Giorgio Viali - Regia Sceneggiatura

Archivio – Bozze, Sceneggiature, Sceneggiatura, Soggetti, Cinema, Fotografia

Bozza per Video – SkinnyMono SkinnyMono – Sceneggiatura Di Giorgio Viali

Bozza per Video – In Due Parti

Prima Parte: Monologo di una Giovane Donna

Non ho un buon rapporto con il mio corpo. Lo guardo. Sì lo guardo. Lo sento. Certo… lo sento. Ma lo sento come qualcosa di estraneo. E mi prende un senso di tristezza e amarezza. Come se non avessi fatto abbastanza per comprenderlo, amarlo e farlo crescere. Incompleto. Incapace di dare il meglio. Imperfetto. Immaturo. Non amato. Non compreso. Non accettato. Non ho creduto in lui pienamente. Ho mancato. Ho sbagliato. E’ come se mi fossi tagliata le ali che qualcuno mi aveva dato. Una parte di me striscia per terra incapace di spiccare il volo e tendere all'infinito. Solo perchè non ho avuto la forza di farlo parlare, di permettergli di esprimersi, di sentire pienamente… Ed ora… arrivata nel pieno delle mie facoltà, affacciata al mondo che ho aspettato per anni, ora… che faccio? Con un corpo incompleto? Con un corpo con cui non ho confidenza? Con un estraneo con cui non ho parlato per anni? Con qualcosa che guardo e che non so usare pienamente?

Il mio corpo non ha difetti. E’ un bel corpo. L'ho curato. Allenato. Accudito. Sfamato. Ed è bello. Certo. Vedo come lo guardano gli uomini. E le donne. Ha delle linee invidiabili. Una sua intrinseca e notevole bellezza. Ma l'ho tenuto a debita distanza. Come qualcosa di pericoloso. Qualcosa di oscuro che poteva da un momento all'altro prendere il sopravvento. Prendermi completamente. Sovrastarmi. Qualcosa di animale… potente… forte… estremo… L'ho tenuto sotto controllo. L'ho reso in parte insensibile. Incapace di sentire il tutto.

E ora mi manca. Una parte di me stessa manca all'appello. Incompleta mi muovo tra corpi di altre persone… interagisco con altri corpi… certo… ma in modo insensato. Ho scommesso sulle parole e sulla sensatezza, sulla linearità e medietà della vita. Ed ora quella parte oscura e animale mi manca e non mi permette di prendermi e dare piacere in modo totale e completo.

Dovrò ricominciare un lento percorso di avvicinamento. Dovrò guardalo quel corpo. Prenderlo per mano. Permettere che possa sviluppare il suo linguaggio. Che possa crescere. Sviluppare la sua forza. Prendersi le sue libertà. Prendere, quando serve, il sopravvento. Prendermi completamente. Dovrò iniziare ad ascoltare. Dovrò iniziare un dialogo. Con pazienza. E con amore. Che Dio mi aiuti.

Seconda Parte Esercizi e Ballo dell'Attrice Alcuni esercizi fisici e poi un ballo semplice spontaneo.

Fotografia, Cinema, Misticismo e Chirurgia Estetica Cinema Fotografia Riflessioni – di Giorgio Viali

La Fotografia (e il Cinema) hanno profondamente e intimamente a che fare con l'introspezione e il Misticismo. Guardare la Bellezza è qualcosa di profondamente Sacro e Mistico. Osare guardare con intensità la Bellezza è concesso solo a pazzi temerari Mistici. Persone che credono profondamente. Che desiderano. Che cercano. La Bellezza è qualcosa (come il Sacro) con cui non si può giocare. Pena la perdita della propria Anima e del proprio Sguardo. Pena la capacità di desiderare e vivere. Pena l'Inferno.

Posare (e Recitare e/o Ballare) è qualcosa che ha che fare profondamente e intimamente con l'introspezione e il misticismo. Non è un lavorare esternamente. Non è un confrontarsi con il fotografo o con un pubblico o con chi ti guarda. E’ scendere nella profondità della propria anima e guardarsi e accettarsi e scoprirsi. E non si può barare. Pena la perdita della propria Anima e del proprio Aspetto. Pena la capacità di desiderare e vivere. Pena l'inferno.

Quante ragazze oggi si sentono inadeguate ! Si sentono brutte. Inguardabili. O semplicemente difettose o difettate o incomplete e imperfette. Sfortunate. Amareggiate. Sconfitte. Abbandonate. Ferite… Ragazze molto belle che non vogliono essere fotografate perchè… Perchè… pensano di non essere belle. Di non essere adeguate. O che pensano di non essere abbastanza Belle perchè si confrontano con modelle che hanno scommesso solo sul loro aspetto esteriore. Quante ragazze desiderano intensamente e profondamente di avere un altro aspetto. Quante ragazze desiderano un altro Naso o delle Tette più grandi o un Culo più sodo. Che cosa non venderebbero per non avere la cellulite o le smagliature? La propria anima non la venderebbero… solo perchè (forse) l'hanno già venduta.

Non nascondiamoci dietro ipocrisie. La Bellezza fisica Paga ! Scommettere sul Corpo è semplice e sicuro. Essersi rifatti Naso, Seno, Culo e Zigomi è stato per molte un investimento proficuo e redditivo. O lo sarà. Paga, ha Pagato o… Pagherà

Ma… Non è tanto il fatto che si è dovuto rinunciare a qualcosa. Non è tanto il fatto che si è venduta (probabilmente) la propria anima. E’ che si continuerà ad essere insoddisfatte e inadeguate… Ferite, Lacerate… Si continuerà a scommettere su qualcosa che non sazia… che non disseta… che non scalda… che non batte… E il Corpo (oggi) non è più percepito come Sacro. Ma preservare una capacità di introspezione e di “misticismo” è qualcosa che bisogna assolutamente considerare e valutare.

Per Modelle, aspiranti Modelle e Attrici, Attori, Performer, Ballerine e Danzatori

Instagram – Cinema “Instagram è il Nuovo Cinema” Siamo, su instagram, tutti Attori Attrici (o, a scelta, PornoStar)

Oggi si recita sempre di meno a Teatro o nei Film o in Televisione. Oggi si recita su instagram. Gli Attori e le Attrici oggi recitano su instagram! Su instagram Sono/Siamo a tutti gli effetti degli Attori e delle Attrici.

