Giorgio Viali - Regia Sceneggiatura

Archivio – Bozze, Sceneggiature, Sceneggiatura, Soggetti, Cinema, Fotografia

Bozza Video Semplice – Per Due Attrici Minimal Show Reel Bozza Video Semplice – Due Protagoniste

Inquadratura/Scena: Una giovane Ragazza (A) siede per terra su una stradina in città. Vestita da viaggiatrice… Quasi una Barbona… La custodia della chitarra aperta per terra. Un cane mezzo randagio al guinzaglio. La chitarra in mano. Canta qualche canzone molto semplice. Si vede che sà suonare a malapena. La gente passa. Non la guarda.

La Ragazza canta Canzone da definire

Ad un certo punto arriva una Ragazza (B). Ben vestita. Curata. Si ferma ad ascoltarla. Lascia qualche euro nella custodia della chitarra e se ne va.

Inquadratura/Scena: Un posto diverso dal precedente… Più tardi nella giornata… o verso sera… Una giovane Ragazza (A) siede per terra. La custodia della chitarra aperta per terra. Un cane mezzo randagio al guinzaglio. La chitarra in mano. Canta una canzone molto semplice. La gente passa. Non la guarda.

Canzone da definire

Ad un certo punto arriva una Ragazza (B). Ben vestita. Curata. La stessa ragazza del mattino. Si avvicina alla Ragazza (A)

La Ragazza (B) … alla Ragazza (A):

Vuoi venire a dormire a casa mia stasera? C'è anche qualcosa da mangiare? Per te e per lui… (guardando il cane)…

Ragazza (A): Va’ bene. Va’ bene…! Grazie.

La Ragazza (A) ripone la chitarra nella custodia. Prende il suo zaino e il suo cane. La Ragazza (A) e la Ragazza (B) e il Cane si allontanano.

Inquadratura/Scena: Ragazza (A) e Ragazza (B) aprono la porta ed entrano in una

casa. Un bel salotto grande. Ben arredato. La Ragazza (A) si guarda attorno.

Ragazza (B): Fai come se fossi a casa tua. Io preparo qualcosa da mangiare.

La Ragazza (B) sparisce in cucina. L'azione sfuma…

Inquadratura/Scena: Le due ragazze sedute per terra in salotto. Mangiano e bevono qualche bicchiere di vino. Sorridono. Anche il cane mangia in disparte. L'azione sfuma.

Inquadratura/Scena: Mattino. La Ragazza (B) dorme in un letto grande. Entra una cameriera. Le si avvicina e la sveglia.

Buongiorno !

La Ragazza (B) si sveglia. Si guarda intorno.

La Cameriera: La signorina mi ha detto di leggerle questo bigliettino.

Apre un bigliettino e legge:

Prendo io ora il tuo posto. E’ il mio turno di viaggiare. Voglio mettermi alla prova. In modo inaspettato e assoluto. Senza mezze misure. Tu rimani e riposati. Grazie

L'azione sfuma

Bozza Giorgio Viali

Bozza per un Video. Per 2 Attrici

Bozza per un Video Show Reel. Per Due Attrici Spunti… Rielaborazione libera… di: “Blonde – I Loved You” (feat. Melissa Steel)

Inquadratura/Scena:

Due ragazze si muovono in una stradina di città. All'alba. Dopo una notte di divertimento. Un po’ camminano, un po’ accennano una breve corsa o dei movimenti di ballo. Incrociano un ragazzo che sta salendo in auto. Lo accerchiano. Lo accarezzano. Lo toccano. Quando il ragazzo inizia anche lui ad accarezzare le ragazze… le due ragazze se ne vanno e lo lasciano lì…

Inquadratura/Scena: Una ragazza entra in camera. Si toglie le scarpe e si butta sul letto. Primo Piano della Ragazza. Distesa nel suo letto da sola. Mentre fuori è già chiaro… La ragazza parla:

Che cos'è? E’ un'Amicizia? No. Non direi. E’ una Relazione? No. Non mi sembra la parola giusta. Mi piace che questo nostro “rapporto”… chiamiamolo così… sia indefinito e non classificabile. Mi piace che sia qualcosa di unico. Qualcosa che è allo stesso tempo personale…. e insieme impersonale. Mi piace che sia… profondo. Intenso. Lacerante e sconvolgente. Che sia…Vivo. (Sta per addormentarsi…) Non mi sono mai piaciute le Mezze Misure. Mai. Mai… (L'inquadratura sfuma)

Inquadratura/Scena: Un camerino di un negozio di abbigliamento. Pomeriggio. Due ragazze stanno provando dei vestiti… Una ragazza guarda in camera e parla … l'altra ragazza alle sue spalle si prova un vestito e si guarda allo specchio…

