηγικὴν ἢ δύο;

Ἴ ω ν μία ἔμοιγε δοκεῖ.

Σ ω κ ρ ά τ η ς ὅστις ἄρα ἀγαθὸς ῥαψωιδός ἐστιν, οὗτος καὶ ἀγαθὸς στρατηγὸς τυγχάνει ὤν;

Ἴ ω ν μάλιστα, ὦ Σώκρατες.

Σ ω κ ρ ά τ η ς οὐκοῦν καὶ ὅστις ἀγαθὸς στρατηγὸς τυγχάνει ὤν, ἀγαθὸς καὶ ῥαψωιδός ἐστιν.

Ἴ ω ν οὐκ αὖ μοι δοκεῖ τοῦτο.

Σ ω κ ρ ά τ η ς ἀλλ᾽ ἐκεῖνο μὴν δοκεῖ σοι, ὅστις γε ἀγαθὸς ῥαψωιδός, καὶ στρατηγὸς [541b] ἀγαθὸς εἶναι;

Ἴ ω ν πάνυ γε.

Σ ω κ ρ ά τ η ς οὐκοῦν σὺ τῶν Ἑλλήνων ἄριστος ῥαψωιδὸς εἶ;

Ἴ ω ν πολύ γε, ὦ Σώκρατες.

Σ ω κ ρ ά τ η ς ἦ καὶ στρατηγός, ὦ Ἴων, τῶν Ἑλλήνων ἄριστος εἶ;

Ἴ ω ν εὖ ἴσθι, ὦ Σώκρατες· καὶ ταῦτά γε ἐκ τῶν Ὁμήρου μαθών.

12. Σ ω κ ρ ά τ η ς τί δή ποτ᾽ οὖν πρὸς τῶν θεῶν, ὦ Ἴων, ἀμφότερα ἄριστος ὢν τῶν Ἑλλήνων, καὶ στρατηγὸς καὶ ῥαψωιδός, ῥαψωιδεῖς μὲν περιιὼν τοῖς Ἕλλησι, στρατηγεῖς δ᾽ οὔ; ἢ ῥαψωιδοῦ μὲν δοκεῖ σοι χρυσῶι [541c] στεφάνωι ἐστεφανωμένου πολλὴ χρεία εἶναι τοῖς Ἕλλησι, στρατηγοῦ δὲ οὐδεμία;

Ἴ ω ν ἡ μὲν γὰρ ἡμετέρα, ὦ Σώκρατες, πόλις ἄρχεται ὑπὸ ὑμῶν καὶ στρατηγεῖται καὶ οὐδὲν δεῖται στρατηγοῦ, ἡ δὲ ὑμετέρα καὶ ἡ Λακεδαιμονίων οὐκ ἄν με ἕλοιτο στρατηγόν· αὐτοὶ γὰρ οἴεσθε ἱκανοὶ εἶναι.

Σ ω κ ρ ά τ η ς ὦ βέλτιστε Ἴων, Ἀπολλόδωρον οὐ γιγνώσκεις τὸν Κυζικηνόν;

Ἴ ω ν ποῖον τοῦτον;

Σ ω κ ρ ά τ η ς ὃν Ἀθηναῖοι πολλάκις ἑαυτῶν στρατηγὸν [541d] ἥιρηνται ξένον ὄντα· καὶ Φανοσθένη τὸν Ἄνδριον καὶ Ἡρακλείδην τὸν Κλαζομένιον, οὓς ἥδε ἡ πόλις ξένους ὄντας, ἐνδειξαμένους ὅτι ἄξιοι λόγου εἰσί, καὶ εἰς στρατηγίας καὶ εἰς τὰς ἄλλας ἀρχὰς ἄγει· Ἴωνα δ᾽ ἄρα τὸν Ἐφέσιον οὐχ αἱρήσεται στρατηγὸν καὶ τιμήσει, ἐὰν δοκῆι ἄξιος λόγου εἶναι; τί δέ; οὐκ Ἀθηναῖοι μέν ἐστε οἱ Ἐφέσιοι τὸ ἀρχαῖον, καὶ ἡ Ἔφεσος οὐδεμιᾶς ἐλάττων πόλεως; [541e] ἀλλὰ γὰρ σύ, ὦ Ἴων, εἰ μὲν ἀληθῆ λέγεις ὡς τέχνηι καὶ ἐπιστήμηι οἷός τε εἶ Ὅμηρον ἐπαινεῖν, ἀδικεῖς, ὅστις ἐμοὶ ὑποσχόμενος ὡς πολλὰ καὶ καλὰ περὶ Ὁμήρου ἐπίστασαι καὶ φάσκων ἐπιδείξειν, ἐξαπατᾶις με καὶ πολλοῦ δεῖς ἐπιδεῖξαι, ὅς γε οὐδὲ ἅττα ἐστὶ ταῦτα περὶ ὧν δεινὸς εἶ ἐθέλεις εἰπεῖν, πάλαι ἐμοῦ λιπαροῦντος, ἀλλὰ ἀτεχνῶς ὥσπερ ὁ Πρωτεὺς παντοδαπὸς γίγνηι στρεφόμενος ἄνω καὶ κάτω, ἕως τελευτῶν διαφυγών με στρατηγὸς ἀνεφάνης, ἵνα μὴ ἐπιδείξηις ὡς δεινὸς εἶ [542a] τὴν περὶ Ὁμήρου σοφίαν. εἰ μὲν οὖν τεχνικὸς ὤν, ὅπερ νυνδὴ ἔλεγον, περὶ Ὁμήρου ὑποσχόμενος ἐπιδείξειν ἐξαπατᾶις με, ἄδικος εἶ· εἰ δὲ μὴ τεχνικὸς εἶ, ἀλλὰ θείαι μοίραι κατεχόμενος ἐξ Ὁμήρου μηδὲν εἰδὼς πολλὰ καὶ καλὰ λέγεις περὶ τοῦ ποιητοῦ, ὥσπερ ἐγὼ εἶπον περὶ σοῦ, οὐδὲν ἀδικεῖς. ἑλοῦ οὖν πότερα βούλει νομίζεσθαι ὑπὸ ἡμῶν ἄδικος ἀνὴρ εἶναι ἢ θεῖος.

Ἴ ω ν πολὺ διαφέρει, [542b] ὦ Σώκρατες· πολὺ γὰρ κάλλιον τὸ θεῖον νομίζεσθαι.

Σ ω κ ρ ά τ η ς τοῦτο τοίνυν τὸ κάλλιον ὑπάρχει σοι παρ᾽ ἡμῖν, ὦ Ἴων, θεῖον εἶναι καὶ μὴ τεχνικὸν περὶ Ὁμήρου ἐπαινέτην.