Lo siamo nel momento in cui sappiamo distinguere e definire uno spazio intimo e personale e uno spazio recitativo e di finzione. Quando la nostra immagine è immediata e senza filtri allora non stiamo recitando. Recitiamo quando usiamo consapevolmente la nostra immagine definendo uno spazio di finzione e uno spazio personale e intimo.

L'intimità non è scomparsa. Si è solo ricavata degli spazi più profondi. Non siamo diventati impersonali. Abbiamo (o siamo stati costretti) a definire e a riconoscere la nostra intimità in una zona più ristretta e più profonda.

Sono i Media che definiscono cosa significa Recitazione. Sono i Media che definiscono la “distanza” tra Finzione e Realtà.

Si è passati da una recitazione teatrale, cinematografica, televisiva ad una recitazione instagrammabile o instagrammata. La differenza è nello spazio (che si è ristretto) tra la finzione e la realtà.

Il pudore non è scomparso. Oggi recitare su instagram vuol dire gestire la finzione in un rapporto e in un confronto con la realtà molto più diretto rispetto alla recitazione teatrale, cinematografica o televisiva. Ma sempre di Recitazione si tratta. Sempre di Finzione.

Instagram è quindi una forma (“evoluta”) di Teatro o Cinema o Televisione. Molti non se ne sono ancora accorti.

Gianni Vattimo parla di “estetizzazione dell'esistenza”. Che semplicemente, grazie a nuovi media”, si è espansa. L'estetizzazione della nostra vita ha segnato su instagram un nuovo step. Abbiamo la possibilità di gestire la nostra esistenza estetizzandola e usandola a fini recitativi o estetici o performativi. Se lo vogliamo. (E se sappiamo farlo senza perderci)

Non siamo in una società trasparente. Siamo in una società che ha lati oscuri e personali semplicemente più protetti e più definiti.

La “democratizzazione della Recitazione” operata dai nuovi media ha semplicemente allargato la platea dell'offerta di “Prodotti estetici o artistici di finzione”. Abbiamo una scelta molto più ampia di immagini e racconti visivi di finzione. Che si sono frammentati e moltiplicati. Ma sappiamo e sapremo sempre conservare uno spazio intimo e personale a cui non possiamo rinunciare.

Il Cinema è Morto ! Viva Instagram !

Nuove Professioni su Instagram: InstaAttore e InstaAttrice InstaRegista InstaFotografo InstaScenografo InstaSceneggiatore … – #InstaFotografo

Note a Margine della Lettura dell'articolo (sul Corriere della Sera) dell'articolo: “La morte annunciata dell’intimità” di Leonardo Caffo

Rielaborazione di: “Finzioni Urbane” Soggetto – Sceneggiatura Bozza – Rielaborazione di: “Finzioni Urbane” Sceneggiatura e Progetto di: Giorgio Viali Settembre 2018

Note sul personaggio della Regista di Finzioni Urbane A differenza di come l'hai interpretata (un po’ come una donna sicura di sè e del suo ruolo, un po’ altezzosa e adulta, che fuma…) la Regista che immaginavo è una giovane donna estremamente dolce e sensibile. Rispettosa e gentile. Una donna che crede nell'arte e nella bellezza e sa che la bellezza si nasconde tra le cose imperfette e meno evidenti. Una persona sensibile che anche nel parlare deve esprimere tutta questa sua dolcezza e gentilezza. E la sua fede assoluta in quello che fa.

Queste sono le caratteristiche della Regista e conseguentemente sono le caratteristiche anche della Protagonista di “Finzioni Urbane”.

La Regista è seduta su un divano…. Potrebbe essere in slip o un pantaloncino corto e una canotta o una camicia larga qualcosa di comodo…. Sa’ di dover ricevere la telefonata del giornalista quindi prova a voce alta a raccontarsi e a spiegare la storia di “Finzioni Urbane”. Inizia ma ogni volta si ferma perchè qualcosa non la soddisfa e quindi ricomincia. Poi arriva una telefonata. Ma non è quella che aspettava del giornalista ma della sua aiuto regista. Con cui parla dell'attrice che è arrivata. Poi una volta terminata la telefonata arriva anche la chiamata del giornalista.

La Regista prova da sola come rispondere all'intervista:

Questo progetto s'intitola Finzioni Urbane… Il progetto s'intitola Finzioni Urbane. E ha una protagonista donna. E’ una donna la protagonista. E’ una architetto, una donna architetto. Che all'improvviso si ritrova povera. Non ha un lavoro. E si arrangia a vivere ospitata da amici o in appartamenti sfitti. Ha qualche piccolo impegno: aiuta una studentessa nella stesura della tesi di architettura. Questa donna… questa donna architetto è una persona sensibile e delicata. E’ una mistica. Crede nell'Architettura. Crede nella funzione sociale dell'Architettura. Crede che l'Architettura possa rendere la vita migliore e diversa ad una collettività. Questa donna dunque è fondamentalmente una persona che crede fermamente in qualcosa. Non con ostinazione. Con forza. Ma con amore e pazienza e delicatezza. Sta cercando di mettere in evidenza delle zone, dei luoghi, degli edifici che a suo avviso dovrebbero essere “curati” Stà realizzando di questi luoghi una serie di fotografie perchè pensa possa essere importante farne una mostra.

E’ legata così fortemente e questa sua missione che non riesce ad uscire dalla sua città. Se oltrepassa i confini della città viene colta da una specie di paralisi fisica e si ritrova senza forze e impotente.

(Parla tra sè e sè per prepararsi ad eventuali domande del giornalista sulla sua giovane età) Sì è vero… Ha ragione: sono molto giovane e non ho certo grande esperienza come regista… Ha ragione sono giovane. Ventun anni non fanno ancora di me una persona completamente matura… Sono giovane. Certo. E’ innegabile. E le piccole precedenti esperienze come regista non sono certo significative… Sì sono stata fortunata o forse solo incosciente. Ho scritto questa sceneggiatura in modo veloce. Abbiamo fatto dei casting molto semplici e abbiamo trovato la protagonista. Adesso si tratta di fare le riprese.