In cambio di un'ora al giorno… in cui io le presto… sì le presto il mio corpo… lei mi fa da compagna, da complice. Non c'è bisogno che le dica cosa deve fare. Lei lo sa… l'importante è che mi segua senza esitazione. L'importante è che faccia sempre e solo da comparsa. Che non mi rubi la scena. Che non mi tolga assolutamente la parte da protagonista. Che mi assecondi con dedizione assoluta nel bisogno intenso che ho di trasgredire, di sovvertire, di prendere in giro, di sconvolgere, di eccitare, di cercare ed esigere cambiamenti e sovversioni. Ne ho bisogno! (Le ragazze escono dal camerino)

Inquadratura/Scena: Una camera da letto di una ragazza (che vive ancora probabilmente con i genitori). In scena due Ragazze. Sedute su un letto. A terra le borse degli abiti comprati. Una ragazza è inquadrata di spalle. Non vediamo il suo viso. Questa ragazza non si muove. E’ ferma… Non immobile… ma sembra priva di movimenti suoi… L'altra ragazza la sta abbracciando. Di lei vediamo il viso. Questa ragazza parla guardando in camera. Mentre accarezza il collo dell'altra ragazza e gioca e sposta i suoi capelli…

E’ bello avere un Corpo… che non sia il mio… da abbracciare. Un corpo diverso dal mio… a cui parlare. A cui confidare le parole che a stento so pronunciare a me stessa. Parole di cui mi vergogno. Per me è importante. E’ salutare. Uscire da un corpo che è pesante. Dedito al Controllo. Che vuole ed esige un controllo Totale. Ho bisogno di un Corpo… in cui io possa percepire… la Libertà. Un Corpo Libero… che mi permetta anche se solo per un'ora… mi permetta di sentire e godere di una Libertà che non ho saputo prendermi e concedermi.

Monologo della Ragazza (…ancora da Scrivere…)

Ragazze si cambiano. Escono di casa.

Poi varie Scene Brevi di Azioni provocatorie. Le due ragazze con il passamontagna se la prendono con una ragazza alla moda vestita elegantemente tutta firmata… Le due ragazze entrano in un supermercato e rovesciano alcuni scaffali di merce e corrono via… Le due ragazze in uno stabile abbandonato rompono con una mazza da baseball una serie di botiglie di vetro allineate su un muretto Le due ragazze ballano intono a un fuoco acceso sul tetto di un edificio abbandonato e ululano alla luna… (Altre brevi scene ancora da scrivere e definire)

Bozza – Video – Giorgio Viali

Bozza per Video – SkinnyMono SkinnyMono – Sceneggiatura Di Giorgio Viali

Bozza per Video – In Due Parti

Prima Parte: Monologo di una Giovane Donna

Non ho un buon rapporto con il mio corpo. Lo guardo. Sì lo guardo. Lo sento. Certo… lo sento. Ma lo sento come qualcosa di estraneo. E mi prende un senso di tristezza e amarezza. Come se non avessi fatto abbastanza per comprenderlo, amarlo e farlo crescere. Incompleto. Incapace di dare il meglio. Imperfetto. Immaturo. Non amato. Non compreso. Non accettato. Non ho creduto in lui pienamente. Ho mancato. Ho sbagliato. E’ come se mi fossi tagliata le ali che qualcuno mi aveva dato. Una parte di me striscia per terra incapace di spiccare il volo e tendere all'infinito. Solo perchè non ho avuto la forza di farlo parlare, di permettergli di esprimersi, di sentire pienamente… Ed ora… arrivata nel pieno delle mie facoltà, affacciata al mondo che ho aspettato per anni, ora… che faccio? Con un corpo incompleto? Con un corpo con cui non ho confidenza? Con un estraneo con cui non ho parlato per anni? Con qualcosa che guardo e che non so usare pienamente?

Il mio corpo non ha difetti. E’ un bel corpo. L'ho curato. Allenato. Accudito. Sfamato. Ed è bello. Certo. Vedo come lo guardano gli uomini. E le donne. Ha delle linee invidiabili. Una sua intrinseca e notevole bellezza. Ma l'ho tenuto a debita distanza. Come qualcosa di pericoloso. Qualcosa di oscuro che poteva da un momento all'altro prendere il sopravvento. Prendermi completamente. Sovrastarmi. Qualcosa di animale… potente… forte… estremo… L'ho tenuto sotto controllo. L'ho reso in parte insensibile. Incapace di sentire il tutto.

E ora mi manca. Una parte di me stessa manca all'appello. Incompleta mi muovo tra corpi di altre persone… interagisco con altri corpi… certo… ma in modo insensato. Ho scommesso sulle parole e sulla sensatezza, sulla linearità e medietà della vita. Ed ora quella parte oscura e animale mi manca e non mi permette di prendermi e dare piacere in modo totale e completo.