È Deabixalex dell’Essere ”. La Radurapsodyx«EVENTö»»»»»»»»»del nulla è««««««L’EVENTö sEnza perché Null’è»»»»» che si sottrae in sé è l’È L’EVENTö spazioNtotempora “È l’EVENTö”nell'ontostoria senzaPerché la radura””»nulla si fonda Raduranziché:rapsodikx anziché Già“È’Evento Già Là”L’ è senzaperché nell’’essereventux”paradox’EVENTö” fenoumenL’EVENTö senzaPerché KataL’EVENTöNtopologic’’EVENTöntostoria. MetaL’EVENTöntostoria eventuxremotontostoria in sé crea là senzaPerché là oltre La mEtafisicabixalex. L’EVENTö d’essere nella ontostoria del mondO interL’EVENTö seNzaperché’ultimo già ontostoria dell’«’L’EVENTö». Inter’evento d’Essersi già «’L’EVENTö» di esserci»Kat’«’EVENTö» Kata«’EVENTö»»c’è là Kata’EVENTö È Kata’EVENTöntoStorico di essern’EVENTö al di là dellla metafisicAbixalex paradigm’EVENTö”rapsody. Katarapsodyx giacché già essere rapsodyx ontotemporapsodyx Metarapsody ontostoria Katarapsody oltre la metafisica è «ontotempoRaPSodyx Katarapsodyx senzaperché«Meta’EVENTö»«L’ EVENTö è c’è senzaperché c’è Kata’EVENTö»’ultimo«’EVENTö». Al di Là «Crea»C’è ontopologiabixalex già per nullabixalex senzaperché l’esser’EVENTö«rapsodiabixalex risonanzabixalex»oltre la metafisicabixalex o della metafisicabixalex della ragione pura ontoteologiabixalex’Aldilà della metafisicabixalex della Ragione della storia Fenoumenologicabixalex. D’’EVENTö la Fenoumenologia è ontostoria dello Spaziontotempora esser’EVENTö in sé per sé da sé al di là di sé in sé dell’essere Al di Là nell’’EVENTö senzaperché ontotempora sublim’EVENTö della ontostoria dell’esser’EVENTö«senzaPercHé». Perché d’essere ontotempora Già’ “EVENTö” in sé vi è da sé già “EVENTö”«senzaperché» In sé È fenoumenontostorica dell’essere da sé Dà “EVENTöntostoria». È in Sé esserci d’“EVENTö”FenoumenaKata“EVENTö” nullità è già È dà ontopologicità nulla È in sé”essere-in-sé-“EVENTö”essere-nulla»Kata“EVENTö”»«spaziontotempora vuoto». Vuoto“EVENTö”È esserci-vuoto spaziontotempora vuotonulla nulla in sé dà spaziontotempora poiesix sublim“EVENTöntostoria«È in sé»dà da sé«sublim“EVENTö”»oltre la«metafisica»«senzapercHé»Dà essercì “EVENTöntopologia della ontostoria dell’essere. Perché l’essere’è “EVENTöntologia l’esserne è sublim“EVENTö” ontoevento dell’Essere Già esserne in sé spaziontotempora distruzione della ragione metafisicA Kata“EVENTö” Meta“EVENTö”’inter“EVENTö”al di là della “Metafisica” Al di là è l'“EVENTö”che dà spazioNtotemporA Nulla“Nulla senzaperché già ontostoria oLtre la metafisica nihil“EVENTö” dopo la morte di Dio– «Dio è morto…o ucciso» –ucciso o creato. È ontoStoria sublime dell’«“EVENTö”» È Meta“EVENTö”creator“EVENTö” “““è creatric“EVENTö”anziché NullA”NiHil“EVENTö”senzaperché ontostoria. Crea NIhil’“EVENTö”Al di là della ragione “EVENTö”d’essere In sé già pensant«“EVENTö”» d’“EVENTö”è già in sé’eccedenza esser“EVENTö””che dà“ontostoria”seNzaPerché è in sé««eventità»»: –c’è eventoRadurapsody«“EVENTö”»»»»nella ontostoria senzaPerché ontotempoRaduRa È senzaPerChé è fenoumenà«“EVENTö”»»»oltre«la»fenoumETafisica». L’“EVENTö”gettanza»»Meta“EVENTö” Là nella ontostoria dell’“EVENTö”spaziontoteMpora già Radurapsodyx già in sé È già“EVENTö”Creativontotempora Kata“EVENTö”esservi d’“EVENTö”della ontostoria dell’“EVENTö”tranxsonanza della ontostoria dell’essere l’esser“EVENTö” dell’essere Già di per sé nella ontostoria dell’“EVENTöntotempora ontopologicontotempora-essere dell’“EVENTöntostorico Meta“EVENTö” senzaperCHé’ultim“EVENTö”Perché L’’essere è“EVENTö”Dea senza«Perché della creatività In sé È là–«in sé». Là creatività È “EVENTö”–crear“EVENTö”è perché senzaperché’al di là Nulla Radura nella ontostoria È Da ultim“EVENTö”essere L’“EVENTö”meta“EVENTö”Già«Dà crea»spazial“EVENTö”spaziontotempora RaduRa oltre la metafisica È già “EVENTö”dell’Essere dell’Esserne è ontostoria dell’EssereDall’eventontotempora è’“EVENTöntologia Essereontotempora’esserci pensiero dell’esserevento«si dà». L’Essere è Kata“EVENTö” È Dasein l’esserci EssereontoTempora l’esserci è l’“EVENTö”dell’esserci “EVENTö” dell’esserci essere dell’essere-per-la-fine? Dell’esserci? Dell’esserci gettanza? È’esserci ontostoricità ontostoria dell’Essere ontostoria dell’Essernè La storia dell’Essere è l’evento dell’Essere che si dà ontostoria dell’esser“EVENTöntologia è la fondazione’ontologica è la distruzione della metafisica. L’“EVENTö” dell’Essere dell’Esserne la catastrofe della metafisica’oblio dell’Essere lì l’Essere si ritrae è nihilx della fine ultima della metafisica. È “EVENTö”dell’Essere è «nulla–dell’Essere»lì inter“EVENTö”Dall’evento Crea Lì aleggia Lì oltre la metafisicaonteologica. Già “EVENTöntotemporapSodyx C’è è C’è senzaperché al di là è “EVENTö”dell’essereLì al di là Lì In Sé Radurapsodìx Là è “EVENTöntopologico dell’essere là oltre la metafisicà è già C’è Rapsodyx È già“là” creatric“EVENTö”Lì della radurità senza–perché In sé “EVENTö”dell’essere dall’esserne è destinaza“Rapsodyx”«là» È nel vuoto lì Al di là della metafisica mondana. ONtoSToRiA là dell’Essere già in “EVENTöntotEmpora Crea l’esser“EVENTö” è oltre la metafisica ’essercilà oltre l’ente l’esserci è senzaperché “EVENTö”dell’essere oltre la metafisica filosofica da Platone a Nietzsche è metafisica“oltre”è l’esser“EVENTöntologicontostoria dell’Essere è oltre la storia della metafisica. Nell’esserne “EVENTöntologico dell’Essere’abissal“EVENTöntotempora ontopologicontostoria dell’Essere è già’Essere dal nulla già in sé. La metafisica è la razionalità vuotabixalex del pensiero calcolante è la metafisica quel pensiero calcolante lì vi si è insediata metafisica ultimità dell’ente. L’abissal“EVENTö”dell’’Essere È ontostoria dell’Essere Rapsodyx senzaperché dal nulla l’Esser“EVENTö”»dell’Essere radurabissal“EVENTö”dall’Esser“EVENTö”della physix dall’Essere ontostoria che mondeggia ontostoria dell’Esser“EVENTö” della ontostoria dell’Essere Già la fine della metafisica. L’“EVENTö”ontostoria mondeggia abissal“EVENTö” nel nulla del nihilx dell’Essere là’esserci È iN sé ontostoria dell’esser“EVENTö” l’oltremetafisica Senzaperché della ontostoria che mondeggia ontotempora–metastabilità dell’Essere lì c’è spaziontopolOgia ontostoricità dell’esser“EVENTö”dell’essere