In realtà la storia non è poi così importante. L'importante in questo racconto è la protagonista. E’ una donna che crede, crede fortemente nell'Architettura. Non si tratta di avere un sogno. Ma proprio di una Fede certa. E’ il suo carattere inusuale, il suo modo di muoversi nella città, le sue paure, il suo confrontarsi con un mondo che non la capisce e non l'accetta che mi interessa…

Titolo: SeiOtto – Soggetto per Sceneggiatura Cinema – Bozza

Titolo: SeiOtto – Sceneggiatura Cinema – Bozza Spunti Data: Anno 2018 – 50esimo anniversario del 1968

Un gruppo di insegnanti (un professore di Italiano, una professoressa di Storia e una professoressa di Filosofia) progettano un laboratorio/simulazione per spiegare ai loro studenti cos'è stato il 68. Un Laboratorio per Studenti di un Liceo di una Città del nord. Vi partecipano 8/10 studenti degli utlimi anni.

Luogo: Città del Nord (Brescia, Padova, Torino o Milano)

Il Laboratorio inizia. Studenti spaesati e docenti che cercano di insegnar loro come contestare la società e la scuola. Incitano gli studenti evanescenti a fare la rivoluzione. All'inizio gli studenti non riescono a capire e soprattutto non riescono a entrare nell'ottica della contestazione. I docenti incitano gli studenti ad assumere atteggiamenti forti e violenti. Ad un certo punto gli studenti iniziano ad agire secondo le indicazioni dei professori. Diventano violenti e rivoluzionari. Sequestrano i professori e occupano il Liceo. Sempre con i cellulari in mano. Creando storie seguitissime su Instagram e postando news su Twitter. Buon cinquantesimo anniversario del Sessantotto.

Cinema, Fotografia, Sceneggiatura: Astrazione (Seguito) Di Giorgio Viali

Cinema, Fotografia, Sceneggiatura: Astrazione Dopo la visione di “Hannah” di Andrea Pallaoro

Non è un film che vi consiglio di guardare! Non venite poi a lamentarvi che è un film lento, ossessivo, formale, minimale, superficiale, inutile, asettico e vuoto. Forse palindromo. Non lo guardate!

E queste note, queste note sono ad uso personale. Scritte un po’ in fretta. Dopo aver visto e rivisto l'oggeto in questione. Una Critica POV.

Hannah è un nome palindromo. E mi viene in mente, involontariamente, “Arrival” di Denis Villeneuve dove c'è un'altra Hannah. A cui viene spiegato il significato del termine palindromo. Hannah di Pallaoro è un film palindromo?

Di sicuro “Hannah” di Andrea Pallaoro è un film astratto. Perfetto nella sua astrazione. E’ un film che astrae anche dal corpo e dal viso degli attori e delle attrici. Dalla storia. Dalla forma cinema. Dalle emozioni. Non siamo di fronte ad un film sperimentale. La sperimentazione è altro. O dovrebbe essere altro visto che di cinema sperimentale sembra non esserci più traccia. Qui siamo al centro del Cinema. Siamo dentro il Cinema tout court. Questo è Cinema.

Hannah è formalmente un gioiello cinematografico. Un diamante accuratamente lavorato. L'astrazione (quasi) totale è raggiunta in vari ambiti. In primis soprattutto con la macchina da presa. Per lo più ferma. E con un gioco preciso della messa a fuoco. Si mette a fuoco solo il personaggio e si sfuoca (creando una potente astrazione) tutto il resto. E’ una storia astratta e minimale. C'è un'astrazione anche dalla parola. E anche i personaggi della sceneggiatura sono astratti e hanno un rapporto di astrazione con le loro emozioni.

E’ un film da guardare per chi fa Cinema o vuole Fare Cinema.

Il rigore assoluto e la perfezione. La perfezione nelle inquadrature, la perfezione nel gioco della messa a fuoco, la perfezione nell'economia delle inquadrature realizzate.

Non lo classificherei come Cinema d'Autore. Non c'è il desiderio o la velleità tipica degli autori che sporcano poi la storia o si dilettano e esasperano alcuni aspetti di metodo o formali. E’ un Cinema lontano da Garrone e Sorrentino. Un cinema italiano nel senso che ha molto del cinema italiano. Ma allo stesso tempo un cinema europeo e americano. Perchè richiama e rimanda anche a quel cinema.

Ci sono sicuramente due scene sbagliate. E queste ripeto sono note e considerazioni personali. La scena della balena spiaggiata. Inutile veramente nell'economia della narrazione. E la scena del pianto. Non andava ripresa direttamente con un primo piano dell'attore (in questo caso attrice). Scena che sconfessa la moltitudine di altre scene in cui c'è un distacco e una lontananza formale e di inquadrature ineccepibile.

Scene significative: La scena (iniziale) riflessa sui vetri del vagone della metropolitana con la ragazza che si cambia e si specchia. La scena in cui l'attrice guarda da dentro un negozio di fiori le riprese di una scena di un film che si svolge all'esterno del negozio. Con persone con i cellulari che riprendo la scena.

E’ un film così astratto che poi alla fine non ci rimane niente. E questo non so se sia un pregio. Cinema “vecchio” (nel senso che si fonda su molto altro cinema e sa’ di essere per questo vecchio). Cinema che si autodivora. Palindromo forse nel senso che piatto e vuoto com'è potrebbe riavvolgersi e non cambierebbe nulla. Palindromo come un diamante lavorato e sfaccettato e circolare.

Cinema, Fotografia, Sceneggiatura: Astrazione Riflessioni su Cinema, Fotografia e Sceneggiatura partendo dalla visione di “Dogman” di Matteo Garrone

Inseguo con tenacia delle traiettorie personali di riflessione e di ricerca. L'astrazione è un elemento che considero essenziale nella Scrittura, nella Fotografia e nel Cinema. Non per niente uno dei miei primi lavori visivi si intitola “Basic Film”.

L'astrazione è quel distacco necessario da elementi inutili nella sceneggiatura, fotografia e scenografia visiva.

Nel film di Matteo Garrone “Dogman” mi pare di rilevare una ricerca nella scrittura del film e negli elementi visivi che rimanda a quella che io chiamo “Astrazione” E che forse Matteo Garrone chiama ricerca del “fiabesco”. Ma che potremmo anche chiamare la ricerca di distillare delle storie che possano competere per lucidità ed immediatezza con le tragedie greche. Con il mito. La ricerca, in una storia, in un racconto (scritto o visivo) di tutti gli elementi indispensabili e solo quelli. Astraendo da elementi, da fattori temporali o da personaggi che non servano allo svolgimento della storia o alla resa visiva degli ambienti e del background.