Dovrò ricominciare un lento percorso di avvicinamento. Dovrò guardalo quel corpo. Prenderlo per mano. Permettere che possa sviluppare il suo linguaggio. Che possa crescere. Sviluppare la sua forza. Prendersi le sue libertà. Prendere, quando serve, il sopravvento. Prendermi completamente. Dovrò iniziare ad ascoltare. Dovrò iniziare un dialogo. Con pazienza. E con amore. Che Dio mi aiuti.

Seconda Parte Esercizi e Ballo dell'Attrice Alcuni esercizi fisici e poi un ballo semplice spontaneo.

Fotografia, Cinema, Misticismo e Chirurgia Estetica Cinema Fotografia Riflessioni – di Giorgio Viali

La Fotografia (e il Cinema) hanno profondamente e intimamente a che fare con l'introspezione e il Misticismo. Guardare la Bellezza è qualcosa di profondamente Sacro e Mistico. Osare guardare con intensità la Bellezza è concesso solo a pazzi temerari Mistici. Persone che credono profondamente. Che desiderano. Che cercano. La Bellezza è qualcosa (come il Sacro) con cui non si può giocare. Pena la perdita della propria Anima e del proprio Sguardo. Pena la capacità di desiderare e vivere. Pena l'Inferno.

Posare (e Recitare e/o Ballare) è qualcosa che ha che fare profondamente e intimamente con l'introspezione e il misticismo. Non è un lavorare esternamente. Non è un confrontarsi con il fotografo o con un pubblico o con chi ti guarda. E’ scendere nella profondità della propria anima e guardarsi e accettarsi e scoprirsi. E non si può barare. Pena la perdita della propria Anima e del proprio Aspetto. Pena la capacità di desiderare e vivere. Pena l'inferno.

Quante ragazze oggi si sentono inadeguate ! Si sentono brutte. Inguardabili. O semplicemente difettose o difettate o incomplete e imperfette. Sfortunate. Amareggiate. Sconfitte. Abbandonate. Ferite… Ragazze molto belle che non vogliono essere fotografate perchè… Perchè… pensano di non essere belle. Di non essere adeguate. O che pensano di non essere abbastanza Belle perchè si confrontano con modelle che hanno scommesso solo sul loro aspetto esteriore. Quante ragazze desiderano intensamente e profondamente di avere un altro aspetto. Quante ragazze desiderano un altro Naso o delle Tette più grandi o un Culo più sodo. Che cosa non venderebbero per non avere la cellulite o le smagliature? La propria anima non la venderebbero… solo perchè (forse) l'hanno già venduta.

Non nascondiamoci dietro ipocrisie. La Bellezza fisica Paga ! Scommettere sul Corpo è semplice e sicuro. Essersi rifatti Naso, Seno, Culo e Zigomi è stato per molte un investimento proficuo e redditivo. O lo sarà. Paga, ha Pagato o… Pagherà

Ma… Non è tanto il fatto che si è dovuto rinunciare a qualcosa. Non è tanto il fatto che si è venduta (probabilmente) la propria anima. E’ che si continuerà ad essere insoddisfatte e inadeguate… Ferite, Lacerate… Si continuerà a scommettere su qualcosa che non sazia… che non disseta… che non scalda… che non batte… E il Corpo (oggi) non è più percepito come Sacro. Ma preservare una capacità di introspezione e di “misticismo” è qualcosa che bisogna assolutamente considerare e valutare.

Per Modelle, aspiranti Modelle e Attrici, Attori, Performer, Ballerine e Danzatori

Instagram – Cinema “Instagram è il Nuovo Cinema” Siamo, su instagram, tutti Attori Attrici (o, a scelta, PornoStar)

Oggi si recita sempre di meno a Teatro o nei Film o in Televisione. Oggi si recita su instagram. Gli Attori e le Attrici oggi recitano su instagram! Su instagram Sono/Siamo a tutti gli effetti degli Attori e delle Attrici.

Lo siamo nel momento in cui sappiamo distinguere e definire uno spazio intimo e personale e uno spazio recitativo e di finzione. Quando la nostra immagine è immediata e senza filtri allora non stiamo recitando. Recitiamo quando usiamo consapevolmente la nostra immagine definendo uno spazio di finzione e uno spazio personale e intimo.

L'intimità non è scomparsa. Si è solo ricavata degli spazi più profondi. Non siamo diventati impersonali. Abbiamo (o siamo stati costretti) a definire e a riconoscere la nostra intimità in una zona più ristretta e più profonda.

Sono i Media che definiscono cosa significa Recitazione. Sono i Media che definiscono la “distanza” tra Finzione e Realtà.