Katà“EVENTö”Già esserci ontostoria dell’essere già “EVENTö”dall’Essere ontostoricità è l’Esserne della ontostoria dell’Essere Là ontologica è l’Esserci dello spaziontotempora dell’Essere In sé è l’EssernE paradigma dell’esser“EVENTö””c’è nulla senzaPerché ««Già dell’Essere già“EVENTö”». Già ontostoria-ontologica della RadurApsody––è esserci L’ontostoricoNtOtempora pensa l’Essere al di là quale ontostorico “EVENTö” senzaPErCHé già ontomodern-dell’essere già L’“EVENTö”della creatività In“Sé»»eventontosofiax senzaperché”Nullaratiousiax già dall’“EVENTö”»là ontotempora dell’essere––là pensant“EVENTö” dall’esserne»abissal“EVENTö”dell’esserci’“EVENTö”dell’essere–«vuoto in Sé»tramonto della metafisica. Meta“EVENTö”Perché«pensiero»tramonto dalla metafisica È pensiero dall’esser“EVENTö”«pensierontotempora» Senzaperché è l’’«essereontostorico»là: è là RadurApsodyx spaziontoteporadell’essere––– «ontostorico»già“Essere”nihilx Radurapsodyx dell’essere già«là»l’evento d’exstasyx Al di là L’“È”–EreigniStory tramontanza-della-metafisica È eventramontanza della metafisica’ultima. Già Esserontotempora del tramonto metafisico È’esserci già “EVENTö”dell’essereventramontanza della metafisica-ontoteologiCa–già«al di là»della«metafisica» crea dal nulla«rapsodyx» È senzaperché là già aleggia radura dell’essere dal nulla dell’esser“EVENTöntoTempora “EVENTraMontanza della metafisica vi è sènzaperché dal nulla TraMontanza dellla metafisica è phýsix“EVENTraMontanza poíesix“EVENTraMontanza nel «pensiero della creazione». L’“EVENTraMontanza crea crea-“EVENTraMontanza della metafisica crea il crear’Esser“EVENTraMontanza della Metafisica ontophýsix è “EVENTraMontanza della metafisica Esser“EVENTraMontanza Della metafisica si dà dal nulla è senzaperché là è senza fondamento senzaperché l’Esser“EVENTraMontanza della Metafisica è “EVENTraMontanza della metafisica della makinaouxiax è ontostoria ““EVENTO”dell’Essere–– è L’““EVENTO”dell’Essere È là vuoto senzaperché ““EVENTOntologicontostoria dell’Essere già è «già abissaL““EVENTO”creativo dell’Essere senzaPerché “EVENTO”dell’Essere«là»ontostorico l’evento dell’al di là«è in sé»là è abissal“EVENTO”vuotonullo spaziontotempora dell’essere là già È si dà senzaPerché dall’evento dell’Essere RadUrapsoDyx È Radura già Là Radurapsodia dell’essere’ontoStoria“Senzaperché tramontanza della metafisica del nulla. Là è nulla«Dall’“EVENTO”Là dall’’esser“EVENTO”della ontostoria al di là della Metafisica” già Là’Essere Oltresser“EVENTO”–senzaperché già Senza la verità–MeTafiSica crea«ontostoria–dal nulla senzaPerché RadURa dell’Esser“EVENTramOntanza della metafisica». RaduRabissale dell’essere È “EVENTO Radurapsodiabissale nella ontostoria mondeggia” È “EVENTramOntanza della metafisicabixalex. «“RadurapsodiabiSsal“EVENTramOntanzabixalex della metafisicAbixalex è già Radurabissale”. L’“EVENTO In sé tramontanzabixalex metafisicabixalex”è Physixabixalessersi Dà evento“RaduRabissal’“EVENTO”dell’essere dà là»» in sé senzaperché D’’esser“EVENTO creatrix tramoNtanzabixalex della metafisicabixalex»là»»”già»là«“EVENTOdell’esserci»«gettanzabixalex»Esser“EVENTO è’esserci ontostorico»l’esserci è gettanzabissalontostorica è gettanzabiSsale essere«già’’esserci»in sé che fonda Kata“EVENTÜX»ontologico»dell’essere tramontanzabixalex della Metafisicabissale”. È già””––”””» crea”»””D’ESserKata“EVENTÜX»È–CrEaTrix “EVENTÜXdell’essere””senzaperché» Là”nullabixalE là “EVENTÜX dell’essere”dell’esserne abixalex”–»È»«gettanzabixalex»essersi ad esser“EVENTÜXdell’essere”è Già’aldilà”È tranxsonazabixalex:là dell’essere ««RaDuRabixalexdell’essere esserne»’oltremetàfisiCabissale». Filogosofiabixalex«oltre la Metafisicabissale è “EVENTÜXdell’essere” Al di là«Del nullabiSsale nullabissal’“EVENTÜX dell’essere Deabixalex già interevento È“Essere ontotemporabissale–––“fenoumenologiabixalex”–creatrixabixalex creerà L’“EVENTÜX dell’essere Esserne Radurabissale’è tramontanzabixalex della metafisicabissale al di là già––l’esserci epifenoumenalità DeAbixal’“EVENTÜX dell’essere esserci dell’essere Crea “EVENTÜXdell’essere è senzaperché l’essere in sé’già ontologiabixalex è alétheiabixalex svelatezzabixalex dell’essere tramontanzabixalex della metafisicabiSsale. Radur“EVENTÜX«in sé’»già là PletonRapsodyX È già “EVENTÜXdell’essere kata“EVENTÜX”–dell’essere oltre la metafisicabissale quale fondazione della verità dell’Essere. “EVENTÜX”–della tramontanzabixalex della metafisicabissale in sé si dà l’Esser“EVENTÜX”senza la metafisica consente la fondazione della verità dell’Esser“EVENTÜX”d’al di là È l’essere oltre il pensare metafisico È senzaperché dell’EsserEVENTÜX ontopologiabixalE dell’essere’abissale ontologia caosmoxabixAlex «decadenzabissale» della metafisicabissale» metafisica del destino»«È» creatività dell’essere Già catastrofe della metafisicabissale. È nihilxabissale«Oltre al di là della MeTafisicabissale al di là della fenomenologiabissale nihilx già «oltre» è Deabixalex senza la metafisica è nihilxabixalex dell’essere. In assenza di verticalità, Jünger non alza lo sguardo verso la questione dell’essere, non ne scruta la stola questione dell’essere e la questione ebraica 161 ria e le destinazioni epocali. Risuona allora la celebre proposta di Heidegger: più che di Überwindung è meglio parlare di Verwindung. Non si tratta di oltrepassare, bensì di rimettersi dalla metafisica, come ci si rimette da una malattia, sopportando ciò a cui si resta pur sempre avvinti. La «linea» è la trincea – una trincea all’interno di un mondo che resta prepotentemente nichilistico. L’attraversamento della linea è il movimento del soldato che si spinge in territorio nemico, che del nemico tenta, anzi, di tracciare la cartografia, di individuarne il luogo, definirne l’identità. La linea di Jünger rimarca il confine di Schmitt tra amico e nemico. La sua topografia dell’ebreo rimane all’interno di questa contrapposizione, dentro la metafisica. L’ebreo di Jünger non trova posto nella storia dell’essere. È la forza demonica che assale invano l’avamposto divino dell’eroe germanico, è il nemico che deve essere annientato. Per Heidegger la linea è il limite estremo, l’éschaton che suggerisce il passo indietro. Prima della topografia è necessaria una topologia. Vale per il nichilismo, ma vale anche per l’ebreo. Non ha senso descriverlo metafisicamente come nemico con un linguaggio che – ha annotato una volta Heidegger – assomiglia al «bollettino del comando supremo della Wehrmacht».295 Piuttosto occorre scorgerne il posto, se esiste, nella storia dell’Essere. Non una contrapposizione, dunque, ma una Erörterung, una delucidazione che è anche il raggiungimento del luogo; non una topografia trans lineam, ma una topologia de linea.296 Più che a una linea netta, quella della frontiera bellica, Heidegger rinvia a un limite che è un’apertura, l’éschaton come inizio inaugurale di altro. 