In “Dogman” di Matteo Garrone mi pare ci sia questa ricerca. Con risultati deludenti. O forse con la decisione a volte di mettere in secondo piano questa ricerca a favore di altri elementi che prendono il sopravvento. “Dogman” non si fà Mito o Tragedia o Fiaba perhè il suo autore non ha avuto la freddezza e la lucidità di volerlo fino in fondo. Ci sono elementi frequenti (molti) della sceneggiatura che vorrebbero rimandare ad una scelta neorealistica e una forza che vorrebbe invece che si rinunciasse a questi elementi per potersi sollevare fino a rendere la storia universale.

Ma quello di Matteo Garrone è Cinema? Gli elementi con cui è costruito, le scelte effettuate sembrano voler marcare continuamente una distanza e una non commensurabilità e somiglianza tra il Cinema e gli “eventi visivi” costruiti da Matteo Garrone. Garrone non lavora con attori. Sceglie i suoi attori tra i derelitti del mondo. Persone che anche fisicamente devono avere un marchio di “anormali” e “anomali” e fragili. Persone che sono esseri ai margini. Vogliano ricordare “Primo Amore” e Vitaliano Trevisan? Il cinema di Matteo Garrone è una replica continua di un metodo? I personaggi dei Film di Matteo Garrone non si assomigliano? Fisicamente e per il loro non ruolo sociale? Per il disadattamento, la fatica della gestione di una vita sociale, il loro confrontarsi anche con un aspetto fisico non conforme, con una “pazzia” latente?

Quello che queste persone portano al Cinema di Matteo Garrone è incommensurabile. Portano tutto se stessi. Una vita e un'esistenza che nessun attore saprebbe o potrebbe riprodurre. E in questo, in questo metodo di costruzione del cinema, non c'è astrazione. L'Astrazione è assicurata dalla scelta di attori professionisti. A cui viene chiesto, con la convinzione che possano solo fallire, di riprodurre qualcosa che non possono rendere.

Molti elementi nella sceneggiatura di “Dogman” non rispecchiano quella ricerca di astrazione o di fiabesco che l'Autore dice di voler cercare. A volte invece l'Astrazione è eccessiva. L'ambiente sociale in cui si muove il protagonista è eccessivamente astratto. Non rende una società significativa e potente con cui ogni essere umano deve confrontarsi.

E poi il Cinema di Matteo Garrone sembra soffrire, sempre più spesso, di una scelta consapevole (sicuramente sofferta) di non poter sviluppare le proprie storie con l'estremismo che meriterebbero. Di costruire storie estreme e tragiche e poi non portarle alle estreme conseguenze. Amputare le proprie storie e disonorarle solo (immagino) per compiacere un mercato e favorire la vendita di un prodotto visivo.

Ritornando alla ricerca di “Astrazione” Nella Fotografia e nel Cinema e nella Sceneggiatura. L'astrazione non è un valore assoluto. Non è il primo elemento da ricercare. L'astrazione rimane fondamentale per rendere una storia o una fotografia. Un fotografo o uno sceneggiatore e un regista ha l'abilità di inserire in un racconto, una fotografia o un film solo gli elementi indispensabili. La capacità di eleminare quelli superflui. Forse l'unico rimando che ho, a cui guardare, è la Pittura.

Domande: L'avvicinarsi della macchina da presa o fotografica ai visi delle persone (attori o attrici, modelle o modelli) è in qualche modo una conseguenza di questa ricerca di Astrazione? Ci sono film che si sviluppano quasi esclusivamente all'inseguimento dei primi piani degli attori e delle attrici. Anche alcuni miei recenti lavori fotografici rimandano a primi e primissimi piani. Ma in alcuni casi è solo perchè in questo modo riesco a gestire e ottenere l'astrazione che cerco. E non ho le competenze e gli strumenti e gli ambienti per allargare lo sguardo mantenendolo astratto.

Il Corpo (di un attore o attrice) è diventato un elemento non fondamentale? Qualcosa da cui si può astrarre? Non ci rimane che il Viso degli attori e attrici? La pubblicità e il cinema avranno in futuro bisogno solo di Volti e Sguardi? Di primi e primissimi piani?

Archivio – 2009 – Visualità – Giorgio Viali

Prove di riflessioni sulla visualità 26 marzo 2009 Giorgio Viali

L’organismo biovisivo vive della periferia dell’impero. Si sposta in cerca di carburante per risettare e rigenerare la visione con qualcosa di puro e candido. Essenzialmente autentico. L’organismo stride e implode in se stesso. Nessuna nuova visione, nessun nuovo stimolo visivo. Solo loop ancestrali televisivi fictionanti e deformi ed ormai logori e inguardabili e privi di emozionali imput assimilabili dalle generazioni di consumatori visivi di quarta categoria.

Siamo dipendenti dalle visioni. Non possiamo che guardare. Vogliamo guardare. Dobbiamo guardare.

La rete si stà spostando. I contenuti visivi stanno prendendo il sopravvento. Una fotografia oggi è impraticabile. Solo un video ci restituisce un senso e una fruibilità e una partecipazione e la possibilità di immedesimarci e godere. Anche la pornografia, buona cartina di tornasole, si stà oggi spostando e adottando un nuovo paradigma visivo che prevede in primo luogo il video, poi, ma solo in assenza del primo, della mera e inadeguata fotografia.

La rivoluzione visuale. Non ho idea di quanto si dovrà aspettare. Anni forse. Prima che le infrastrutture ci consentano di sostituire il testo e le immagini al movimento del testo e delle immagini. Tutto videalizzato. Tutto videazionato. Tutto videato. Immersi in un universo di movimenti e videazioni sottotitolate all’occorenza e sottodimensionate. Snackerizzate. Parcellizate. Pillole monovisive clippate, elasticizzate da elementi vettoriali visivi che scompaiono e riappaiono e linkano altri sguardi e visioni e movimenti impercettibili di una videocamera che diventa il nostro unico sguardo. Siamo ciechi. Lo siamo da molto. Viviamo al buio e siamo impossibilitati a guardare. Se non un monitor o un qualsiasi display analogico o digitale. Pulsante. Vivo.