Si è passati da una recitazione teatrale, cinematografica, televisiva ad una recitazione instagrammabile o instagrammata. La differenza è nello spazio (che si è ristretto) tra la finzione e la realtà.

Il pudore non è scomparso. Oggi recitare su instagram vuol dire gestire la finzione in un rapporto e in un confronto con la realtà molto più diretto rispetto alla recitazione teatrale, cinematografica o televisiva. Ma sempre di Recitazione si tratta. Sempre di Finzione.

Instagram è quindi una forma (“evoluta”) di Teatro o Cinema o Televisione. Molti non se ne sono ancora accorti.

Gianni Vattimo parla di “estetizzazione dell'esistenza”. Che semplicemente, grazie a nuovi media”, si è espansa. L'estetizzazione della nostra vita ha segnato su instagram un nuovo step. Abbiamo la possibilità di gestire la nostra esistenza estetizzandola e usandola a fini recitativi o estetici o performativi. Se lo vogliamo. (E se sappiamo farlo senza perderci)

Non siamo in una società trasparente. Siamo in una società che ha lati oscuri e personali semplicemente più protetti e più definiti.

La “democratizzazione della Recitazione” operata dai nuovi media ha semplicemente allargato la platea dell'offerta di “Prodotti estetici o artistici di finzione”. Abbiamo una scelta molto più ampia di immagini e racconti visivi di finzione. Che si sono frammentati e moltiplicati. Ma sappiamo e sapremo sempre conservare uno spazio intimo e personale a cui non possiamo rinunciare.

Il Cinema è Morto ! Viva Instagram !

Nuove Professioni su Instagram: InstaAttore e InstaAttrice InstaRegista InstaFotografo InstaScenografo InstaSceneggiatore … – #InstaFotografo

Note a Margine della Lettura dell'articolo (sul Corriere della Sera) dell'articolo: “La morte annunciata dell’intimità” di Leonardo Caffo

Rielaborazione di: “Finzioni Urbane” Soggetto – Sceneggiatura Bozza – Rielaborazione di: “Finzioni Urbane” Sceneggiatura e Progetto di: Giorgio Viali Settembre 2018

Note sul personaggio della Regista di Finzioni Urbane A differenza di come l'hai interpretata (un po’ come una donna sicura di sè e del suo ruolo, un po’ altezzosa e adulta, che fuma…) la Regista che immaginavo è una giovane donna estremamente dolce e sensibile. Rispettosa e gentile. Una donna che crede nell'arte e nella bellezza e sa che la bellezza si nasconde tra le cose imperfette e meno evidenti. Una persona sensibile che anche nel parlare deve esprimere tutta questa sua dolcezza e gentilezza. E la sua fede assoluta in quello che fa.

Queste sono le caratteristiche della Regista e conseguentemente sono le caratteristiche anche della Protagonista di “Finzioni Urbane”.

La Regista è seduta su un divano…. Potrebbe essere in slip o un pantaloncino corto e una canotta o una camicia larga qualcosa di comodo…. Sa’ di dover ricevere la telefonata del giornalista quindi prova a voce alta a raccontarsi e a spiegare la storia di “Finzioni Urbane”. Inizia ma ogni volta si ferma perchè qualcosa non la soddisfa e quindi ricomincia. Poi arriva una telefonata. Ma non è quella che aspettava del giornalista ma della sua aiuto regista. Con cui parla dell'attrice che è arrivata. Poi una volta terminata la telefonata arriva anche la chiamata del giornalista.

La Regista prova da sola come rispondere all'intervista:

Questo progetto s'intitola Finzioni Urbane… Il progetto s'intitola Finzioni Urbane. E ha una protagonista donna. E’ una donna la protagonista. E’ una architetto, una donna architetto. Che all'improvviso si ritrova povera. Non ha un lavoro. E si arrangia a vivere ospitata da amici o in appartamenti sfitti. Ha qualche piccolo impegno: aiuta una studentessa nella stesura della tesi di architettura. Questa donna… questa donna architetto è una persona sensibile e delicata. E’ una mistica. Crede nell'Architettura. Crede nella funzione sociale dell'Architettura. Crede che l'Architettura possa rendere la vita migliore e diversa ad una collettività. Questa donna dunque è fondamentalmente una persona che crede fermamente in qualcosa. Non con ostinazione. Con forza. Ma con amore e pazienza e delicatezza. Sta cercando di mettere in evidenza delle zone, dei luoghi, degli edifici che a suo avviso dovrebbero essere “curati” Stà realizzando di questi luoghi una serie di fotografie perchè pensa possa essere importante farne una mostra.

E’ legata così fortemente e questa sua missione che non riesce ad uscire dalla sua città. Se oltrepassa i confini della città viene colta da una specie di paralisi fisica e si ritrova senza forze e impotente.