18. Il nemico. Heidegger «versus» Schmitt Da Strauss a Kuhn, da Marcuse a Löwith, sono stati in molti, sin dagli anni trenta, a richiamare l’attenzione su 162 capitolo terzo un possibile parallelo tra Heidegger e Schmitt.297 Jaspers li accomunò nella sua denuncia del 22 dicembre 1945: Heidegger, Baeumler e Carl Schmitt sono i tre professori che, pur essendo tra loro molto diversi, hanno ugualmente tentato un accesso intellettuale ai vertici del movimento nazionalsocialista. Invano. In realtà hanno solo dato prova di grande capacità intellettuale facendo cadere in disgrazia la fama della filosofia tedesca. Perciò scorgo nei loro casi il risvolto tragico del male.298 Sia Heidegger che Schmitt, pur con alterne vicende, fecero parte dell’élite politica, ricevendo incarichi e compiti di grande rilievo strategico all’interno del regime. Entrambi non presero mai davvero le distanze e, anche dopo il 1945, non ritennero mai di doversi né discolpare né giustificare. Infine, entrambi furono antisemiti, di un antisemitismo non accidentale, ma radicato nella loro riflessione. Al di là, però, di questa comunità storica o affinità di appartenenza, le differenze sono notevoli e affiorano se si guarda al naufragio a cui fu presto condannato il progetto di Heidegger, che mirava a cambiare non solo l’università, ma l’intera vita «spirituale» della nazione, e il successo di Schmitt, che per anni svolse un ruolo chiave nella giurisdizione del Reich. Le divergenze profonde vanno però cercate altrove, nel loro pensiero. In una lettera del 22 agosto 1933 Heidegger, da poco rettore a Friburgo, ringrazia Schmitt per avergli inviato la terza edizione del suo saggio Il concetto del ‘politico’. A quei tempi Schmitt si era già fatto un nome con i suoi scritti di teologia politica. Lo scopo di Heidegger era quello di assicurarsi la presenza del noto giurista nella sua università. Egregio Signor Schmitt, La ringrazio per avermi spedito il suo scritto che conosco già nella seconda edizione e che contiene uno spunto di grande rilevo. Mi auguro davvero di poterne una volta parlare con Lei a voce. Mi ha fatto molto piacere che nella Sua citazione di Eraclito non la questione dell’essere e la questione ebraica 163 abbia dimenticato il basileús che conferisce all’intero motto il suo pieno contenuto, se se ne dà un’interpretazione complessiva. Da anni ho pronta un’analoga interpretazione riferita alla nozione di verità – lo édeixe ed epoíese che compaiono nel frammento 53. Ma ora mi trovo nel mezzo del pólemos e l’aspetto letterario deve passare in secondo piano. Oggi vorrei solo dirle che spero molto nella sua decisiva collaborazione, perché qui occorre ricostruire completamente, dall’interno, la Facoltà di Giurisprudenza, per quel che riguarda sia il regolamento scientifico sia quello educativo. La situazione qui è purtroppo molto desolante. Diventa sempre più urgente convogliare le energie spirituali che devono aprire la strada a quel che avverrà. Per oggi concludo con cordiali saluti Heil Hitler Suo Heidegger299 A parte il rinvio al basileús di Eraclito, si trattava di frasi di circostanza, destinate a non avere alcun seguito. Schmitt riprese la cattedra che aveva già avuto a Berlino. Non si sa se abbia mai incontrato Heidegger di persona. Nel suo libro su Paolo, Taubes riferisce un racconto che gli avrebbe fatto Schmitt: nel 1934 sarebbe stato caricato da Göring su un treno notturno, insieme ad altri consiglieri di stato e professori tedeschi, fra cui Heidegger, per andare a parlare con Mussolini a Roma.300 A questo racconto, piuttosto leggendario, si aggiunge la testimonianza dell’interprete americano Gary Ulmen, parlando con il quale Schmitt avrebbe rievocato un suo incontro con Heidegger a Berlino, nel 1944, in cui, alla vigilia della sconfitta, parlarono del naufragio della Germania.301 Il loro rapporto fu sempre mediato da Jünger che, tuttavia, restò più legato al giurista che al filosofo. Ma soprattutto non fu mai chiaro che cosa intendesse Heidegger con il suo giudizio apparentemente lusinghiero sull’opera di Schmitt. Nel seminario sui Lineamenti della filosofia del diritto di Hegel, tenuto nel semestre invernale 1934-1935, e pubblicato nel 2011, emerge un giudizio ben diverso, sia sul 164 capitolo terzo concetto di “politico”, proposto da Schmitt, sia sulla relazione amico-nemico che ne costituisce l’asse portante.302 Si tratta di osservazioni, per nulla estemporanee, che si legano con coerenza alla visione politica di Heidegger. Non è azzardato dire che intorno a una riflessione sul nemico si dispiega il pensiero politico e giuridico di Schmitt, «l’ultimo consapevole rappresentante dello jus publicum Europaeum», come lui stesso si è definito.303 La sua riflessione è consegnata al saggio, apparso dapprima nel 1927, quindi ristampato e rielaborato in una terza edizione nel 1932, Il concetto di ‘politico’. Quel che con un aggettivo Schmitt chiama il “politico” è la forma più radicale in grado di unire un gruppo umano e di opporlo ad altri. «La contrapposizione politica è la più intensa ed estrema».304 Perché ne va dell’esistenza: il “politico” sorge in prossimità della morte, sulla trincea della vita, là dove, dinanzi alla minaccia ultima, al pericolo più grave, si impone la difesa comune. Nella profondità esistenziale, che il “politico” assume per Schmitt, si avvertono, inconfondibili, gli echi di Essere e tempo. L’esistenza politica è un «es