Provate a immaginare cosa vorrà dire. Google che senso avrà in un ambiente visivo? Google è archeologico. E’ basato sul testo. E’ un dinosauro algoritmato e deterministico e fossilizzato e entropico nel suo lento dimenticare e nel conservare inerzialmente memorie ormai scomparse dal web. Google è l’autorità da superare. L’establishment da corrodere o semplicemente da dimenticare. Insieme a produzioni cangianti e atone e violente e provocatorie come Myspace e Facebook. Inutilmente abitate e dove la sicurezza personale è diventata paragonabile alla mancanza di sicurezza percepita nella vita reale e concreta come nei movimenti dentro le infrastrutture ormai completamente pubbliche di una qualsiasi città. Mille occhi che guardano e sorvegliano ogni spazio pubblico. Tanto che uscire vuol dire esser visto e sorvegliato e posizionato e percepito da sistemi visivi automatici e impersonali. Se non satellitari. Ancora materiale visivo. Da archiviare, da catalogare, da conservare, da far fruttare.

Ed allora in una sorta di colonizzazione visuale oggi la domanda visiva di autenticità e di percezione visiva fruibile e sensata e autentica si sposta e invade territori fisici dell’est e del sud mondiale per sfruttare e produrre elementi visivi da offrire ad un pubblico sempre più parcellizzato e individuale che ha bisogno di purezza e di candore e di autenticità. Sfuttamento ancora inavvertito. Per ottenere degli elementi visivi che oggi siamo incapaci di produrre da soli, perchè troppo smaliziati, troppo immersi in un mondo visivo fashionato e dove mettersi in mostra davanti alla telecamera significa cedere una parte della nostra possibile immagine simbolica e iconografica. Manifestamente quantificabile e monetizzabile.

E il movimento perennemente accartocciato dentro sterili polemiche e impossibili condivisioni assordanti e inumame che fa? Come si colloca all’interno di questa prospettiva. Come si colloca all’interno di una produzione, questa volta umana, che percepisca e si riappropri del reale e utilizzi risorse locali per la produzione, senza puntare su decentramenti produttivi inumani e inutili e inappropriati? Cosa fa? Cosa produce? Cosa distribuisce? Possibile che non ci siano produzioni visive e visuali che non siano ancorate al documentario e alla notizia? Come se l’immaginazione o la fiction (tragica, iconografica o narrativa) fosse impraticabile o sporca o degenere o mercificata o inappropriata o …

Ha senso oggi pensare ad un collettivo videazionista o a una cellula visiva destrutturante o rekombinate, rizomatica e ancorata come un parassita ad un territorio o a una realtà politica. Che faccia sperimentazione e si muova sempre e solo ai confini visivi dei format deformati dalla pubblicità? E’ possibile? Praticabile?

Oggi l’uso del visivo è cambiato. Si guarda da soli. Siamo soli anche di fronte ad un film, ad una fiction, ad un cortometraggio. Youtube, altra faccia fascista della rete myspacezzita e bookfacizzata, inonda e provoca solo sguardi destrutturati e delocalizzati e insensati. Privi di un contesto e di una storia. L’elemento storico sembra veramente scomparso. La produzione come processo. Come making conflittuale e ruvido. Compresso tra personalità e individualità incongruenti e settiche. Ma non è colpa loro e nessuno chiede che si torni a visioni collettive o a cellule visive pluripersonali. E l’ideazione, la progettazione e il casting come ultimo elemento di un possibile contatto con la materia emotiva umana e la sua complessità. Il casting come unico e possibile messaggio. Punto di contatto e punto di rottura di universi paralleli. Discrepanza non solo tra l’immaginario visivo umano e la concretezza fisica di un volto connotato e definito, di un corpo con una storia, forgiato dai tagli e dalle sottrazioni emozionali, ma come costante e necessaria verifica dell’impossibilità di sopravvivenza in una borderzone visiva. Il casting come message in a bottle verso universi che ancora percepiamo come essenziali ma che ci hanno tolto. Che non potremmo più avere.

Resistenza visiva. Making sovversivo. Casting involontario. Accettare i limiti di una trasposizione visiva dell’immaginario per offrire un’alternativa non intubata (inTube/ata) e vivisezionata dentro format pubblicitari inumani.

Siamo soli davanti ad un video perchè lo abbiamo scelto. Perchè è un’evoluzione inevitabile. Siamo soli davanti ad un video come siamo soli davanti ad un libro. E non può essere diversamente. Con la possibilità di saltare delle pagine, di tornare a leggere, di chiudere e riprendere la visione.

Ma siamo impossibilitati a prevedere. A praticare delle strade di sperimentazione visiva perchè occorrono strumenti e banda e capacità elaborative che non sono alla nostra portata. Per cui continuiamo a scrivere e a leggere. E a guardare quello che la rete ci propone. Quello che il mercato visivo produce sfruttando manufatti amatoriali e terzomondisti sottoprodotti e sottopagati.

FilmMaking è un fare concreto (riprendere e recitare) che nasce dall’amore profondo per il cinema. Non ha alcuna finalità economica, e si svolge, fuori da ambiti e ruoli definiti, in un luogo (fisico e mentale) in cui il regista e l’attore/attrice possono perdersi all’interno di un percorso emotivo personale di ricerca della bellezza. [Giorgio Viali – Marzo 2009]

Bozza di Sceneggiatura “Finzioni Urbane” di Giorgio Viali

FINZIONI URBANE di: GIORGIO VIALI

Bozza di Sceneggiatura – 8 Giugno 2016 – Vicenza CopyRight di: GIORGIO VIALI

SINOSSI:

“Finzioni Urbane” di Giorgio Viali è un progetto ibrido. Progetto fotografico e cinematografico. Il progetto è iniziato a Febbraio 2016. L'idea: realizzare qualcosa tra Architettura, Fotografia e Cinema. Nello specifico: qualcosa che riguardasse l'Architettura moderna e contemporanea e solo indirettamente l'Architettura antica. Abbiamo iniziato contattando e incontrando una serie di Architetti vicentini e abbiamo realizzato una serie di fotografie ad opere di Architettura moderna a Vicenza (città). La prima fase ha preso il nome di: “Forme Diffuse” Terminata la fase di perlustrazione del territorio urbano e di incontri abbiamo inziato la seconda fase. La realizzazione di un racconto visivo: “Finzioni Urbane” La protagonista del film è una giovane architetto, precaria. Il film ruota intorno alla domanda che la protagonista (Arianna) si fa e a cui la protagonista cerca di rispondere: “Come e cosa posso fare per far conoscere l'Architettura moderna ai Vicentini?” Il film segue la protagonista durante una sua giornata. Segue alcuni suoi tentativi e idee che vorrebbe realizzare con la finalità appunto di far “guardare” i vicentini. Di far scoprire ai vicentini le opere e gli architetti (moderni) che hanno costruito e definito le Forme della Città che abitano.