(Parla tra sè e sè per prepararsi ad eventuali domande del giornalista sulla sua giovane età) Sì è vero… Ha ragione: sono molto giovane e non ho certo grande esperienza come regista… Ha ragione sono giovane. Ventun anni non fanno ancora di me una persona completamente matura… Sono giovane. Certo. E’ innegabile. E le piccole precedenti esperienze come regista non sono certo significative… Sì sono stata fortunata o forse solo incosciente. Ho scritto questa sceneggiatura in modo veloce. Abbiamo fatto dei casting molto semplici e abbiamo trovato la protagonista. Adesso si tratta di fare le riprese.

In realtà la storia non è poi così importante. L'importante in questo racconto è la protagonista. E’ una donna che crede, crede fortemente nell'Architettura. Non si tratta di avere un sogno. Ma proprio di una Fede certa. E’ il suo carattere inusuale, il suo modo di muoversi nella città, le sue paure, il suo confrontarsi con un mondo che non la capisce e non l'accetta che mi interessa…

Titolo: SeiOtto – Soggetto per Sceneggiatura Cinema – Bozza

Titolo: SeiOtto – Sceneggiatura Cinema – Bozza Spunti Data: Anno 2018 – 50esimo anniversario del 1968

Un gruppo di insegnanti (un professore di Italiano, una professoressa di Storia e una professoressa di Filosofia) progettano un laboratorio/simulazione per spiegare ai loro studenti cos'è stato il 68. Un Laboratorio per Studenti di un Liceo di una Città del nord. Vi partecipano 8/10 studenti degli utlimi anni.

Luogo: Città del Nord (Brescia, Padova, Torino o Milano)

Il Laboratorio inizia. Studenti spaesati e docenti che cercano di insegnar loro come contestare la società e la scuola. Incitano gli studenti evanescenti a fare la rivoluzione. All'inizio gli studenti non riescono a capire e soprattutto non riescono a entrare nell'ottica della contestazione. I docenti incitano gli studenti ad assumere atteggiamenti forti e violenti. Ad un certo punto gli studenti iniziano ad agire secondo le indicazioni dei professori. Diventano violenti e rivoluzionari. Sequestrano i professori e occupano il Liceo. Sempre con i cellulari in mano. Creando storie seguitissime su Instagram e postando news su Twitter. Buon cinquantesimo anniversario del Sessantotto.

Cinema, Fotografia, Sceneggiatura: Astrazione (Seguito) Di Giorgio Viali

Cinema, Fotografia, Sceneggiatura: Astrazione Dopo la visione di “Hannah” di Andrea Pallaoro

Non è un film che vi consiglio di guardare! Non venite poi a lamentarvi che è un film lento, ossessivo, formale, minimale, superficiale, inutile, asettico e vuoto. Forse palindromo. Non lo guardate!

E queste note, queste note sono ad uso personale. Scritte un po’ in fretta. Dopo aver visto e rivisto l'oggeto in questione. Una Critica POV.

Hannah è un nome palindromo. E mi viene in mente, involontariamente, “Arrival” di Denis Villeneuve dove c'è un'altra Hannah. A cui viene spiegato il significato del termine palindromo. Hannah di Pallaoro è un film palindromo?

Di sicuro “Hannah” di Andrea Pallaoro è un film astratto. Perfetto nella sua astrazione. E’ un film che astrae anche dal corpo e dal viso degli attori e delle attrici. Dalla storia. Dalla forma cinema. Dalle emozioni. Non siamo di fronte ad un film sperimentale. La sperimentazione è altro. O dovrebbe essere altro visto che di cinema sperimentale sembra non esserci più traccia. Qui siamo al centro del Cinema. Siamo dentro il Cinema tout court. Questo è Cinema.

Hannah è formalmente un gioiello cinematografico. Un diamante accuratamente lavorato. L'astrazione (quasi) totale è raggiunta in vari ambiti. In primis soprattutto con la macchina da presa. Per lo più ferma. E con un gioco preciso della messa a fuoco. Si mette a fuoco solo il personaggio e si sfuoca (creando una potente astrazione) tutto il resto. E’ una storia astratta e minimale. C'è un'astrazione anche dalla parola. E anche i personaggi della sceneggiatura sono astratti e hanno un rapporto di astrazione con le loro emozioni.

E’ un film da guardare per chi fa Cinema o vuole Fare Cinema.

Il rigore assoluto e la perfezione. La perfezione nelle inquadrature, la perfezione nel gioco della messa a fuoco, la perfezione nell'economia delle inquadrature realizzate.