È Deabixalex dell’Essere ontostoria dell’Essere. EsserEvEnt’Essere dell’Essere là Oltre la “gravità MÈTAfisicA-del-tramonto-tramontanza-della-metafisicabixalex“essente”“Essere in sé’’ L’eveNtö. EveNtö Che supera la metafisicabissale. L’EveNtöntostoria dell’essere poetante pensantE’eventualità«oltre»La metafisicabixalex È ontoRadüra interevento “gettatezza”vi è’in«s黫nulla»im-pensato. L’EveNtöntophysix è al di là della«metafisicabissale». Crea ontostoria dell’Essere l’EsserEveNtöntostoria nella storia dell’Essere dell’ontostoria dell’Essere d’EveNtö. L’’ EveNtö è esserEveNtöntostoria al di là della metafisicabissale. I «Quaderni DI Heideggerapsodyx». Über-legungen An-merkun-gen rap-so-dikx è già là l’EveNtöntostoria dell’Essere già’abissalEveNtö della storia dell’EvENtö EVENtö–Story dei quaderni di Heideggerapsodyx. I Quaderni Di Heideggerapsodyx ontopologiabixalex in sé«è EVENtö» D’EVENtöntotempora MetaEVENtö è EVENtöStòry È in Sé dà EVENtöntostoria là È già là. È già EVENtöntotempora là ultimoEVENTö è già d’“intereventux”D’eventontotempora È EVENtö interEVENTö È“EsserEVENTöntotempora in «sé»già là EsserEVENTöntotempora oltre la metafiSicabissale’’. «EVENTö–dell’essere»là ultimità EsserEVENTöntotemporapsodyx È Al di là Del “soggetto” metafisico’ultimo l’arché È da EsserEVENTöntotempora EVENTöntopologia di Heideggerapsodyx nei Quaderni già da EsserEVENTöntempora là è EsserEVENTöntemporA già da temporapsodyx Anziché il nullabixalex della metafisicabixalex–verità della filosofiabissalex” Al di là della Ragione“MetafiSicAbixalex’ in sé della filosofiabixalex. L’“EVENTö”in Sé l’“è là” È Là L’EVENTö già RaduRità È EVENTöntemprA per la verità ontostorica EVENTöntoverità«in sé”già a fine tempOra”. La Radurapsodyx«EVENTö»»»»»»»»»del nulla è««««««L’EVENTö sEnza perché Null’è»»»»» che si sottrae in sé è l’È L’EVENTö spazioNtotempora “È l’EVENTö”nell'ontostoria senzaPerché la radura””»nulla si fonda Raduranziché:rapsodikx anziché Già“È’Evento Già Là”L’ è senzaperché nell’’essereventux”paradox’EVENTö” fenoumenL’EVENTö senzaPerché KataL’EVENTöNtopologic’’EVENTöntostoria. MetaL’EVENTöntostoria eventuxremotontostoria in sé crea là senzaPerché là oltre La mEtafisicabixalex. L’EVENTö d’essere nella ontostoria del mondO interL’EVENTö seNzaperché’ultimo già ontostoria dell’«’L’EVENTö». Inter’evento d’Essersi già «’L’EVENTö» di esserci»Kat’«’EVENTö» Kata«’EVENTö»»c’è là Kata’EVENTö È Kata’EVENTöntoStorico di essern’EVENTö al di là dellla metafisicAbixalex paradigm’EVENTö”rapsody. Katarapsodyx giacché già essere rapsodyx ontotemporapsodyx Metarapsody ontostoria Katarapsody oltre la metafisica è «ontotempoRaPSodyx Katarapsodyx senzaperché«Meta’EVENTö»«L’ EVENTö è c’è senzaperché c’è Kata’EVENTö»’ultimo«’EVENTö». Al di Là «Crea»C’è ontopologiabixalex già per nullabixalex senzaperché l’esser’EVENTö«rapsodiabixalex risonanzabixalex»oltre la metafisicabixalex o della metafisicabixalex della ragione pura ontoteologiabixalex’Aldilà della metafisicabixalex della Ragione della storia Fenoumenologicabixalex. D’’EVENTö la Fenoumenologia è ontostoria dello Spaziontotempora esser’EVENTö in sé per sé da sé al di là di sé in sé dell’essere Al di Là nell’’EVENTö senzaperché ontotempora sublim’EVENTö della ontostoria dell’esser’EVENTö«senzaPercHé». Perché d’essere ontotempora Già’ “EVENTö” in sé vi è da sé già “EVENTö”«senzaperché» In sé È fenoumenontostorica dell’essere da sé Dà “EVENTöntostoria». È in Sé esserci d’“EVENTö”FenoumenaKata“EVENTö” nullità è già È dà ontopologicità nulla È in sé”essere-in-sé-“EVENTö”essere-nulla»Kata“EVENTö”»«spaziontotempora vuoto». Vuoto“EVENTö”È esserci-vuoto spaziontotempora vuotonulla nulla in sé dà spaziontotempora poiesix sublim“EVENTöntostoria«È in sé»dà da sé«sublim“EVENTö”»oltre la«metafisica»«senzapercHé»Dà essercì “EVENTöntopologia della ontostoria dell’essere. Perché l’essere’è “EVENTöntologia l’esserne è sublim“EVENTö” ontoevento dell’Essere Già esserne in sé spaziontotempora distruzione della ragione metafisicA Kata“EVENTö” Meta“EVENTö”’inter“EVENTö”al di là della “Metafisica” Al di là è l'“EVENTö”che dà spazioNtotemporA Nulla“Nulla senzaperché già ontostoria oLtre la metafisica nihil“EVENTö” dopo la morte di Dio– «Dio è morto…o ucciso» –ucciso o creato. È ontoStoria sublime dell’«“EVENTö”» È Meta“EVENTö”creator“EVENTö” “““è creatric“EVENTö”anziché NullA”NiHil“EVENTö”senzaperché ontostoria. Crea NIhil’“EVENTö”Al di là della ragione “EVENTö”d’essere In sé già pensant«“EVENTö”» d’“EVENTö”è già in sé’eccedenza esser“EVENTö””che dà“ontostoria”seNzaPerché è in sé««eventità»»: –c’è eventoRadurapsody«“EVENTö”»»»»nella ontostoria senzaPerché ontotempoRaduRa È senzaPerChé è fenoumenà«“EVENTö”»»»oltre«la»fenoumETafisica». L’“EVENTö”gettanza»»Meta“EVENTö” Là nella ontostoria dell’“EVENTö”spaziontoteMpora già Radurapsodyx già in sé È già“EVENTö”Creativontotempora Kata“EVENTö”esservi d’“EVENTö”della ontostoria dell’“EVENTö”tranxsonanza della ontostoria dell’essere l’esser“EVENTö” dell’essere Già di per sé nella ontostoria dell’“EVENTöntotempora