Ieri sera il mio treno è arrivato in ritardo. All'altezza di Genova Piazza Principe il capotreno apre il canale audio e lascia alla voce sintetica preregistrata il compito di ambasciatore, tra i soliti singhiozzi di pausa tra un insieme di parole e l'altro.
“Gentili passeggeri, – vi informiamo che – siamo fermi – per – un inconveniente tecnico – dovuto a treno di altra compagnia. – Sarà nostra premura informarvi...”
Smetto di ascoltarla. Il posto in cui sono seduto dà una buona visuale su uno degli schermi orari del binario 11. Prima indica cinque minuti di ritardo, poi dieci. Mi distraggo un secondo e, contento di aver trovato una copia del “Signore degli Anelli”, apro la busta di cellophan. Sono a metà del primo capitolo quando sento una voce sbottare: “Trenta minuti di ritardo! Ma questi sono pazzi!”
Butto un'occhio oltre il finestrino. La triste conferma mi porta a riflettere sull'orario di ritorno. Il treno è partito da Genova Brignole alle 19:35 e in altre condizioni sarebbe arrivato a Sanremo intorno alle 21:45. Mezz'ora di ritardo avrebbe significato un arrivo in pieno coprifuoco. “Arrivo in pieno coprifuoco” significa “poliziotti che ti fermano, fanno domande e prendono il numero”. L'avevo già scampata alla seconda metà della mattinata di ieri, dicendo che mi conoscevano; non potevo certo puntare a un en plein. Non appena faccio mente locale, ecco salire il freddo terrore: il frigo è vuoto, non c'è niente di pronto eccetto qualcosa in freezer che però, nella fretta, non ho scongelato per tempo. Ovviamente, bar e ristoranti smettono di offrire servizio a domicilio o da asporto entro le 22, e non conosco nessuno, nella mia città, che possa tenermi il pasto al caldo prima che arrivi.
L'unica soluzione, molto a malincuore, è recarsi al supermercato a Sanremo che resta aperto ventiquattr'ore su ventiquattro, ogni giorno: il Carrefour. Sapevo che lo aveva fatto durante la pandemia; pur essendo molto costoso, sentivo il bisogno di scongiurare l'andare a letto senza cena. Il solo panino di mezzogiorno non mi sarebbe certamente bastato.
Devo dire che è stata un'autentica fortuna avere il “Signore degli Anelli” a portata di mano: la vivacità della Contea e l'urgenza di un nuovo male all'orizzonte mi ha distratto dal ritardo accumulato, ben quaranta minuti. Scendo dal treno, percorro la lunghissima galleria della stazione, evito accuratamente di prendere le scale mobili; forte del mio personale jogging iniziato dopo il primo lockdown, accelero il passo meglio che posso cercando di bruciare ogni metro di distanza nel modo più veloce possibile. Esco, mi rallegro che non mi abbia ancora fermato un poliziotto; oltrepasso la chiesa protestante romena, supero la rotatoria, attraverso la strada, percorro il lunghissimo viale alberato deserto da chissà quanto tempo; supero i bar, la panetteria, tutti chiusi. Il Carrefour è nascosto dietro un complesso di edifici, c'è la grande luce dei neon ad assicurarmi dove si trovi.
La porta non si apre quando mi avvicino. Faccio un cenno con la mano, continua a non aprirsi. Solo dopo mi accorgo delle barricate di cestini per la spesa e altri mobili di traverso al suo interno... e un addetto alla sicurezza che muove le labbra. Non lo sento una volta, alla seconda mi sembra dica che apra dopo le 22.
Alla terza volta alza finalmente la voce, e dice, “Chiudiamo alle 22!”.
“Che infamata”, dico a mezza voce. Mi avrà sentito. Chissà se lo avrà anche solo turbato. Non credo, comunque. Mi incammino verso casa.
Una donna sulla cinquantina, che probabilmente era sul mio stesso treno in ritardo ed era dietro di me e ha assistitito al mio sfogo, mi parla alle spalle. “Eh, lo so, è molto fastidioso” dice con una voce accondiscendente, mentre mi passa davanti. “L'ho scoperto due giorni fa, sono rimasta fregata anche io, si vede che ci rimette se resta aperto dopo le 22”. Poi aggiunge una frase che mi urta non poco, complici probabilmente i morsi della fame. “E va be', pazienza, adesso lo sai per la prossima volta...”
“Senta, signora”. Trattengo a stento un tono avvelenato. “Questa cosa non mi rassicura. Per niente. Un supermercato non è un bar e non è nemmeno un ristorante. Il supermercato vende beni di prima necessità e di questo in particolare si sa che non chiude. Non lo ha fatto nemmeno a marzo. Adesso i guadagni sono un problema? Il treno è arrivato in ritardo, non ho nulla in casa e faccio un lavoro che mi porta sempre fuori. Non dovrei essere io a essere previdente, casomai chi dirige il negozio deve capire la situazione di emergenza!”
Sto per dire qualcosa riguardo allo stipendio che probabilmente guadagnano i cassieri del Carrefour, ma la signora incrocia le braccia e cambia perfino tono.
“Lo so, sono stata giovane anche io. Con la vecchiaia si diventa saggi, pazienti... si cambiano tante idee”.
La guardo in cagnesco. Credo che abbia capito che non fosse un argomento valido, con me, perché subito dopo schizza un velocissimo “Buona serata” e alza i tacchi.
Tornato a casa, rovisto nei mobili della cucina. La scatola di fiocchi d'avena è per metà piena. Ne verso un po' in una ciotola, verso dell'acqua naturale a filo e mentre si fa pappetta aggiungo un paio di compresse di aspartame. Il nefrologo e nutrizionista è stato chiaro, quando gli ho parlato del mio intento di perdere peso dopo il lockdown: l'avena tappa, almeno non arrivi a metà giornata che vorresti mangiarti il tavolo. Mi preparo due scodelle, e mi preparo a invecchiare di un solo giorno.
Il mattino dopo esco e ben rifocillato provo a lavorare, ma senza successo. Nessuno viaggia, se non per lavoro; logicamente, gli unici orari validi non li ho potuti rilevare. Avrei dovuto fare due turni, ma all'inizio del secondo ho abbandonato tutto prendendo il primo treno utile. Per tutto il giorno ho desiderato voler tornare qui, al PC dove mi trovo ora a digitare queste righe; una volta arrivato, volevo leggere ancora di Frodo e Gandalf.
Forse perché Gandalf, con la sua barba e il suo modo di fare, mi ricorda quel buon amico di un Marco che, prima del blocco, mi stava insegnando come usare utensili e macchine come fresatrici, trapani, e tanto altro.
E perché mi manca, lo immagino nella parte di Gandalf mentre lo leggo snocciolare buoni consigli.
Mi chiedo se sarà così che diventerò mai, se invecchierò.