Non lo classificherei come Cinema d'Autore. Non c'è il desiderio o la velleità tipica degli autori che sporcano poi la storia o si dilettano e esasperano alcuni aspetti di metodo o formali. E’ un Cinema lontano da Garrone e Sorrentino. Un cinema italiano nel senso che ha molto del cinema italiano. Ma allo stesso tempo un cinema europeo e americano. Perchè richiama e rimanda anche a quel cinema.

Ci sono sicuramente due scene sbagliate. E queste ripeto sono note e considerazioni personali. La scena della balena spiaggiata. Inutile veramente nell'economia della narrazione. E la scena del pianto. Non andava ripresa direttamente con un primo piano dell'attore (in questo caso attrice). Scena che sconfessa la moltitudine di altre scene in cui c'è un distacco e una lontananza formale e di inquadrature ineccepibile.

Scene significative: La scena (iniziale) riflessa sui vetri del vagone della metropolitana con la ragazza che si cambia e si specchia. La scena in cui l'attrice guarda da dentro un negozio di fiori le riprese di una scena di un film che si svolge all'esterno del negozio. Con persone con i cellulari che riprendo la scena.

E’ un film così astratto che poi alla fine non ci rimane niente. E questo non so se sia un pregio. Cinema “vecchio” (nel senso che si fonda su molto altro cinema e sa’ di essere per questo vecchio). Cinema che si autodivora. Palindromo forse nel senso che piatto e vuoto com'è potrebbe riavvolgersi e non cambierebbe nulla. Palindromo come un diamante lavorato e sfaccettato e circolare.

Cinema, Fotografia, Sceneggiatura: Astrazione Riflessioni su Cinema, Fotografia e Sceneggiatura partendo dalla visione di “Dogman” di Matteo Garrone

Inseguo con tenacia delle traiettorie personali di riflessione e di ricerca. L'astrazione è un elemento che considero essenziale nella Scrittura, nella Fotografia e nel Cinema. Non per niente uno dei miei primi lavori visivi si intitola “Basic Film”.

L'astrazione è quel distacco necessario da elementi inutili nella sceneggiatura, fotografia e scenografia visiva.

Nel film di Matteo Garrone “Dogman” mi pare di rilevare una ricerca nella scrittura del film e negli elementi visivi che rimanda a quella che io chiamo “Astrazione” E che forse Matteo Garrone chiama ricerca del “fiabesco”. Ma che potremmo anche chiamare la ricerca di distillare delle storie che possano competere per lucidità ed immediatezza con le tragedie greche. Con il mito. La ricerca, in una storia, in un racconto (scritto o visivo) di tutti gli elementi indispensabili e solo quelli. Astraendo da elementi, da fattori temporali o da personaggi che non servano allo svolgimento della storia o alla resa visiva degli ambienti e del background.

In “Dogman” di Matteo Garrone mi pare ci sia questa ricerca. Con risultati deludenti. O forse con la decisione a volte di mettere in secondo piano questa ricerca a favore di altri elementi che prendono il sopravvento. “Dogman” non si fà Mito o Tragedia o Fiaba perhè il suo autore non ha avuto la freddezza e la lucidità di volerlo fino in fondo. Ci sono elementi frequenti (molti) della sceneggiatura che vorrebbero rimandare ad una scelta neorealistica e una forza che vorrebbe invece che si rinunciasse a questi elementi per potersi sollevare fino a rendere la storia universale.

Ma quello di Matteo Garrone è Cinema? Gli elementi con cui è costruito, le scelte effettuate sembrano voler marcare continuamente una distanza e una non commensurabilità e somiglianza tra il Cinema e gli “eventi visivi” costruiti da Matteo Garrone. Garrone non lavora con attori. Sceglie i suoi attori tra i derelitti del mondo. Persone che anche fisicamente devono avere un marchio di “anormali” e “anomali” e fragili. Persone che sono esseri ai margini. Vogliano ricordare “Primo Amore” e Vitaliano Trevisan? Il cinema di Matteo Garrone è una replica continua di un metodo? I personaggi dei Film di Matteo Garrone non si assomigliano? Fisicamente e per il loro non ruolo sociale? Per il disadattamento, la fatica della gestione di una vita sociale, il loro confrontarsi anche con un aspetto fisico non conforme, con una “pazzia” latente?

Quello che queste persone portano al Cinema di Matteo Garrone è incommensurabile. Portano tutto se stessi. Una vita e un'esistenza che nessun attore saprebbe o potrebbe riprodurre. E in questo, in questo metodo di costruzione del cinema, non c'è astrazione. L'Astrazione è assicurata dalla scelta di attori professionisti. A cui viene chiesto, con la convinzione che possano solo fallire, di riprodurre qualcosa che non possono rendere.