ontopologicontotempora-essere dell’“EVENTöntostorico Meta“EVENTö” senzaperCHé’ultim“EVENTö”Perché L’’essere è“EVENTö”Dea senza«Perché della creatività In sé È là–«in sé». Là creatività È “EVENTö”–crear“EVENTö”è perché senzaperché’al di là Nulla Radura nella ontostoria È Da ultim“EVENTö”essere L’“EVENTö”meta“EVENTö”Già«Dà crea»spazial“EVENTö”spaziontotempora RaduRa oltre la metafisica È già “EVENTö”dell’Essere dell’Esserne è ontostoria dell’EssereDall’eventontotempora è’“EVENTöntologia Essereontotempora’esserci pensiero dell’esserevento«si dà». L’Essere è Kata“EVENTö” È Dasein l’esserci EssereontoTempora l’esserci è l’“EVENTö”dell’esserci “EVENTö” dell’esserci essere dell’essere-per-la-fine? Dell’esserci? Dell’esserci gettanza? È’esserci ontostoricità ontostoria dell’Essere ontostoria dell’Essernè La storia dell’Essere è l’evento dell’Essere che si dà ontostoria dell’esser“EVENTöntologia è la fondazione’ontologica è la distruzione della metafisica. L’“EVENTö” dell’Essere dell’Esserne la catastrofe della metafisica’oblio dell’Essere lì l’Essere si ritrae è nihilx della fine ultima della metafisica. È “EVENTö”dell’Essere è «nulla–dell’Essere»lì inter“EVENTö”Dall’evento Crea Lì aleggia Lì oltre la metafisicaonteologica. Già “EVENTöntotemporapSodyx C’è è C’è senzaperché al di là è “EVENTö”dell’essereLì al di là Lì In Sé Radurapsodìx Là è “EVENTöntopologico dell’essere là oltre la metafisicà è già C’è Rapsodyx È già“là” creatric“EVENTö”Lì della radurità senza–perché In sé “EVENTö”dell’essere dall’esserne è destinaza“Rapsodyx”«là» È nel vuoto lì Al di là della metafisica mondana. ONtoSToRiA là dell’Essere già in “EVENTöntotEmpora Crea l’esser“EVENTö” è oltre la metafisica ’essercilà oltre l’ente l’esserci è senzaperché “EVENTö”dell’essere oltre la metafisica filosofica da Platone a Nietzsche è metafisica“oltre”è l’esser“EVENTöntologicontostoria dell’Essere è oltre la storia della metafisica. Nell’esserne “EVENTöntologico dell’Essere’abissal“EVENTöntotempora ontopologicontostoria dell’Essere è già’Essere dal nulla già in sé. La metafisica è la razionalità vuotabixalex del pensiero calcolante è la metafisica quel pensiero calcolante lì vi si è insediata metafisica ultimità dell’ente. L’abissal“EVENTö”dell’’Essere È ontostoria dell’Essere Rapsodyx senzaperché dal nulla l’Esser“EVENTö”»dell’Essere radurabissal“EVENTö”dall’Esser“EVENTö”della physix dall’Essere ontostoria che mondeggia ontostoria dell’Esser“EVENTö” della ontostoria dell’Essere Già la fine della metafisica. L’“EVENTö”ontostoria mondeggia abissal“EVENTö” nel nulla del nihilx dell’Essere là’esserci È iN sé ontostoria dell’esser“EVENTö” l’oltremetafisica Senzaperché della ontostoria che mondeggia ontotempora–metastabilità dell’Essere lì c’è spaziontopolOgia ontostoricità dell’esser“EVENTö”dell’essere Katà“EVENTö”Già esserci ontostoria dell’essere già “EVENTö”dall’Essere ontostoricità è l’Esserne della ontostoria dell’Essere Là ontologica è l’Esserci dello spaziontotempora dell’Essere In sé è l’EssernE paradigma dell’esser“EVENTö””c’è nulla senzaPerché ««Già dell’Essere già“EVENTö”». Già ontostoria-ontologica della RadurApsody––è esserci L’ontostoricoNtOtempora pensa l’Essere al di là quale ontostorico “EVENTö” senzaPErCHé già ontomodern-dell’essere già L’“EVENTö”della creatività In“Sé»»eventontosofiax senzaperché”Nullaratiousiax già dall’“EVENTö”»là ontotempora dell’essere––là pensant“EVENTö” dall’esserne»abissal“EVENTö”dell’esserci’“EVENTö”dell’essere–«vuoto in Sé»tramonto della metafisica. Meta“EVENTö”Perché«pensiero»tramonto dalla metafisica È pensiero dall’esser“EVENTö”«pensierontotempora» Senzaperché è l’’«essereontostorico»là: è là RadurApsodyx spaziontoteporadell’essere––– «ontostorico»già“Essere”nihilx Radurapsodyx dell’essere già«là»l’evento d’exstasyx Al di là L’“È”–EreigniStory tramontanza-della-metafisica È eventramontanza della metafisica’ultima. Già Esserontotempora del tramonto metafisico È’esserci già “EVENTö”dell’essereventramontanza della metafisica-ontoteologiCa–già«al di là»della«metafisica» crea dal nulla«rapsodyx» È senzaperché là già aleggia radura dell’essere dal nulla dell’esser“EVENTöntoTempora “EVENTraMontanza della metafisica vi è sènzaperché dal nulla TraMontanza dellla metafisica è phýsix“EVENTraMontanza poíesix“EVENTraMontanza nel «pensiero della creazione». L’“EVENTraMontanza crea crea-“EVENTraMontanza della metafisica crea il crear’Esser“EVENTraMontanza della Metafisica ontophýsix è “EVENTraMontanza della metafisica Esser“EVENTraMontanza Della metafisica si dà dal nulla è senzaperché là è senza fondamento senzaperché l’Esser“EVENTraMontanza della Metafisica è “EVENTraMontanza della metafisica della makinaouxiax è ontostoria ““EVENTO”dell’Essere–– è L’““EVENTO”dell’Essere È là vuoto senzaperché ““EVENTOntologicontostoria dell’Essere già è «già abissaL““EVENTO”creativo dell’Essere senzaPerché “EVENTO”dell’Essere«là»ontostorico l’evento dell’al di là«è in sé»là è abissal“EVENTO”vuotonullo spaziontotempora dell’essere là già È si dà senzaPerché