GLOSSARIO:

Genesi 2.20 “Così l'uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutte le bestie selvatiche” Liber Genesis 2.20 “Appellavitque Adam nominibus suis cuncta pecora et universa volatilia caeli et omnes bestias agri” Enfilade In architettura un'enfilade (o anche “infilata di stanze”) è una serie di stanze formalmente allineate l'una dopo l'altra. Altana L'altana, chiamata anche belvedere, è una piattaforma o loggetta posta nella parte più elevata di un edificio.

FINZIONI URBANE

PROLOGO

ESTERNO BASILICA – MATTINA (Anche Vicenza è una “Grande Bellezza”?) Un turista cinese (è un Architetto) con macchina fotografica, un interprete e una guida italiana sostano davanti la Basilica palladiana. Il turista cinese scatta alcune foto poi si rivolge all'interprete e parlando in cinese

TURISTA CINESE (Parla in cinese) Parole incomprensibili… L'interprete dopo aver ascoltato il turista si rivolge alla guida e in un italiano un po’ stentato chiede

INTERPRETE L'architetto chiede se ci sono opere di Architettura moderna a Vicenza che valga la pena di vedere… La Guida rimane in silenzio cercando di verificare se ha qualcosa da rispondere. Per lei è una domanda inusuale.

GUIDA TURISTICA Non lo so. Dica all'architetto che se vuole posso informarmi… L'interprete parla in cinese con il turista. La scena sfuma con il gruppetto che si sposta sotto la Basilica del Palladio.

ARIANNA SI SVEGLIA

INTERNO LUOGO DA DEFINIRE – MATTINA Arianna si sveglia. Controlla il cellulare (e/o il portatile) per vedere se ci sono messaggi o nuove mail. Niente messaggi, niente mail. Si veste. Apre la borsa controlla il portafoglio. Ci sono solo due banconote. Mette le sue cose dentro uno zainetto e si prepara a lasciare il posto.

ARIANNA CAMMINA PER LA CITTA’

ESTERNO VIA DI VICENZA DA DEFINIRE – MATTINA Arianna cammina per la città al mattino. Con le sue cose. Uno zainetto e una borsa. Ad un certo punto si ferma, si siede, estrae dallo zainetto alcuni biscotti e li mangia come colazione. Guarda la città che si sveglia.

ARIANNA (MONOLOGO INTERIORE DELLA PROTAGONISTA) Vicenza è il mio Labirinto. Il Labirinto in cui ho scelto di vivere. Mi sento male se devo uscire dai confini urbani. Ho dei mancamenti se devo allontanarmi dalla città. L'architettura di Vicenza è diventata per me un'ossessione. Amo e odio ogni edificio, ogni villetta, ogni condominio, persino i pochi spazi “vuoti”, che vuoti non sono, essendo per lo più recintati, delimitati e definiti. Mi attraggono con insistenza e con forza i luogi ai limiti, quegli spazi disabitati e dismessi dove si rifugiano persone ai margini, disperati, dissoluti e parassiti. A Vicenza come in ogni città questi luoghi ci sono e definiscono la città stessa. Amo e odio il centro storico, scenografia perfetta e salotto bene, immagine rassicurante e fondante della città stessa, liturgia di Forme. Città che non ha mai capito o meritato tale bellezza e la usa in modo provinciale e improprio. Quel fondale dovrebbe servire a mettere in evidenza la forza o il carattere o il coraggio dei cittadini che la abitano ed invece rimane qualcosa fine a se stessa perchè non c'è nessun attore che possa degnamente calcare quel palco. Siamo tutte personcine ignobili in questo nordest che si è scoperto, una mattina, povero e impoverito. Anche se in fondo il nordest è sempre stato povero. Povero di cultura e di arte e di musica. Solo il lavoro ha avuto ed ha dignità in questa terra maledetta e sorda. Come ogni labirinto, come ogni città, anche Vicenza ha i suoi mostri. Perchè ogni città ha i suoi mostri. Perchè le paure sono innate nell'uomo e si risvegliano ogni volta che la notte scende e il buio ci avvolge. E l'architettura e gli architetti nel loro costruire e definire luoghi e spazi sono responsabili anche delle paure e dei mostri che li abitano. Una città ha scritto nei suoi palazzi nelle sue opere le sue paure, i mostri che può generare. Una città delega gli architetti a sovrintendere alle paure e ai mostri. Abbiano essi la forma di un minotauro o d'altro. Io sono già all'interno del labirinto. Lo abito da tempo. Devo solo decidermi a voler guardare negli occhi il mio mostro… O devo semplicemente riconoscere che i mostri non esistono. Ho girato in lungo e in largo questa città e non ho incontrato mostri. Non esistono. In compenso ho incontrato in questo periodo molti architetti. E’ molto più semplice e facile creare, ex novo, mostri che non definire storie, attraverso la scoperta o l'incontro con singole identità individuali.

ARIANNA INCONTRA URBANISTA

INTERNO BAR – MATTINA Arianna è seduta ad un tavolino di un Bar di Vicenza e parla con una (donna) Architetto con cui aveva appuntamento.