Molti elementi nella sceneggiatura di “Dogman” non rispecchiano quella ricerca di astrazione o di fiabesco che l'Autore dice di voler cercare. A volte invece l'Astrazione è eccessiva. L'ambiente sociale in cui si muove il protagonista è eccessivamente astratto. Non rende una società significativa e potente con cui ogni essere umano deve confrontarsi.

E poi il Cinema di Matteo Garrone sembra soffrire, sempre più spesso, di una scelta consapevole (sicuramente sofferta) di non poter sviluppare le proprie storie con l'estremismo che meriterebbero. Di costruire storie estreme e tragiche e poi non portarle alle estreme conseguenze. Amputare le proprie storie e disonorarle solo (immagino) per compiacere un mercato e favorire la vendita di un prodotto visivo.

Ritornando alla ricerca di “Astrazione” Nella Fotografia e nel Cinema e nella Sceneggiatura. L'astrazione non è un valore assoluto. Non è il primo elemento da ricercare. L'astrazione rimane fondamentale per rendere una storia o una fotografia. Un fotografo o uno sceneggiatore e un regista ha l'abilità di inserire in un racconto, una fotografia o un film solo gli elementi indispensabili. La capacità di eleminare quelli superflui. Forse l'unico rimando che ho, a cui guardare, è la Pittura.

Domande: L'avvicinarsi della macchina da presa o fotografica ai visi delle persone (attori o attrici, modelle o modelli) è in qualche modo una conseguenza di questa ricerca di Astrazione? Ci sono film che si sviluppano quasi esclusivamente all'inseguimento dei primi piani degli attori e delle attrici. Anche alcuni miei recenti lavori fotografici rimandano a primi e primissimi piani. Ma in alcuni casi è solo perchè in questo modo riesco a gestire e ottenere l'astrazione che cerco. E non ho le competenze e gli strumenti e gli ambienti per allargare lo sguardo mantenendolo astratto.

Il Corpo (di un attore o attrice) è diventato un elemento non fondamentale? Qualcosa da cui si può astrarre? Non ci rimane che il Viso degli attori e attrici? La pubblicità e il cinema avranno in futuro bisogno solo di Volti e Sguardi? Di primi e primissimi piani?

Archivio – 2009 – Visualità – Giorgio Viali

Prove di riflessioni sulla visualità 26 marzo 2009 Giorgio Viali

L’organismo biovisivo vive della periferia dell’impero. Si sposta in cerca di carburante per risettare e rigenerare la visione con qualcosa di puro e candido. Essenzialmente autentico. L’organismo stride e implode in se stesso. Nessuna nuova visione, nessun nuovo stimolo visivo. Solo loop ancestrali televisivi fictionanti e deformi ed ormai logori e inguardabili e privi di emozionali imput assimilabili dalle generazioni di consumatori visivi di quarta categoria.

Siamo dipendenti dalle visioni. Non possiamo che guardare. Vogliamo guardare. Dobbiamo guardare.

La rete si stà spostando. I contenuti visivi stanno prendendo il sopravvento. Una fotografia oggi è impraticabile. Solo un video ci restituisce un senso e una fruibilità e una partecipazione e la possibilità di immedesimarci e godere. Anche la pornografia, buona cartina di tornasole, si stà oggi spostando e adottando un nuovo paradigma visivo che prevede in primo luogo il video, poi, ma solo in assenza del primo, della mera e inadeguata fotografia.

La rivoluzione visuale. Non ho idea di quanto si dovrà aspettare. Anni forse. Prima che le infrastrutture ci consentano di sostituire il testo e le immagini al movimento del testo e delle immagini. Tutto videalizzato. Tutto videazionato. Tutto videato. Immersi in un universo di movimenti e videazioni sottotitolate all’occorenza e sottodimensionate. Snackerizzate. Parcellizate. Pillole monovisive clippate, elasticizzate da elementi vettoriali visivi che scompaiono e riappaiono e linkano altri sguardi e visioni e movimenti impercettibili di una videocamera che diventa il nostro unico sguardo. Siamo ciechi. Lo siamo da molto. Viviamo al buio e siamo impossibilitati a guardare. Se non un monitor o un qualsiasi display analogico o digitale. Pulsante. Vivo.

Provate a immaginare cosa vorrà dire. Google che senso avrà in un ambiente visivo? Google è archeologico. E’ basato sul testo. E’ un dinosauro algoritmato e deterministico e fossilizzato e entropico nel suo lento dimenticare e nel conservare inerzialmente memorie ormai scomparse dal web. Google è l’autorità da superare. L’establishment da corrodere o semplicemente da dimenticare. Insieme a produzioni cangianti e atone e violente e provocatorie come Myspace e Facebook. Inutilmente abitate e dove la sicurezza personale è diventata paragonabile alla mancanza di sicurezza percepita nella vita reale e concreta come nei movimenti dentro le infrastrutture ormai completamente pubbliche di una qualsiasi città. Mille occhi che guardano e sorvegliano ogni spazio pubblico. Tanto che uscire vuol dire esser visto e sorvegliato e posizionato e percepito da sistemi visivi automatici e impersonali. Se non satellitari. Ancora materiale visivo. Da archiviare, da catalogare, da conservare, da far fruttare.