dall’evento dell’Essere RadUrapsoDyx È Radura già Là Radurapsodia dell’essere’ontoStoria“Senzaperché tramontanza della metafisica del nulla. Là è nulla«Dall’“EVENTO”Là dall’’esser“EVENTO”della ontostoria al di là della Metafisica” già Là’Essere Oltresser“EVENTO”–senzaperché già Senza la verità–MeTafiSica crea«ontostoria–dal nulla senzaPerché RadURa dell’Esser“EVENTramOntanza della metafisica». RaduRabissale dell’essere È “EVENTO Radurapsodiabissale nella ontostoria mondeggia” È “EVENTramOntanza della metafisicabixalex. «“RadurapsodiabiSsal“EVENTramOntanzabixalex della metafisicAbixalex è già Radurabissale”. L’“EVENTO In sé tramontanzabixalex metafisicabixalex”è Physixabixalessersi Dà evento“RaduRabissal’“EVENTO”dell’essere dà là»» in sé senzaperché D’’esser“EVENTO creatrix tramoNtanzabixalex della metafisicabixalex»là»»”già»là«“EVENTOdell’esserci»«gettanzabixalex»Esser“EVENTO è’esserci ontostorico»l’esserci è gettanzabissalontostorica è gettanzabiSsale essere«già’’esserci»in sé che fonda Kata“EVENTÜX»ontologico»dell’essere tramontanzabixalex della Metafisicabissale”. È già””––”””» crea”»””D’ESserKata“EVENTÜX»È–CrEaTrix “EVENTÜXdell’essere””senzaperché» Là”nullabixalE là “EVENTÜX dell’essere”dell’esserne abixalex”–»È»«gettanzabixalex»essersi ad esser“EVENTÜXdell’essere”è Già’aldilà”È tranxsonazabixalex:là dell’essere ««RaDuRabixalexdell’essere esserne»’oltremetàfisiCabissale». Filogosofiabixalex«oltre la Metafisicabissale è “EVENTÜXdell’essere” Al di là«Del nullabiSsale nullabissal’“EVENTÜX dell’essere Deabixalex già interevento È“Essere ontotemporabissale–––“fenoumenologiabixalex”–creatrixabixalex creerà L’“EVENTÜX dell’essere Esserne Radurabissale’è tramontanzabixalex della metafisicabissale al di là già––l’esserci epifenoumenalità DeAbixal’“EVENTÜX dell’essere esserci dell’essere Crea “EVENTÜXdell’essere è senzaperché l’essere in sé’già ontologiabixalex è alétheiabixalex svelatezzabixalex dell’essere tramontanzabixalex della metafisicabiSsale. Radur“EVENTÜX«in sé’»già là PletonRapsodyX È già “EVENTÜXdell’essere kata“EVENTÜX”–dell’essere oltre la metafisicabissale quale fondazione della verità dell’Essere. “EVENTÜX”–della tramontanzabixalex della metafisicabissale in sé si dà l’Esser“EVENTÜX”senza la metafisica consente la fondazione della verità dell’Esser“EVENTÜX”d’al di là È l’essere oltre il pensare metafisico È senzaperché dell’EsserEVENTÜX ontopologiabixalE dell’essere’abissale ontologia caosmoxabixAlex «decadenzabissale» della metafisicabissale» metafisica del destino»«È» creatività dell’essere Già catastrofe della metafisicabissale. È nihilxabissale«Oltre al di là della MeTafisicabissale al di là della fenomenologiabissale nihilx già «oltre» è Deabixalex senza la metafisica è nihilxabixalex dell’essere. In assenza di verticalità, Jünger non alza lo sguardo verso la questione dell’essere, non ne scruta la stola questione dell’essere e la questione ebraica 161 ria e le destinazioni epocali. Risuona allora la celebre proposta di Heidegger: più che di Überwindung è meglio parlare di Verwindung. Non si tratta di oltrepassare, bensì di rimettersi dalla metafisica, come ci si rimette da una malattia, sopportando ciò a cui si resta pur sempre avvinti. La «linea» è la trincea – una trincea all’interno di un mondo che resta prepotentemente nichilistico. L’attraversamento della linea è il movimento del soldato che si spinge in territorio nemico, che del nemico tenta, anzi, di tracciare la cartografia, di individuarne il luogo, definirne l’identità. La linea di Jünger rimarca il confine di Schmitt tra amico e nemico. La sua topografia dell’ebreo rimane all’interno di questa contrapposizione, dentro la metafisica. L’ebreo di Jünger non trova posto nella storia dell’essere. È la forza demonica che assale invano l’avamposto divino dell’eroe germanico, è il nemico che deve essere annientato. Per Heidegger la linea è il limite estremo, l’éschaton che suggerisce il passo indietro. Prima della topografia è necessaria una topologia. Vale per il nichilismo, ma vale anche per l’ebreo. Non ha senso descriverlo metafisicamente come nemico con un linguaggio che – ha annotato una volta Heidegger – assomiglia al «bollettino del comando supremo della Wehrmacht».295 Piuttosto occorre scorgerne il posto, se esiste, nella storia dell’Essere. Non una contrapposizione, dunque, ma una Erörterung, una delucidazione che è anche il raggiungimento del luogo; non una topografia trans lineam, ma una topologia de linea.296 Più che a una linea netta, quella della frontiera bellica, Heidegger rinvia a un limite che è un’apertura, l’éschaton come inizio inaugurale di altro. 