URBANISTA Sono un architetto che ha sposato una visione più ampia, che è quella del progetto della città e del territorio e dunque anche del paesaggio. Ad essere sincera vedo in giro moltissima edilizia (generalmente scadente) piuttosto che architettura. E vedo, purtroppo, pochissima attenzione per il progetto degli spazi pubblici… Ho visto le foto che hai fatto al Maruffa… Belle! E’ un luogo un po’ lunare. Triste. Dà il senso di una città in affanno. Un luogo nobilitato, per quel che può, dall’ edificio progettato da Todescato. Che mi sembra più che dignitoso. Ma tutt'attorno ……

ARIANNA Sono dei primi piani. Anzi dei primissimi piani di Architettura. E Maruffa rimane un luogo in qualche modo fuori dal tempo anche grazie a Todescato…

URBANISTA Le foto che mi hai inviato sono molto belle, te lo ripeto, ma guardano all'architettura senza dire nulla del contesto. Veicolare questo messaggio, per me e per come la penso, è molto pericoloso. E ho come l'impressione di percorrere una strada profondamente diversa dalla tua. Mai mi passerebbe per la testa di riferirmi alla città storica/al paesaggio storico e alla bellezza che li contraddistingue ricorrendo al termine “Brand” come fai nella mail che mi hai inviato. Preferisco persone disposte a non vendersi. A segnare il terreno e a non oltrepassare quella linea. Palladio e la sua architettura sono ethos, non pathos. Pausa di silenzio

URBANISTA Dobbiamo abbandonare una visione romantica dell'architettura. L'architettura non ha niente a che fare con la bellezza. L'architettura è una disciplina sociale e politica. Non ci sono forme o segni che possano prevalere sulla quotidianità dell'abitare e del vivere sociale. Pausa

URBANISTA Organizzare una Mostra Fotografica sull'architettura moderna e contemporanea di Vicenza mi sembra francamente fuori tempo massimo. Considerato che oggi ci sono ben altre urgenze e priorità… Non c'è tempo per la Bellezza, le Forme ed i Segni quando una città come Vicenza permette e genera mostri… Quando a Vicenza palazzinari e aziende edili devastano il territorio e il paesaggio e derubano la collettività di luoghi, visioni e spazi… Pausa.

URBANISTA Odio la Vicenza museale, olimpica e palladiana, la Vicenza ufficiale dell'Amministrazione, del Comune, degli Enti istituzionali che si occupano del Palladio, l'Ordine degli Architetti, la Stampa locale. Sono pericolosi. Anche se non sono Mostri. Sono per lo più dei buchi neri, opachi e immobili. Inerti e inetti. A cui ci si rivolge solo per avere conferma della loro inutilità.

LAVORO PRECARIO

INTERNO CASA LAUREANDA – MATTINA Arianna incontra una laureanda di Architettura che sta aiutando nella stesura della tesi di laurea. Salotto casa della laureanda a Vicenza.

LAUREANDA Il professore è stato contento dell'ultimo capitolo. Forse anche un po’ sorpreso. Non scivere cose troppo originali nel prossimo capitolo perchè al professore potrebbe venire qualche dubbio.

ARIANNA Per quando devo consegnarti il prossimo capitolo?

LAUREANDA Fra quindici giorni… La Laurenda prende il suo portafogli e ne estrae tre banconote che da ad Arianna

LAUREANDA Questo è quello che avevamo pattuito per il capitolo che hai appena scritto. E se non ti offendi. Ho una camicetta… E’ nuova… che mi è troppo stretta… dovrebbe andarti bene… La Laurenda prende la camicietta e la da ad Arianna che ringrazia

ARIANNA Grazie. La Laureanda fa una pausa come se volesse prender coraggio poi…

LAUREANDA Ti interesserebbe collaborare con me come fotografa? Come sai ho un Blog di Moda e Make Up e dovrei pubblicizzare dei prodotti di un'azienda di MakeUp americana che si chiama Palladio Beauty. “Professional-exclusive value make-up brand. Recognized by professional make-up artists for its performance with botanical and vitamin infused formula” Ho bisogno che qualcuno/a mi faccia delle foto. L'idea è semplice: abbinare opere del Palladio ai trucchi di Palladio Beauty… Cerchiamo di sfruttare uno dei pochi Brand che possediamo. Palladio è un Brand spendibile all'estero e in italia. Usiamolo… Arianna aspetta un attimo e poi

ARIANNA Devo prima finire un progetto che ho in corso. Ti faccio sapere. Grazie. Arianna e la Laureanda si salutano.

LABORATORIO DI ILLUMINAZIONE

INTERNO LABORATORIO – POMERIGGIO Arianna si muove curiosa tra le lampade del Laboratorio. Quando ha bisogno di scrivere e riflettere Arianna si reca in un Laboratorio di illuminazione… Scena ancora da scrivere. MONOLOGO CON VOCE FUORI CAMPO

TIPOGRAFIA

INTERNO TIPOGRAFIA – POMERIGGIO Arianna segue il titolare della tipografia che la porta nel suo studio. Entrano e si siedono.

TITOLARE TIPOGRAFIA Queste sono le 30 copie che mi aveva chiesto della locandina per la mostra fotografica. Arianna prende le locandine e le sistema con cura nello zainetto. Poi estrae una bozza di un altro lavoro…

ARIANNA Questa è la bozza di un altro lavoro che vorrei far stampare. Si tratta di una mini guida alla Architettura moderna di Vicenza. E’ qualcosa di molto essenziale e riguarda 6 opere che vale la pena conoscere e visitare. Il Titolare della tipografia guarda la bozza sembra incuriosito…

TITOLARE TIPOGRAFIA Un bel lavoro. Guardi come le dicevo per telefono francamente non so se sono interessato a stamparle un centinaio di copie solo in cambio dell'inserimento del mio nome nello stampato… Non lo so… Ci penserò e le farò sapere Ok?

ARIANNA Ok. Mi faccia sapere. Via mail o al cellulare? TITOLARE TIPOGRAFIA Certo. Mi scusi ma adesso ho da fare. Sa’ come uscire? ARIANNA Certo. Grazie. Prima di andarsene il Tipografo si ferma un attimo e TITOLARE TIPOGRAFIA Mi scusi. Una curiosità. Perchè la mostra fotografica si chiama “Genesi 2.20”? ARIANNA E’ un versetto della Bibbia: “L'uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutte le bestie selvatiche”. La mostra vuole dare un nome e un'immagine alle opere di architettura moderna a Vicenza. Un modo per dare un'identità a queste opere non conosciute e abbinarle ad un architetto che è ugualmente sconosciuto.

TITOLARE TIPOGRAFIA I nomi… quindi… sono nomi di Architetti?