Ed allora in una sorta di colonizzazione visuale oggi la domanda visiva di autenticità e di percezione visiva fruibile e sensata e autentica si sposta e invade territori fisici dell’est e del sud mondiale per sfruttare e produrre elementi visivi da offrire ad un pubblico sempre più parcellizzato e individuale che ha bisogno di purezza e di candore e di autenticità. Sfuttamento ancora inavvertito. Per ottenere degli elementi visivi che oggi siamo incapaci di produrre da soli, perchè troppo smaliziati, troppo immersi in un mondo visivo fashionato e dove mettersi in mostra davanti alla telecamera significa cedere una parte della nostra possibile immagine simbolica e iconografica. Manifestamente quantificabile e monetizzabile.

E il movimento perennemente accartocciato dentro sterili polemiche e impossibili condivisioni assordanti e inumame che fa? Come si colloca all’interno di questa prospettiva. Come si colloca all’interno di una produzione, questa volta umana, che percepisca e si riappropri del reale e utilizzi risorse locali per la produzione, senza puntare su decentramenti produttivi inumani e inutili e inappropriati? Cosa fa? Cosa produce? Cosa distribuisce? Possibile che non ci siano produzioni visive e visuali che non siano ancorate al documentario e alla notizia? Come se l’immaginazione o la fiction (tragica, iconografica o narrativa) fosse impraticabile o sporca o degenere o mercificata o inappropriata o …

Ha senso oggi pensare ad un collettivo videazionista o a una cellula visiva destrutturante o rekombinate, rizomatica e ancorata come un parassita ad un territorio o a una realtà politica. Che faccia sperimentazione e si muova sempre e solo ai confini visivi dei format deformati dalla pubblicità? E’ possibile? Praticabile?

Oggi l’uso del visivo è cambiato. Si guarda da soli. Siamo soli anche di fronte ad un film, ad una fiction, ad un cortometraggio. Youtube, altra faccia fascista della rete myspacezzita e bookfacizzata, inonda e provoca solo sguardi destrutturati e delocalizzati e insensati. Privi di un contesto e di una storia. L’elemento storico sembra veramente scomparso. La produzione come processo. Come making conflittuale e ruvido. Compresso tra personalità e individualità incongruenti e settiche. Ma non è colpa loro e nessuno chiede che si torni a visioni collettive o a cellule visive pluripersonali. E l’ideazione, la progettazione e il casting come ultimo elemento di un possibile contatto con la materia emotiva umana e la sua complessità. Il casting come unico e possibile messaggio. Punto di contatto e punto di rottura di universi paralleli. Discrepanza non solo tra l’immaginario visivo umano e la concretezza fisica di un volto connotato e definito, di un corpo con una storia, forgiato dai tagli e dalle sottrazioni emozionali, ma come costante e necessaria verifica dell’impossibilità di sopravvivenza in una borderzone visiva. Il casting come message in a bottle verso universi che ancora percepiamo come essenziali ma che ci hanno tolto. Che non potremmo più avere.

Resistenza visiva. Making sovversivo. Casting involontario. Accettare i limiti di una trasposizione visiva dell’immaginario per offrire un’alternativa non intubata (inTube/ata) e vivisezionata dentro format pubblicitari inumani.

Siamo soli davanti ad un video perchè lo abbiamo scelto. Perchè è un’evoluzione inevitabile. Siamo soli davanti ad un video come siamo soli davanti ad un libro. E non può essere diversamente. Con la possibilità di saltare delle pagine, di tornare a leggere, di chiudere e riprendere la visione.

Ma siamo impossibilitati a prevedere. A praticare delle strade di sperimentazione visiva perchè occorrono strumenti e banda e capacità elaborative che non sono alla nostra portata. Per cui continuiamo a scrivere e a leggere. E a guardare quello che la rete ci propone. Quello che il mercato visivo produce sfruttando manufatti amatoriali e terzomondisti sottoprodotti e sottopagati.

FilmMaking è un fare concreto (riprendere e recitare) che nasce dall’amore profondo per il cinema. Non ha alcuna finalità economica, e si svolge, fuori da ambiti e ruoli definiti, in un luogo (fisico e mentale) in cui il regista e l’attore/attrice possono perdersi all’interno di un percorso emotivo personale di ricerca della bellezza. [Giorgio Viali – Marzo 2009]