18. Il nemico. Heidegger «versus» Schmitt Da Strauss a Kuhn, da Marcuse a Löwith, sono stati in molti, sin dagli anni trenta, a richiamare l’attenzione su 162 capitolo terzo un possibile parallelo tra Heidegger e Schmitt.297 Jaspers li accomunò nella sua denuncia del 22 dicembre 1945: Heidegger, Baeumler e Carl Schmitt sono i tre professori che, pur essendo tra loro molto diversi, hanno ugualmente tentato un accesso intellettuale ai vertici del movimento nazionalsocialista. Invano. In realtà hanno solo dato prova di grande capacità intellettuale facendo cadere in disgrazia la fama della filosofia tedesca. Perciò scorgo nei loro casi il risvolto tragico del male.298 Sia Heidegger che Schmitt, pur con alterne vicende, fecero parte dell’élite politica, ricevendo incarichi e compiti di grande rilievo strategico all’interno del regime. Entrambi non presero mai davvero le distanze e, anche dopo il 1945, non ritennero mai di doversi né discolpare né giustificare. Infine, entrambi furono antisemiti, di un antisemitismo non accidentale, ma radicato nella loro riflessione. Al di là, però, di questa comunità storica o affinità di appartenenza, le differenze sono notevoli e affiorano se si guarda al naufragio a cui fu presto condannato il progetto di Heidegger, che mirava a cambiare non solo l’università, ma l’intera vita «spirituale» della nazione, e il successo di Schmitt, che per anni svolse un ruolo chiave nella giurisdizione del Reich. Le divergenze profonde vanno però cercate altrove, nel loro pensiero. In una lettera del 22 agosto 1933 Heidegger, da poco rettore a Friburgo, ringrazia Schmitt per avergli inviato la terza edizione del suo saggio Il concetto del ‘politico’. A quei tempi Schmitt si era già fatto un nome con i suoi scritti di teologia politica. Lo scopo di Heidegger era quello di assicurarsi la presenza del noto giurista nella sua università. Egregio Signor Schmitt, La ringrazio per avermi spedito il suo scritto che conosco già nella seconda edizione e che contiene uno spunto di grande rilevo. Mi auguro davvero di poterne una volta parlare con Lei a voce. Mi ha fatto molto piacere che nella Sua citazione di Eraclito non la questione dell’essere e la questione ebraica 163 abbia dimenticato il basileús che conferisce all’intero motto il suo pieno contenuto, se se ne dà un’interpretazione complessiva. Da anni ho pronta un’analoga interpretazione riferita alla nozione di verità – lo édeixe ed epoíese che compaiono nel frammento 53. Ma ora mi trovo nel mezzo del pólemos e l’aspetto letterario deve passare in secondo piano. Oggi vorrei solo dirle che spero molto nella sua decisiva collaborazione, perché qui occorre ricostruire completamente, dall’interno, la Facoltà di Giurisprudenza, per quel che riguarda sia il regolamento scientifico sia quello educativo. La situazione qui è purtroppo molto desolante. Diventa sempre più urgente convogliare le energie spirituali che devono aprire la strada a quel che avverrà. Per oggi concludo con cordiali saluti Heil Hitler Suo Heidegger299 A parte il rinvio al basileús di Eraclito, si trattava di frasi di circostanza, destinate a non avere alcun seguito. Schmitt riprese la cattedra che aveva già avuto a Berlino. Non si sa se abbia mai incontrato Heidegger di persona. Nel suo libro su Paolo, Taubes riferisce un racconto che gli avrebbe fatto Schmitt: nel 1934 sarebbe stato caricato da Göring su un treno notturno, insieme ad altri consiglieri di stato e professori tedeschi, fra cui Heidegger, per andare a parlare con Mussolini a Roma.300 A questo racconto, piuttosto leggendario, si aggiunge la testimonianza dell’interprete americano Gary Ulmen, parlando con il quale Schmitt avrebbe rievocato un suo incontro con Heidegger a Berlino, nel 1944, in cui, alla vigilia della sconfitta, parlarono del naufragio della Germania.301 Il loro rapporto fu sempre mediato da Jünger che, tuttavia, restò più legato al giurista che al filosofo. Ma soprattutto non fu mai chiaro che cosa intendesse Heidegger con il suo giudizio apparentemente lusinghiero sull’opera di Schmitt. Nel seminario sui Lineamenti della filosofia del diritto di Hegel, tenuto nel semestre invernale 1934-1935, e pubblicato nel 2011, emerge un giudizio ben diverso, sia sul 164 capitolo terzo concetto di “politico”, proposto da Schmitt, sia sulla relazione amico-nemico che ne costituisce l’asse portante.302 Si tratta di osservazioni, per nulla estemporanee, che si legano con coerenza alla visione politica di Heidegger. Non è azzardato dire che intorno a una riflessione sul nemico si dispiega il pensiero politico e giuridico di Schmitt, «l’ultimo consapevole rappresentante dello jus publicum Europaeum», come lui stesso si è definito.303 La sua riflessione è consegnata al saggio, apparso dapprima nel 1927, quindi ristampato e rielaborato in una terza edizione nel 1932, Il concetto di ‘politico’. Quel che con un aggettivo Schmitt chiama il “politico” è la forma più radicale in grado di unire un gruppo umano e di opporlo ad altri. «La contrapposizione politica è la più intensa ed estrema».304 Perché ne va dell’esistenza: il “politico” sorge in prossimità della morte, sulla trincea della vita, là dove, dinanzi alla minaccia ultima, al pericolo più grave, si impone la difesa comune. Nella profondità esistenziale, che il “politico” assume per Schmitt, si avvertono, inconfondibili, gli echi di Essere e tempo. L’esistenza politica è un «es