ARIANNA Albanese, Erseghe, Faresin, Gardella, Novello, Panciera, Papesso, Scarpa, Secone, Slaviero, Siza, Todescato, Traverso Vighy. Tutti architetti. Architetti che hanno operato a Vicenza. Molti, quasi tutti, sconosciuti ai più. Nomi che si son persi… Persone che hanno costruito pezzi di città di cui non si ha memoria.

LOCANDINE

ESTERNO VIA DI VICENZA DA DEFINIRE – POMERIGGIO Arianna appende alcune locandine della Mostra fotografica in un paio di luoghi importanti per l'architettura a Vicenza. Maruffa, Viale Milano o Sede CGIL, Contrà Quartiere… Scatta alcune fotografie delle locandine appese nei vari luoghi.

FOTOGRAFA

INTERNO CASA FOTOGRAFA – SERA Arianna finisce di mangiare un panino e di bere qualcosa e poi con la fotografa siede davanti al computer e guardano le fotografie di Arianna e le commentano. Parlano di Architettura e di Fotografia.

FOTOGRAFA L'Architettura a volte “subisce” la fotografia. Lo sguardo di un fotografo oggi delimita e/o crea spazi visivi e forme che l'Architetto non aveva pensato o visto o considerato. L'Architettura può dipendere dallo Sguardo di qualcuno che riesce ad immaginare altro da quello che è immediatamente visibile. L'Architettura è definita sempre più spesso dallo sguardo di fotografi che sono in grado di ripensarla o che trovano in alcune opere spunti per trascendere forme concrete. Durante la conversazione la Fotografa fa vedere ad Arianna il libro “Casa Ceschi” Traverso-Vighy – Edizione Forma Vicenza 2010-2011 e il libro: “Itinerari di Architettura vicentina contemporanea” Pubblicato dall'Ordine degli Architetti Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Vicenza – 2005 – Sempre durante la conversazione guardano le fotografie realizzate al Proti e parlano del film “Primo Amore” di Matteo Garrone (con Vitaliano Trevisan). Alcune scene del film “Primo Amore” sono state girate nel chiostro interno del Proti.

CARTOLINA

ESTERNO CONTRA QUARTIERE – SERA Arianna estrae una cartolina dallo zainetto e una penna. E’ una cartolina che raffigura qualche edificio palladiano. Scrive. La cartolina viene indirizzata a: Carlo Scarpa presso Villa Valmarana Vicenza. Dopo aver scritto l'indirizzo Arianna si ferma a riflettere. Una volta deciso scrive: Caro Carlo …. …. Con affetto e stima. Arianna – Un omaggio al film “Il ventre dell'architetto” (The Belly of an Architect) diretto da Peter Greenaway (L'architetto protagonista del film ruba cartoline e le invia all'architetto Étienne-Louis Boullée).

ALTANA

INTERNO ALTANA – NOTTE Arianna si prepara per dormire in un'altana sui tetti di Vicenza. (Altana, chiamata anche belvedere, è una piattaforma o loggetta posta nella parte più elevata di un edificio). ARIANNA I mostri e i Miti vengono creati da quelli che non hanno la forza e il coraggio di perdersi dentro un labirinto (o un sottosuolo)(o dentro insiemi complessi) per poter incontrare delle verità

Archivio Testi -Cinema e Finzione – Giorgio Viali

Cinema e Finzione – di Giorgio Viali – 2015

Si inizia sempre con il mentire. Mentire a se stessi e mentire agli altri. Questa è la premessa di qualsiasi produzione cinematografica o teatrale. Si accetta, fin da subito, di abitare uno spazio che non è reale. E ci si confronta con la consapevolezza e con il disagio emotivo che scaturisce da questa situazione. E’ un territorio che conosco bene ormai, che ho attraversato molte volte, che non obbliga, che non ha una sua gravità, ma che mi sospende, mi allontana, mi costringe ad una doppia visione, a uno sdoppiamento. So cos'è la realtà. Ho presente cos'è, dove si colloca, come si definisce e come si manifesta. E contemporaneamente decido, si tratta di una scelta, di abitare una realtà, che non è reale, ma che è una finzione. Fingo di sapere cosa voglio raccontare, fingo di sapere che il progetto arriverà in porto, fingo di avere le risorse economiche, fisiche e emotive per realizzarlo. Fingo di essere in grado di sostenere questo sdoppiamento. Fingo di volere, fortemente volere, realizzare quel progetto. Ecco che appena inizio a progettare qualcosa la finzione è già lo spazio in cui abito e mi muovo.

E’ proprio il dovermi muovere e districare tra queste due realtà che crea delle, apparentemente impercettibili, sospensioni e incertezze che prendono forma nel confronto e nell'interazione inevitabile tra i due piani distinti. Che a volte si avvicinano, a volte si allontanano, e che mi collocano in quello spazio che si crea tra la Realtà e la Finzione. Spazio che non è mai completamente definito, e che muta, si trasforma, a volte incide, stride, spinge, crea vuoti dovuti ad allontanamenti improvvisi o congestioni (anche emotive) nel momento in cui i territori si avvicinano o si sovrappongono. Creando in quest'ultimo caso l'illusione più pericolosa: quella di far sembrare i due piani identici e coincidenti. La difficoltà maggiore rimane sostenere dal punto di vista emotivo quest'incertezza. Vivere sapendo che ci si è allontanati dalla realtà e che è nella realtà e con la realtà che il progetto di Finzione deve realizzarsi. Ci sono progetti che non nascono, alcuni nascono morti, alcuni poi nascono, si formano e sopravvivono. Ma dal punto di vista emotivo e sostanziale per me sono tutti identici. E sapere che un progetto ha trovato una forma, una produzione, una distribuzione e un pubblico non cambia la mia situazione quando ricomincio a vivere sospeso. Quando ricomincio ad abitare territori che la Finzione vorrebbe reali, e che la realtà sa’ bene essere irreali e finti. Perchè appena finito un progetto è inevitabile ritornare a quella che sembra poi essere la nostra esistenza usuale e principale: quella di abitare il Reale, sapere dell'impossibilità che la Realtà sia Finzione e scegliere comunque la Finzione per sopravvivere nel Reale.

La difficoltà e l'abilità di un abile cotruttore di Finzioni risiede non nella capacità di inventare mondi complessi o perfetti o estesi, ma nella sua capacità di definire delle Finzioni che sappiano interagire o confondersi con la Realtà. Solo in questo caso costruire e inventare Finzioni ha un senso.